Da oggi i giudici di pace attueranno la protesta più dura contro la riforma della magistratura onoraria, ritenuta “umiliante” per tutta la categoria: per un mese intero (sino all’11 giugno) incroceranno le braccia e in alcuni distretti di Corte d’appello, a partire da quelli di Firenze e Napoli, faranno anche lo sciopero della fame. Gli effetti della protesta potrebbero essere pesanti: lo stop riguarderà infatti non solo i processi ma anche il deposito di sentenze e decreti ingiuntivi.
L’Unione Nazione dei Giudici di pace ha contestato la riforma come “umiliante, che persegue il solo fine di schiavizzare la magistratura onoraria e rottamare la Giustizia in Italia”.
I giudici di pace ricordano che il loro apporto insieme a quello dei magistrati onorari rappresenta una risorsa insostituibile per il Paese: già oggi trattano e definiscono il 60% dei processi penali e civili, con un impegno a tempo pieno al servizio della Giustizia che per la maggior parte dei magistrati in servizio si protrae da oltre 15 anni; senza il loro fondamentale apporto la magistratura di carriera non sarebbe mai in grado di assolvere ai suoi compiti e la Giustizia in Italia si fermerebbe.
Altro punto di contestazione riguarda lo stipendio: a stento arriva a 600 euro nette al mese, senza congedi retribuiti di maternità o per motivi di salute, senza assicurazione per infortuni sul lavoro, senza trattamento di fine rapporto.
Nella riforma – osservano i giudici di pace – è addirittura previsto un ulteriore e considerevole aumento delle competenze dei giudici di pace e dei magistrati onorari, che nel futuro si occuperanno di non meno dell’80% della giurisdizione civile e penale.
Per tali ragioni l’Unione Nazionale dei giudici di pace si appella al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, quale garante della Costituzione e dell’indipendenza della magistratura.