Sono passati 25 anni dal 19 luglio 1992, quando una Fiat 126 rubata con cento chili di tritolo saltò in aria in via D’Amelio a Palermo, all’altezza del civico 21, uccidendo Paolo Borsellino e cinque agenti della sua scorta: Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Unico sopravvissuto l’agente Antonino Vullo. Diverse le manifestazioni in tutta Italia in ricordo del giudice antimafia. In quel palazzo Borsellino era andato a fare visita alla madre. Ci sarà una seduta straordinaria dell’assemblea plenaria del Csm in ricordo delle vittime della strage mafiosa alla presenza del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
Proprio davanti al Consiglio superiore della magistratura il 31 luglio del 1988 Borsellino era stato convocato dopo le interviste rilasciate a La Repubblica e L’Unità, nelle quali denunciava il preoccupante stato di smobilitazione del pool antimafia di Palermo. Borsellino parlò per oltre quattro ore, condannando l’inadeguatezza dei mezzi di contrasto attivati dallo Stato contro la mafia. Il pomeriggio dello stesso giorno veniva ascoltato anche Giovanni Falcone. Quest’ultimo sarà ucciso il 23 maggio 1992 nell‘attentato di Capaci. Paolo Borsellino 57 giorni dopo di lui.
Depistaggi e dubbi – Sulla strage di via D’Amelio pendono ancora pesanti interrogativi, a partire da chi siano stati i mandanti esterni. L’unico punto fermo, a distanza di un quarto di secolo e dopo un numero incalcolabile di depistaggi, è l’ergastolo per i boss Salvo Madonia e Vittorio Tutino inflitto ad aprile dalla Corte d’assise di Caltanissetta alla fine del processo Borsellino quater.