Il territorio è da sempre stato il motore propulsore di ogni cambiamento che viene dal basso, dalla vicinanza alla gente, alla comunità. Per questo l’espressione del voto rende concreta la possibilità che la politica possa comprendere quali siano i veri problemi sui quali intervenire.
I territori campani da diversi anni soffrono il perdurare di una crisi economica che ha modificato gli stili di vita, i consumi, i bisogni sociali della gente: molti i giovani, ma spesso anche i meno giovani, che sono dovuti emigrare, andare via in cerca di lavoro e dignità non riconoscendosi più in quel territorio nel quale sono vissuti. Di conseguenza sono questi gli stessi elettori che hanno perso la fiducia nei confronti di chi li avrebbe dovuti rappresentare e non ha saputo riconoscere i bisogni del territorio.
Per poter ridare slancio a territori appannati, desolati, abbandonati, demograficamente in declino, a rischio desertificazione sociale, è necessario partire dall’economia locale, un’economia che deve partire dalle risorse territoriali, dal capitale naturale, storico – culturale e ambientale. Non è detto che solo il cemento e l’industria pesante risolvono i problemi. La storia degli ultimi decenni ha dimostrato che interventi esterni del tutto avulsi e irrispettosi della naturale vocazione del territorio hanno fallito, illuso di arricchire l’economia locale, finendo per depauperarla. Per anni si è pensato che la grande industria fosse la panacea di tutte le economie: oggi (e direi per fortuna!) la grave e continua crisi economica ci ha dimostrato che i territori possono contare solo sulle loro forze, su ciò che hanno dentro, sulle risorse endogene che per fortuna nella nostra Campania Felix sono sopravvissute al saccheggio dell’industria, al mito dei capitali e degli investimenti esogeni.
Abbiamo le nostre peculiarità che rendono questa terra amena e fertile sin dai tempi dei Romani: oggi l’economia deve ripartire da ciò, da questa ricchezza preziosa, dalla vite e dall’ulivo, dal paesaggio ai monumenti storici. C’è tanta potenzialità nell’industria culturale, che è vivace e sostenibile, attraente e redditizia; per non parlare delle imprese agroalimentare, fiore all’occhiello dell’economia campana: è dalle nostre terre che partono i migliori prodotti tipici conosciuti in tutto il mondo e che portano alto il brand Campania anche fuori dai confini europei.
Credo fermamente nelle potenzialità delle aree interne della Campania che non sono marginali rispetto a nessun sistema economico prevalente perché assolutamente non mancano delle risorse locali sulle quali puntare. Facendo mio un vecchio adagio conosciuto da tutti – l’unione fa la forza – ritengo presupposto fondamentale della mia candidatura, il rappresentare le province in cui sono candidata (Avellino, Caserta, Benevento) come un unicum territoriale: tre province amministrative ma un unico sistema territoriale, un
Puntare al territorio ed alle sue richieste, questi sono gli obiettivi che sono alla base della mia candidatura. Le aree interne della Campania, oltre che quelle dell’Italia , stanno subendo le maggiori ripercussioni della crisi economica che ha colpito il sistema economico non solo nazionale ma anche internazionale.
Le province in cui sono candidata ( Avellino, Caserta Benevento), sono quelle che in questi anni hanno dovuto pagare grandi scotti, sia in termini di posti di lavoro perso che di ferite sul territorio.
Calamità naturali, scandali legati al malaffare ed alla criminalità organizzata l’hanno fatta da padrona, danneggiando seriamente il tessuto imprenditoriale e che ancora oggi, anche dopo varie smentite e dai dati risultanti dalle ricerche scientifiche, soprattutto per il problema rifiuti tossici, che hanno contraddetto quanto molta della stampa internazionale riportava, ancora non si riesce a risolvere.
Un’area che da sempre è stata il traino dell’economia enogastronomica non solo regionale ma nazionale, in ginocchio.