«Lavorare massimo 34 ore per essere felici». L’utopistica e affascinante teoria per vivere meglio di uno psicologo del lavoro

«Lavorare massimo 34 ore per essere felici». L’utopistica e affascinante teoria per vivere meglio di uno psicologo del lavoro

I  ritmi frenetici della vita moderna e il bisogno di consumare hanno portato a dilatare i tempi di lavoro con la conseguenza che siamo sempre più stressati e sempre meno soddisfatti di noi stessi. Al contrario, per ottenere il massimo grado di soddisfazione nella vita, dovremmo lavorare fra 21 e 34 ore alla settimana. A sostenerlo Theo Wehner, professore emerito di psicologia del lavoro presso il Politecnico federale di Zurigo (ETH), che esorta a sgobbare meno. «Troppo poco o troppo lavoro non sono una cosa buona», afferma Wehner in un’intervista pubblicata oggi dal quotidiano elvetico in lingua tedesca SonntagsBlick. «Abbiamo bisogno di tempi flessibili e di più ozio». Anche sul posto di lavoro, secondo lo specialista. «I sogni ad occhi aperti sono piccole utopie: ne abbiamo bisogno per stimolare la fantasia, non basta sognare solo di notte». Se la fantasia viene a mancare ci spegniamo, mette in guardia lo studioso. «La ricerca ha dimostrato che la produttività aumenta se si fanno delle pause. Ma questo non viene considerato. Rimane più importante il bisogno di controllo da parte dei superiori e addirittura fra colleghi», si rammarica il professore di origine tedesca. «Ci vantiamo di essere affaccendati, ci sentiamo bene nello stress, ma in realtà abbiamo paura della noia», continua Wehner. A suo avviso la società si sta distruggendo, svolgiamo i nostri compiti sempre più in fretta e abbiamo sempre meno tempo per ricaricaci. Anche il tempo libero diventa sempre più denso, «ma non lo gestiamo più da soli, ci limitiamo a consumare». Secondo l’esperto «viviamo in modalità avere, non essere». La soluzione? «Lavorate meno!», esorta Wehner. Tutte riflessioni condivisibili per Giovanni D’Agata presidente dello “Sportello dei Diritti”, anche perché se si lavorasse meno, probabilmente si lavorerebbe tutti, con riflessi positivi non solo sulla condizione psicofisica dei singoli ma anche dell’intera società. Solo che l’idea rimane utopistica per l’impostazione ultracapitalistica che governa la gran parte dei sistemi di lavoro dei paesi industrializzati e che scandisce i tempi di lavoro per la massimizzazione degli utili e del profitto aziendale a discapito del benessere comune.