Attualmente le materie più importanti sulle quali le Province, che restano enti di rango costituzionale, hanno competenza sono l’edilizia scolastica, la tutela dell’ambiente, i trasporti e la viabilità. L’esercizio di queste competenze è strumentale ad organizzare le condizioni di tutela da parte dello Stato rispetto a diritti fondamentali dei cittadini: il diritto all’istruzione, alla salubrità dell’ambiente, alla mobilità. E’ evidente che le attività che le Province svolgono non sono, perciò, marginali o specifiche o settoriali, ma sono attribuite ad un ente di rango costituzionale che concorre insieme agli altri livelli ad organizzare la tutela di diritti primari di cui i cittadini sono titolari. Questa premessa implica la circostanza che nel riparto delle risorse che lo Stato attua in riferimento ai vari livelli istituzionali l’attribuzione alle Province resti un atto dovuto, necessario, non discutibile né esposto all’eventualità perché negare le risorse significa negare la tutela di diritti e significa negare il fondamento democratico dello Stato stesso». Lo dichiara il deputato Giuseppe De Mita, vice segretario Udc con delega alle riforme e alle questioni istituzionali, in riferimento alla giornata di mobilitazione delle Province promossa questa mattina a Roma dall’Upi.
«Quella di cui si discute oggi – aggiunge De Mita – è una vicenda che non si sarebbe dovuta nemmeno aprire e che, al contrario, si è aperta per una certa sbrigatività nel calcolare, evidentemente in maniera approssimativa, gli effetti che la riforma Delrio avrebbe prodotto. Non ci può essere, perciò, una discussione sulla disponibilità delle risorse perché le funzioni che le Province svolgono concorrono alla tutela di diritti primari. Non così fanno i bonus e gli incentivi messi a disposizione dal Governo per i quali, secondo un calcolo effettuato da un quotidiano nazionale, si impegnano 50 miliardi di euro che non vengono impiegati per l’esercizio di funzioni analoghe a quelle svolte dalle Province. Si capisce, perciò, che il problema non può e non deve essere di copertura economica».
«Oggi – così conclude il deputato Udc, Giuseppe De Mita – ci troviamo di fronte ad un problema che nasce da un errore di valutazione, da una previsione errata secondo la quale si riordinano enti senza riflettere a pieno su come andavano tutelati in via alternativa i diritti, cancellando le risorse che si sarebbero dovute trasferire ad altro livello. Questo dimostra che in una democrazia la logica dei tagli non produce sempre efficacia, anzi. Le conseguenze di questa previsione sbagliata non ricadono ora sulle Province, ma sui cittadini. Non c’è, quindi, spazio per un conflitto tra livelli istituzionali dello Stato, un conflitto a cui i cittadini assistono disorientati. Questa vertenza non può essere lasciata aperta, ma va sanata immediatamente ed un minuto dopo va aperta una discussione seria e responsabile sulla riorganizzazione del potere dello Stato sul territorio., su come si allocano le competenze e su come di conseguenza si ripartiscono le risorse».