Maria Rosaria Piccinni e Marcello Barletta hanno rivisitato la trama dell’opera dello scrittore di Tufino. Sotto i riflettori aspetti delle vicende del brigantaggio nell’agro nolano e nella valle caudina. La coordinazione dell’evento e’ stata di Maria Liuzzi, giornalista-conduttrice di tele Norba.
di Gianni Amodeo
Un gradevole e interessante pomeriggio all’insegna della Letteratura che si fa specchio della Storia locale, quello che si é vissuto nella Sala degli Specchi del Palazzo di città, a Taranto, grazie allo straordinario impegno organizzativo, profuso da un gruppo di noti animatori culturali della Città dei due Mari, per la presentazione del romanzo “Nel nome dell’Onnipotente Uno e Trino”, l’affresco narrativo di Antonio Caccavale, ambientato nell’Agro nolano e nella Valle Caudina, con squarci aperti sulle grotte aree montane di Avella.
Due ore di riflessioni articolate e puntuali per la profondità dei contenuti, al filtro degli interventi di Maria Rosaria Piccinni, docente a contratto di Diritto delle Religioni all’Università di Bari, e dell’avvocato Marcello Barletta, cultore di Diritto dei Beni culturali nello stesso Ateneo. L’incontro è stato condotto e coordinato dalla giornalista Maria Liuzzi, nota conduttrice di Tele Norba. Nei loro interventi i due relatori e la stessa giornalista hanno espresso unanime apprezzamento per il modo accattivante, con cui vengono raccontate le vicende, “uno stile scorrevole che cattura il lettore e lo spinge a leggere tutto d’un fiato l’intero romanzo”.
Maria Rosaria Piccinni ha articolato e sviluppato con incisiva efficacia l’analisi dell’opera di Caccavale. Sotto i riflettori, i temi connessi con il brigantaggio preunitario, su cui il racconto apre ampi squarci, marcandone le modalità con cui si manifestò sui territori dell’Agro nolano e della Valle Caudina; uno scenario -sottolineava- rappresentato con chiarezza, dando risalto al potere politico ed economico dell’epoca, alle dure condizioni di vita dei contadini, alla marginalità che segnava la vita delle donne, alle credenze popolari. Ed erano tracciate con ampiezza argomentativa le coordinate di critica storiografica, con cui Maria Rosaria Piccinni squadernava la contrapposizione tra i principi del legittimismo borbonico e quelli del liberalismo moderato e degli ideali democratici e repubblicani, che sono una parte basilare della narrazione.
Esperta e profonda conoscitrice dei ruolo che le Religioni e le tradizioni che le ispirano esercitano nella dimensione pubblica e popolare, la professoressa Piccinni ha focalizzato il ruolo che, in particolare, la Chiesa, il clero e la religione cattolica avevano nella società dell’età in cui è ambientato il romanzo di Caccavale, particolarmente fondato sulla capillare capacità di forza di orientamento nella formazione dei costumi sociali dei ceti popolari, la cui fede sincera nel Dio onnipotente si accompagnava sempre all’irrinunciabile tributo alle superstizioni e alle credenze fanatizzanti.
Originale e significativa, la chiave di lettura e interpretazione che era data al romanzo dall’avvocato Marcello Barletta; un traiettoria di riflessione, con cui evidenziava quelli che possono considerarsi i tratti tipici che accomunano la condizione precaria delle masse contadine del 1859 – 1860 alle condizioni di vita di tanta parte della popolazione italiana, specialmente meridionale, dei giorni nostri a cui, troppo spesso, assieme alla mancanza di lavoro viene negato il diritto ad una vita dignitosa.
Tocco finale all’evento, l’esibizione canora del soprano Rebecca Scano, accompagnata al pianoforte dal maestro Vincenzo Lentini. Un mix di ingredienti letterari, storici e musicali scelti al meglio dalla sapiente regia di Claudio Taranto validamente coadiuvato da Cosimo Pignatelli, e ben graditi.