di Gianni Amodeo
Si è concluso un anno fa, il qualificato programma di interventi, per allestire un organico e funzionale Parco didattico e scientifico dedicato alla preistoria, in grado di far rivivere squarci di vita vissuta nell’Età nel bronzo nel Villaggio capannicolo di Croce del Papa, portato alla luce nel corso della straordinaria e ben studiata campagna di scavo, sviluppata tra il 2000 e il 2001 dal team di archeologi e esperti, guidati da Claude Albore Livadie. Un programma impegnativo, curato e realizzato dal personale specializzato della Soprintendenza ai beni archeologici di Napoli, riproducendo in scala 1:1, ossia in grandezza naturale l’assetto del Villaggio, ricomposto in tutti i suoi aspetti e profili della sua normalità quotidiana, disegnando percorsi, disponendo laboratori, strutture e pannelli informativi, per un’operazione di sicuro interesse culturale, configurando un Polo di attrazione archeologica unico nel mondo, per una full immersion in quella ch’è stata definita la Pompei di 4000 anni fa, nel cuore della Campania Felix, tra le aree di più antica e diffusa antropizzazione d’Europa.
Il programma della riproduzione in grandezza naturale del Villaggio– come si ricorderà- si rese necessario per i frequenti allagamenti generati dalla sottostante e copiosa falda acquifera che neanche le varie pompe idrovore ne permettevano la “messa in sicurezza”; opera – quest’ultima- che, tuttavia, si sarebbe anche potuta realizzare con un sofisticato impianto d’ingegneria idraulica, senza assicurare, però, risultati garantiti e certi di lunga durata, con costi di gestione annui pari a 350 mila euro, secondo le stime del 2009, l’anno dell’impennata degli allagamenti proseguiti fino al 2013, per un impegno di spesa non sostenibile dal bilancio del Ministero dei beni,attività culturali e turismo.
IL VILLAGGIO RIPRODOTTO AL NATURALE E INTERRATO- L’APERTURA DEL PARCO E LA VALORIZZAZIONE CULTURALE
Di necessità si è fatta virtù, qualche anno fa. E così con l’autorizzazione dell’Istituto superiore della conservazione e del restauro del Mibact si delineò il percorso della riproduzione del Villaggio recuperato, grazie al meticoloso ed eccellente lavoro della Soprintendenza, nell’integrale e originaria fisionomia; un percorso reso praticabile, in virtù dei preziosi calchi, con cui le ceneri e il fango dell’eruzione del Somma–Vesuvio di 4000 mila anni fa appunto, ne hanno conservato la ricca gamma d’impronte degli elementi costitutivi dalla carpenteria alle porte delle capanne, dalle fascine di paglia ai pali, dalle ceste ai copricapo confezionati con i denti di giovani maiali e via di seguito, così come appartenevano al vissuto delle usanze e del lavoro del microcosmo umano delle quattro isole abitative, che segnavano l’organizzazione sociale della comunità del Villaggio. In parallelo, con il completato percorso della riproduzione in scala 1:1, si decise – tre anni fa- di interrare il Villaggio, sotto la coltre di quattro metri di terreno vergine. Un intervento, che ha comportato oneri per 650 mila euro, impegnando anche archeologi subacquei. E, volendo restare nell’elenco dei costi, va considerato che l’importante sito archeologico sulla linea che segna l’attuale confine di saldatura urbanizzata tra Nola e Saviano fu acquisito al patrimonio pubblico dall’amministrazione regionale della Campania, in conformità con il deliberato della Giunta pro tempore di palazzo Santa Lucia, presieduta da Antonio Bassolino, con l’investimento di un milione di euro, a copertura dei costi di esproprio non solo dell’area, ma anche a titolo di risarcimento per la mancata costruzione del Centro commerciale che vi si doveva realizzare con regolari titoli di concessione edilizia.
Lo stato di denegata apertura alla pubblica fruizione del Parco lascia del tutto perplessi, senza tralasciare i frequenti annunci, sia pure informali, che finora si sono rinnovati in varie circostanze, in ordine all’accesso al Grande attrattore, anche se puntualmente smentiti. Né si comprende quale civile utilità abbia il Parco reso monumento di sé stesso, tra l’incuria crescente e quella fitta vegetazione che, rivestendolo, s’appropria dell’assetto caratterizzante che lo connota e ne svilisce lo stesso “senso” diretto e immediato, per il quale è stato progettato. Un “senso”, che, per quanto si sa, è anche il corrispettivo di un investimento pubblico, pari ad alcune centinaia di migliaia di euro. Di fatto, la mancata pubblica fruizione del Parco sarebbe stata determinata, per un verso, dalla mancanza di personale da impegnare nel sito e, dall’altro verso, da un problema di funzionalità dei servizi igienici del complesso. Due “criticità”, che non sembrano,a lume di naso, dover comportare insormontabili difficoltà e insuperabili oneri economici; criticità, che la Soprintendenza può risolvere con l’applicazione del comune buon senso e che, in ogni caso, non spiegano né giustificano affatto lo stato di off-limits del Parco della preistoria al pubblico protrattosi finora.
In realtà, il superamento dello stallo perdurante sembra dietro l’angolo, salvo smentite, come per precedenti annunci non ufficiali. La rimozione dell’off-limits del Parco didattico– scientifico dedicato alla preistoria potrebbe coincidere con una delle giornate che precede- il 12 settembre? – o segue l’immediatezza dell’apertura del nuovo anno scolastico. E sarebbe una coincidenza di sicura valenza simbolica rispetto alla mission di divulgazione culturale di cui il Parco è interprete e portatore verso le nuove generazioni in particolare, sui tracciati della memoria e dell’identità del territorio.