Vi chiedo scusa se abuso del vostro tempo, della vostra pazienza e della vostra attenzione. Non posso far finta di niente come se nulla fosse successo, non posso girare la testa dall’altro lato facendo finta di non vedere, non posso dimenticare perche’ come diceva Giovanni Falcone: “chi tace e chi piega la testa muore ogni volta che lo fa, chi parla e chi cammina a testa alta muore una volta sola”. 25 anni fa esplose una autobomba telecomandata da mani sanguinarie, in via D’Amelio, provocando la morte del giudice Paolo Borsellino e della sua scorta, 56 giorni dopo la strage di Capaci dove persero la vita il Giudice Giovanni Falcone, sua moglie e gli agenti della scorta. Borsellino e Falcone sono morti per aver fatto il loro dovere di magistrati, per aver fatto rispettare la giustizia e la legalita’ contro la mafia interna ed esterna. Morire per aver fatto il proprio dovere incredibile ed assurdo, il solo pensiero. Peggio ancora il fatto avvenuto, che dopo 25 anni resta irrisolto su chi e perche’ sono successe quelle stragi. La ricerca della verita’ rende gli uomini liberi, mi piace ricordare una frase di Paolo Borsellino che ci fa comprendere quanto grande fosse in lui la moralita’, l’onesta’, il rispetto del proprio ruolo e del proprio lavoro sudato e sacrificato:
“A fine mese , quando ricevo lo stipendio, faccio l’esame di coscienza e mi chiedo se me lo sono guadagnato”. Giusta riflessione, parole sacrosante che non hanno limiti di tempo. Tutti dovremmo porci questa domanda ed interrogare la nostra coscienza guardandoci nello specchio, ricordando che possiamo sfuggire alla giustizia terrena, ma non a quella di nostro signore dio. Ad avvalorare ed estendere questo concetto il suo amico fraterno Giovanni Falcone diceva: “credo che ognuno debba essere giudicato per ciò che ha fatto. Contano le azioni non le parole. Se dovessimo dar credito ai discorsi, saremmo tutti bravi e irreprensibili. Il richiamo alla propria coscienza, al giudizio dato su come si svolge la propria attività e l’alto senso dello stato sono valori fondamentali per questi due grandi servitori dello stato, morti per aver svolto bene il proprio lavoro. Qual e’ il nostro comportamento al di la’ della commemorazione? Agiamo per il bene comune oppure facciamo chiacchiere e discorsi irreprensibili dove tutti siamo bravi? Viviamo tempi difficili la nostra bella patria, un tempo il paradiso terreno, devastata da incendi, roghi tossici, inquinamento del suolo e del sottosuolo fino ad arrivare alla malsana idea di privatizzare l’acqua invece di bene comune, in nome e per conto del profitto, milioni di persone non hanno mezzi per curarsi, aumentano i poveri, tanta gente non arriva a fine mese ecc. E noi cosa facciamo? Ascoltiamo e riflettiamo bene sulle parole di giovanni falcone: “che le cose siano cosi’ non vuol dire che debbano andare cosi’, solo che quando si tratta di rimboccarci le maniche ed incominciare a cambiare, vi e’ un prezzo da pagare, ed e’, allora, che la stragrande maggioranza preferisce lamentarsi piuttosto che fare”. Verita’ assoluta che devono smuovere le coscienze dei cittadini perche’ come diceva borsellino: “il cambiamento si fa dentro la cabina elettorale con la matita in mano . Quella matita piu’ forte di qualsiasi arma, piu’ pericolosa di una lupara e piu’ affilata di un coltello”. Il cambiamento deve avvenire dentro di noi e fuori di noi altrimenti non abbiamo il diritto di lamentarci senza far seguire atti concreti. Borsellino e falcone non sono morti non li hanno uccisi, gli uomini passano, diceva Falcone: “le idee restano, restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini”. Dipende solo dal nostro comportamento far rivivere il loro esempio e far camminare sulle nostre gambe i loro pensieri e costruire il cambiamento della societa’ rivolto al bene comune. (dott. Filomeno Caruso e Associazione Ultimi per la legalità)