Lo studio dei nuovi mezzi di comunicazione porta spesso a conoscere delle conseguenze inquietanti per la possibilità di accedere a dati personali che inevitabilmente vengono a contatto con il loro utilizzo. Sono i social network, però, a costituire uno degli strumenti più invasivi della nostra esistenza, ma anche della privacy, per la capacità di estrapolare informazioni anche nei confronti di coloro che non sarebbero utenti. Ciò è emerso a seguito degli studi effettuati da un ricercatore del Politecnico federale di Zurigo (ETHZ), David Garcia, che avrebbe appurato il fatto che i social network sfruttano non soltanto i dati dei loro utenti, ma anche quelli di coloro che non ne sono membri. Essi creerebbero profili “fantasma” di persone che non possiedono un account grazie ai contatti privati degli iscritti. È noto, infatti, che le reti sociali, come Facebook, propongono che un utente importi la propria lista di contatti, affinché egli possa facilmente ritrovare un amico. Il problema è che in questo modo vengono raccolgono tutti i dati registrati nelle agende (indirizzi e-mail e postali, numeri telefonici, ecc.) dunque anche quelli dei non affiliati. In seguito, creano un profilo, che include talvolta anche informazioni private. Il ricercatore dell’ETHZ è giunto a tali conclusioni dopo aver studiato gli archivi della piattaforma “Friendster”, che nel frattempo è scomparsa. Ha in particolare osservato se fosse possibile ottenere informazioni sull’orientamento sessuale di un non membro o sulla sua situazione sentimentale. Risultato: la probabilità che le informazioni ottenute siano esatte è molto elevata, rileva Garcia in uno studio pubblicato dalla rivista “Science Advances”. Sempre secondo il ricercatore, questa probabilità aumenta con il passare del tempo, visto che più il numero di utenti della rete sociale è grande più l’accesso alla lista di amici è facilitato. Da notare che Facebook contava in giugno 1,32 miliardi di utenti attivi quotidianamente. Friendster ne contabilizzava 115 milioni prima di essere stata chiusa. L’invito ed il consiglio di Garcia che rilancia Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, è quello di usare con prudenza le loro informazioni private e rafforzare le disposizioni sulla protezione dei dati.