di Gianni Amodeo
E’ diventata la plastica rappresentazione del combinato disposto, in cui si concentrano e sintetizzano lo spreco del denaro pubblico, l’incuria delle amministrazioni locali coinvolte a vario titolo di competenza e responsabilità e il degrado ambientale. Un “monumento“ che rientra nella lunga ed ampia casistica delle molteplici e multiformi “mostruosità”, nutrite e alimentate dall’improprio utilizzo dell’ingente flusso dei finanziamenti concessi dallo Stato per l’attuazione del programma di ricostruzione abitativa e delle infrastrutture nei territori, gravemente colpiti e devastati dal terremoto del novembre del 1980 e del febbraio del 1981 in Campania e Basilicata. Un programma non solo ricostruttivo del patrimonio edilizio, incluse le nuove urbanizzazioni, che doveva essere coniugato anche con le politiche di sviluppo economico e produttivo dei territori maggiormente segnati dalla tragedia di circa quaranta anni fa.
Politiche enunciate e “pubblicizzate a dovere” , quelle dell’ipotizzato sviluppo reale, ricomponendo e valorizzando il tessuto delle piccole e medie imprese, risoltesi, invece, in generosi ed illusori auspici, tanto da risultare largamente disattese per macroscopiche carenze di pianificazione in aderenza alle vocazioni delle realtà locali e nonostante le considerevoli e rilevanti risorse economiche dedicate “a fondo perduto” o con notevoli agevolazioni e “incamerate” dagli imprenditori e prenditori di turno. Ma questo è un discorso che si sviluppa su altri versanti – anche se si resta pur sempre nell’area del dispendio del denaro pubblico- rispetto a quello che da decenni ormai, senza cavarne il classico ragno dal buco, si polarizza con fiumi di parole sulla Cisternina, il mega-complesso edilizio realizzato nell’area della Polveriera, nel territorio di Saviano, in stretta e immediata contiguità con gli assi di confine con Nola e Scisciano. Realizzato dall’omonima Immobiliare Spa su un’area di 15 mila metri quadrati, il mega-complesso della Cisternina, formato da undici edifici ad una scala e sei edifici a due scale, con la dotazione di 138 appartamenti abitabili, fu acquisito nel 1982 al patrimonio del Comune di Napoli e destinato dall’amministrazione di palazzo San Giacomo ad accogliere le famiglie della città partenopea, restate senza casa per gli effetti del terremoto. Una piccola ”isola” amministrativa napoletana a Saviano .
La storia è ultra-nota. Le famiglie sfollate di quei lontani anni ‘80 trovarono ospitalità nel mega-complesso soltanto per un breve periodo di tempo, quello strettamente necessario per rendersi conto delle condizioni d’invivibilità, riservate loro dalla Cisternina, non solo priva della rete fognaria, ma anche inadeguata a garantire l’erogazione di altri servizi basilari, come l’approvvigionamento idrico e l’elettricità. E in larga parte, dopo qualche mese di sofferta e rischiosa “permanenza”, lasciarono la Cisternina. Resistettero ancora nella “permanenza” nell’inospitale Parco edilizio poche altre famiglie, la cui “resistenza” si esaurì a distanza di qualche altra settimana. E il mega-complesso dei 138 appartamenti d’improbabili e impossibile vivibilità restò solo con se stesso. Un abbandono totale con gli effetti, facili da immaginare, dall’asportazione di infissi e suppellettili alla lunga serie di atti vandalici, a cui la Cisternina è stata esposta in tutti questi anni, sfigurandola del tutto e rendendola ricettacolo di rifiuti indifferenziati. Uno squallore protrattosi fino al 2001, allorché la Regione-Campania e l’Arpac, le amministrazioni comunali di Napoli e Saviano e l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia sottoscrissero il protocollo d’intesa per realizzare il Centro di ricerca per la prevenzione il contrasto dei rischi ambientali proprio nel mega–complesso della Cisternina, avviando la procedura per l’acquisizione dei finanziamenti pubblici necessari all’attuazione dell’interessante progetto, mentre l’amministrazione dell’Ente di piazzale Enrico De Nicola aveva provveduto tempestivamente all’adozione della “variante” al Piano regolatore generale cittadino per il cambiamento di destinazione del mega-complesso. Una prospettiva di “riparazione” alle modalità costruttive con cui si era realizzata la Cisternina, ma anche una prospettiva di risoluzione delle criticità prodottesi sull’area di via Polveriera, valorizzando il mega-complesso e conferendo al territorio un Centro di ricerca scientifica a tutela dell’ambiente.
Era una scelta che, per giunta, coincideva con l’emergenza-rifiuti in ambito regionale, che in provincia di Napoli avrebbe toccato l’apice qualche anno dopo; emergenza nella quotidianità, mentre i rilievi in aerofotogrammetria condotti dallo stesso Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia avrebbero disegnato di lì a poco la mappa del sottosuolo dell’intera area nolana, con la ricognizione mirata sulla piana di Boscofangone, accertando la presenza di contaminanti e inquinanti fino alla profondità di alcune decine di metri, aggredendo le matrici ambientali con ampia invasività. Si apriva, con l’ipotizzata possibilità di attivazione del Centro, un importante spiraglio che, risolvendo il caso-Cisternina, dava uno strumento d’intervento tecnico e scientifico funzionale alle politiche ambientali regionali, con riferimento specifico a quella che successivamente sarà “Terra dei fuochi”.
Ma dal 2001 di tempo n’è passato. Le criticità ambientali per le mancate bonifiche permangono, anche se, in genere, i servizi di igiene urbana gestiti dai Comuni funzionano e la soglia emergenziale di una decina di anni fa, è un ricordo, essendo stata migliorata e potenziata l’operatività del termovalorizzatore di Acerra e degli impianti di trito vagliatura, bisognevole, però, ancora dell’incremento della rete delle strutture di compostaggio ancora incompleta, rispetto agli obiettivi di autosufficienza su scala regionale, così com’è previsto dallo specifico Piano-rifiuti della Regione–Campania del 2016. Nulla è, invece, cambiato per la Cisternina. Dell’auspicato Centro di ricerca per l’ambiente non si ha più alcuna notizia, mentre il mega–complesso abitativo e residenziale versa nell’abbandono e degrado senza limiti. Una fatiscenza progressiva. E va da sé che sulle responsabilità della situazione innescata negli anni ’80, non c’è ancora alcun elemento di chiarezza e conoscenza, specie sul versante dell’amministrazione di palazzo San Giacomo. Come se non appartenesse a nessuno e fosse solo “monumento” nella sua inutilità, pur essendo costato ai cittadini contribuenti alcuni milioni di euro del corrente conio.
Evidentemente, la Cisternina è solo un’opera marziana.