Il 23 gennaio 2006 i giudici del tribunale di Avellino sentenziarono la condanna a 4 anni e otto mesi di reclusione nei confronti dei due ragazzi di Avella, per aver stuprato una donna polacca (all’epoca della violenza 36enne). Una sentenza che arrivò nel corso di un processo sofferto, durante il quale si cercò in ogni modo di dimostrare l’innocenza degli imputati, tanto da arrivare a minacciare i testimoni e la stessa vittima della violenza sessuale, che alla fine durante le ultime fasi del processo ritrattò tutte le accuse, dicendo di essersi inventata tutto. Per quelle minacce scattò un’indagine parallela, ora arrivata a sua volta a sentenza. Per tutti gli imputati (tra parenti, amici e conoscenti degli stupratori e della vittima) è stata emessa una sentenza di condanna per “falsa testimonianza”, a due anni di reclusione (pena sospesa). Tutti colpevoli di aver mentito nella ricostruzione di quella drammatica violenza sessuale di gruppo che si consumò in casolare abbandonato la sera del 30 maggio 2004. I due stupratori vennero accusati anche di lesioni e sequestro di persona, perché durante la violenza usarono anche una bottiglia. Le lesioni vennero poi confermate dal medico legale. Ma subito dopo la prima denuncia ai carabinieri iniziarono le minacce, anche di morte. tramite un amico della vittima fecero arrivare un messaggio alla 36enne: “alla fine del processo ti uccido”. E così dopo che in aula la donna aveva inizialmente confermato le accuse ai suoi due stupratori, all’improvviso, durante l’udienza del 19 settembre 2005, ritratta: facendosi aiutare da alcuni suoi amici ricostruisce in maniera diversa i fatti di quella sera di fine maggio, affermando che quei lividi e quelle tumefazioni se le era procurate in seguito ad una violenta discussione con una sua coinquilina. Addirittura in questa falsa ricostruzione arrivarono anche a calunniare i carabinieri, dicendo che si erano inventati sana pianta quel primo verbale sullo stupro. Per il giudice Paolo Cassano del tribunale di Avellino si è trattato di un evidente caso di falsa testimonianza collettiva. Da qui la sentenza di condanna per tutti, vittima dello stupro compresa. (Fonte ottopagine)