L’ASSOCIAZIONE UNITRE di CICCIANO: “Il Santuario della Madonna degli Angeli”

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L’ASSOCIAZIONE UNITRE di CICCIANO: Il Santuario della Madonna degli Angeli

 VENERDI 30 DICEMBRE 2016, ore 18:00 – Biblioteca Comunale
Centro delle Culture “Luca De Riggi”.

Dalla prefazione di Maria De Riggi

Le leggende di un dato paese non sono altro che il divenire della sua storia, rivissuto alla buona…”.Scrive Giuseppe Zoppi nella prefazione alle Leggende Toscane di Idilio Dell’Era.

La religiosità di un popolo è parte integrante della vita e della storia del popolo stesso. Non si può comprendere il perché di tante scelte e di tanti avvenimenti se li consideriamo avulsi dalla componente spirituale che è sempre e comunque presente nell’animo umano.

Questo libro vuol essere un “viaggio” attraverso i secoli, che testimonia la devozione del popolo ciccianese per la Madonna degli Angeli.

Il Santuario ha una lunga storia, in parte documentata e in parte tramandata nei secoli attraverso leggende grazie anche ad un manoscritto che si conservava presso lo stesso Santuario e che un fervido devoto Mariano, frate Tarcisio, al secolo Giovanni Tangredi, fece stampare col titolo Cenni Storici su Cicciano e sul Santuario della Madonna degli Angeli, col supporto del sacerdote prof. Clemente Russo che lo corresse e ampliò.

Della parte documentata, riconducibile alla Commenda gerosolimitana presente a Cicciano fin dall’inizio dell’800, si rinvengono tracce presso gli Archivi di Stato di Napoli e Caserta e presso l’Archivio Diocesano di Nola.

Il primitivo sacello diventa Tempio – TEMPLUM HOC SACELLUM OLIM PENE DIRUTUM – ad opera del commendatore Girolamo Branciforti e nel corso dei secoli non è mai caduto nel dimenticatoio, ma è sempre stato curato, ampliato, restaurato in modo da offrirsi funzionale ed accogliente ai fedeli che sono sempre accorsi numerosi da tutto il circondario.

Tra i tanti interventi vale la pena ricordare quello del sacerdote don Andrea Pepe, che, nella prima metà del 1700, a proprie spese, tra l’altro, fece rifare il tetto di copertura e fece innalzare il muro col dipinto in modo che questo risultasse visibile ai fedeli durante la celebrazione della messa.

Con la scomparsa della Commenda, è la Congregazione di Carità ad aver cura del sacro luogo salvaguardandolo dalle alluvioni, amministrandone oculatamente i beni e cercando di sfruttare l’amenità del sito per il bene comune con l’istituzione, alla fine del 1800, di un orfanotrofio per fanciulle, la cui gestione viene affidata alla buona volontà di una monaca.

Fallito l’esperimento, per incomprensioni tra le parti, il Santuario viene utilizzato come ospedale per malattie infettive ed epidemiche, visto che il sito era isolato e godeva di aria salubre; a tal fine, viene dotato di 4 letti e degli arredi necessari, il tutto a cura e spese del municipio.

Negli anni trenta del 1900, per iniziativa delle allora autorità locali viene istituita una colonia elioterapica. Doveva accogliere tutti i bambini poveri (che devono essere riconoscenti a sua Eccellenza Benito Mussolini che ha per i bimbi un paterno affetto) per curarne i corpi gracili aggiungendo ai benefici dell’aria salubre dei campi un vitto sostanzioso. Malgrado l’evidente mistica fascista, la cronaca riporta che circa 100 bambini, a spese del Fascio, si divertono e a pranzo hanno una pietanza calda accompagnata da pane abbondante e frutta scelta.

Il Santuario diventa ancor più luogo catalizzatore della devozione dei fedeli quando sua Eccellenza il Vescovo di Nola mons. Agnello Renzullo, nel 1891, vi amministra il Sacramento della Cresima, tradizione questa che si è protratta fino al 1993.

Successivamente, col placet dello stesso Vescovo, il Padre Provinciale dell’Ordine di S. Francesco d’Assisi in Taurano autorizza il rito della Via Crucis da svolgersi lungo lo stradone e concludersi davanti ad una cappella posta in prospettiva. A queste funzioni partecipa una grande moltitudine di fedeli provenienti da tutti i paesi limitrofi e questo rende ancor più importanti le celebrazioni in onore della Vergine la domenica in albis. La processione che si era soliti fare ad agosto, poi, viene abolita in favore di una festa che diventa sempre più ricca e si protrae per un’intera settimana dopo quella in albis.

Oggi il Santuario, la cui cura è demandata a un Comitato che si occupa anche di organizzare le manifestazioni in onore della Vergine, si presenta con una facciata delimitata da lesène coronate da un timpano, completata da un caratteristico campanile a bulbo e da due corpi di fabbrica laterali adibiti a sagrestia e a locali di servizio. Un grande piazzale antistante, delimitato da muri, accoglie e guida i fedeli verso la porta d’ingresso.

Chi entra nel sacro edificio viene immediatamente colpito dal quadro della Vergine, raro esempio di Madonna del latte.

L’affresco ritrae il volto dolcissimo della Madre che allatta il Figlio. Lo sguardo di entrambi è rivolto verso l’osservatore e trasmette tutta la dolcezza e l’amore di cui è capace una madre. Ai lati Angeli musicanti racchiudono la scena centrale, accrescendone la dimensione celestiale. Davanti al quadro, si è presi da una commozione autentica e profonda. Legati ad esso innumerevoli gli episodi che la tradizione ci tramanda. Leggenda e storia si fondono insieme ricordando il ritrovamento miracoloso del dipinto interrato e scoperto perché due buoi si rifiutarono di proseguire nel lavoro di aratura del campo. Innumerevoli sono i miracoli, non solo relativi alla peste, ma anche riferiti a persone in fin di vita e ritornate in salute per intercessione della Vergine che appare loro in tutto il suo splendore. Così a un cittadino di Castelvetere sul Calore, che serenamente attendeva la morte, apparve in sogno la Regina degli Angeli che lo guarì. Il miracolato si recò al Santuario di Cicciano in pellegrinaggio con tutta la sua famiglia e vi rimase per tre giorni per dare sfogo agli affetti dell’anima verso sì grande Signora.

La profonda fede del popolo si concretizzò con l’incoronazione dell’immagine della Vergine il 12 aprile del 1915.

A distanza di un secolo il rito solenne dell’incoronazione è stato ripetuto dal vescovo mons. Beniamino Depalma.

Un percorso ideale, dal medioevo ai giorni nostri, nel quale Francesco M. Petillo ha cercato di storicizzare il più possibile i fatti e le tradizioni che ci sono stati tramandati attraverso le testimonianze del manoscritto arrivato fino a noi grazie all’impegno di Giovanni Tangredi, eremita e custode del Santuario, cui meritatamente è stata dedicata la monografia.