“Excusatio non petita, un mettere avanti le mani senza che ce ne fosse bisogno. Caro avvocato Pizza, il marziano che è in lei è ritornato sulla terra. Il candidato del centro-sinistra, a distanza di circa 20 giorni dalla volta in cui l’ho sfidato io per prima pubblicamente, ora mi chiede, in maniera nervosa ed ansiosa, il confronto e sta facendo anche pressione ogni giorno, tramite qualche televisione amica, per organizzarne uno “pilotato”. Un po’ troppo tardi, caro Pizza, non trova?”.
Così Vincenzo Ciampi, candidato sindaco di Avellino con il Movimento Cinque Stelle.
“Forse – prosegue Ciampi – Pizza lo fa per confermare che sarà lui il sindaco della sua compagine consiliare. Vuole forse rassicurare la città che davvero ha una squadra coesa e in grado di governare? Forse vuole far dimenticare che lui è il sindaco di minoranza più di quanto lo sarei io in caso di elezione? Non è lui che dovrà fare i conti con colossi in numero di preferenze che l’hanno umiliato al primo turno dandogli una quindicina di punti di distacco? Non è lui che deve fare i conti con questo gap dato che è stato già tradito nell’urna dai suoi stessi alleati? Io non vedo confronti all’orizzonte, per il semplice fatto che Pizza mi sembra soltanto il fantasma della sua ingombrante maggioranza.
Penso, piuttosto, alla mia battaglia per conquistare la città contro un risultato al primo turno che è stato costruito dagli avversari voto su voto con un sistema di liste che ha mostrato di essere guidato dai signori delle tessere e dei voti.
Non parliamo affatto di voti comprati e venduti ma di assunzioni a tempo determinato e di promesse vere o fasulle, di diritti mascherati da aiuti consegnati con il contagocce alla parte più disagiata della città, questo sì.
Finanche l’apertura ridicola di un passaggio pedonale al ponte della Ferriera, la consegna finta delle case popolari, l’avvio dell’attività del teatro (gestito da altri), le strisce pedonali e il taglio dell’erba nelle aiuole sono stati fatti passare come un efficientismo che avrebbe dovuto durare un quinquennio e che si mostra solo a fine mandato.
Il sindaco di Avellino in epoca Foti è stato un signore che comanda (lui sì eterodiretto da Benevento) anche nel partito democratico e che si chiama Livio Petitto.
Perché non avete candidato lui ? Come lo contrasterà il sindaco? Si accontenterà di fare il vice sindaco, Petitto, o darà in pasto la città a del Basso De Caro definitivamente con la compiacenza del partito dei costruttori?
Il vero confronto dovrei farlo con Petitto? O con De Caro? Certo non con Pizza, che si professa come il nuovo, avendo con sé 15 consiglieri su 18 che appartengono al passato.
Io sono supportato da una squadra di deputati legittimamente eletti, giovani e competenti, tra cui un sottosegretario di Stato; lui ha dalla sua parte un consesso silenzioso e minaccioso di consiglieri che hanno mietuto voti in cambio di cortesie e hanno condizionato in un’ammucchiata senza progetto la vita della città, con l’obbiettivo di continuare per altri cinque anni. Io dalla mia parte ho 32 giovani professionisti e lavoratori che hanno raccolto il 50% dei voti dell’ammucchiata del potere e sono riusciti a portarmi al ballottaggio. Loro quelli di Pizza, hanno già perso perché non hanno potuto fermarci.
I miei parlano sui social e nei quartieri, nei bar e per le strade, quelli di Pizza nei salotti e nei luoghi del potere. I miei parlano il linguaggio della modernità, dell’innovazione tecnologica, del cambiamento del progetto di sviluppo per il territorio valorizzando ambiente e talenti; loro, quelli di Pizza, parlano il linguaggio di Mancino e De Mita che per cinquanta anni hanno disseminato la città e la provincia di signor sì al vertice di qualunque ente o azienda pubblica o parapubblica, e comandando nel privato offrendo prebende e aiuti di stato.
Ecco, sono due mondi diversi che si contrappongono. Sono due storie della città che raccontano le nostre liste: noi che partiamo per lavorare e studiare fuori come è capitato e a me e loro che restano qui a con rendite di posizione basate sul sistema politico del padrinaggio e sulla selezione del merito in base a voti e appartenenza. Loro hanno creato così un consenso succube e malato, noi abbiamo detto alla città che si può cambiare liberandoci dall’apparato soffocante di chi controlla il voto, quindi la nostra vita. E che oggi non può proporci più niente. Non chiediamo atti di sudditanza o di ubbidienza. Quelli che Mancino e De Mita chiedono ancora una volta agli avellinesi: Pizza lo sa bene. E ci teme. Altrimenti non ci avrebbe chiesto il confronto. Un confronto che sa di scuse alla città: scusate se mi sono candidato con loro. Io invece sono orgoglioso di esserci e per la città mi batto ancora fino alla fine. Per la città, non per chi sulla città vuole continuare a mangiare”