Il “dognapping” in Italia è una triste novità in rapida crescita. Sono sempre di più i cani che finiscono nelle mani di individui senza scrupoli e organizzazioni criminali. Un fenomeno dietro il quale si nascondono traffici di cani da combattimento o da avviare all’accattonaggio, richieste di riscatto appunto e, quando le vittime sono esemplari di razza, il traffico di animali da compagnia di lusso. Per non parlare dei cani venduti come cavie per laboratori dediti alla vivisezione. A livello nazionale la situazione è di 17mila cani, soprattutto nella Capitale e in Lombardia dove sono circa 2000 i cani rapiti all’anno, con un picco nelle province di Milano, Varese e Como. Il dato emerge dalle numerosissime segnalazioni dei cittadini e di chi è stato privato della compagnia di un animale ad associazioni. Vi sono poi furti su commissione, magari di cani particolarmente pregiati e di alto valore economico destinati al mercato dei “ricchi”, e infine i rapimenti a scopo di estorsione denominati “dognapping”. Ma per lo più i cani sequestrati non fanno più ritorno a casa anche perchè solo il 3% dei rapimenti viene denunciato, mentre il 15% dei casi è denunciato come smarrimento”. È però questo fenomeno già diffuso in Francia, Germania e altre nazioni europee dove il rapimento di cani e successiva estorsione è una realtà purtroppo assodata. Pur essendo un trend in forte crescita, il furto di animali non rientra fra i reati censiti nella banca dati delle Forze di Polizia, come invece accade per le automobili. Esistono riscontri cartacei delle denunce presso i vari comandi, ma non venendo inseriti nel sistema l’autorità non possiede un dato statistico che consenta l’analisi del fenomeno. Né tanto meno esiste una specifica banca dati comune alle varie Forze dell’ordine, perlopiù sprovviste di lettore di microchip e ben di rado inclini a indagare sul singolo episodio