«Siamo alla follia. Quanto accaduto ieri sera in consiglio comunale con il ritiro del bilancio consuntivo per manifesta assenza di maggioranza ha dell’assurdo ed è di una gravità tale dal punto di vista amministrativo e politico che non è facile trasferire in parole. A questo si è ridotto il consiglio comunale di una città capoluogo, ad essere palcoscenico di uno psicodramma surreale e grottesco di un sindaco e di una giunta che sembrano vivere su Marte ed una maggioranza litigiosa, liquefatta, incapace di dare un indirizzo per una città che ha perso la sua identità, abbandonata all’incuria e al degrado, senza alcuna prospettiva di sviluppo». E’ questo il giudizio di Alberto Bilotta, presidente della Commissione Bilancio e capogruppo Udc, in riferimento alle ultime vicende accadute in Aula a piazza del Popolo.
«Al sindaco – continua Bilotta – dico che avrebbe fatto bene a risparmiarci quest’ennesima, indigesta farsa. Constato il fallimento, quello di un sindaco incapace di guidare la città e di dimettersi, bistrattato dal suo partito e dalla sua stessa maggioranza. Registro il fallimento di una maggioranza che non rappresenta più il proprio elettorato, ma che guarda solo a miseri interessi personali. La verità è che questi personaggi non amano Avellino. Altrimenti si sarebbero preoccupati delle conseguenze dei loro comportamenti. E’ così che tradiscono la città».
«La soluzione del direttorio dei capigruppo è patetica – aggiunge Bilotta – Sinceramente se l’idea è stata mutuata dal direttorio che sta reggendo le sorti del Pd provinciale, si tratta di un’idea nefasta considerati i discutibili risultati raggiunti in questi mesi ed il caos in cui è stato gettato il partito. E’ l’ennesima trovata di un sindaco che ha perso la rotta e di una maggioranza ormai implosa. La città è così stanca di questo andazzo che ormai si disinteressa totalmente alle vicende di piazza del Popolo. Siamo di fronte ad una disaffezione gravissima nei confronti delle questioni amministrative di Avellino come conseguenza naturale e legittima dell’assenza di visione e dell’approssimazione dannosa che caratterizza questa penosa esperienza amministrativa».