Il complesso eremitico, che era stato abbandonato all’incuria e al degrado dagli anni immediati del secondo dopo-guerra, nella primavera del 2002 è stato recuperato nell’assetto architettonico e restituito alle sue funzioni di luogo di culto e spiritualità religiosa, provvisoriamente sospese, per la chiusura dell’ Eremo. Ma la tradizione e i riti di sempre saranno rispettati anche domani.
Per la circostanza si pubblicano le sequenze del testo di cronaca dell’inaugurazione dell’ Eremo segnata dalla concelebrazione eucaristica, officiata dall’arcivescovo di Nola, Beniamino Depalma, padre Beniamino dell’ Ordine dei vincenziani.
di Gianni Amodeo
E’ restato abbandonato per lungo tempo, nello squallore totale e nella precarietà del degrado inarrestabile, fino a trasformarsi in un rudere. Ora è rifiorito nell’originaria conformazione architettonica, costituita dai materiali “poveri” dell’epoca, in cui fu realizzato, tra il ‘300 e il ‘400, secondo alcune fonti, mentre altre ne fanno risalire la costruzione al ‘600, anche se è più probabile che sia stato edificato in periodi diversi. Sono materiali, costituiti da pietra calcarea e da lapilli, così com’erano disponibili nella stessa area collinare; una rifioritura, che si deve all’impulso della civica amministrazione, diretta dal sindaco, il professore Raffaele Napolitano, con la collaborazione tecnica e specialistica della Soprintendenza di Avellino–Salerno, per la coordinazione e gestione dei lavori, previsti dal progetto, redatto dall’ Ufficio tecnico dell’ Ente di corso Garibaldi. Un programma, realizzato in economia e con ottimi risultati, con un impegno di spesa di 150 mila euro, pari a 300 milioni circa del “vecchio” conio.
Spazio di fede e spiritualità. Presidio di tutela naturalistica
E’ l’Eremo di Gesù e Maria, sull’omonima collina, immerso nel verde di plurisecolari oliveti, radicati tra le rocce e il suolo calcareo, perennemente baciati dal sole; una condizione, che assicura ai tenaci olivi – che il frequente vento nostrano ha contorto nei tronchi ma non fiaccato- perenne linfa d’intensa e raffinata qualità, con frutti di singolare pregio e minimi gradi di acidità che regalano olio di eccellente gusto. Ed è l’Eremo, che s’incastona in uno scenario paesaggistico e naturalistico di mite dolcezza- parte integrante dell’immaginario della cittadinanza e simbolo della sua a storia- da tutelare e valorizzare con sentieri in terra battuta e , semmai, con poche e leggere strutture lignee d’accoglienza di ridotta metratura, preservandolo nella sua integrità con il recupero dei tradizionali terrazzamenti a secco, proprio come un Parco di verde diffuso e attrezzato. E senza esporlo agli ingannevoli miraggi dell’edilizia d’assalto, che contraddistingue il “partito del cemento“, i cui adepti non mancano mai.
In realtà, unico quanto significativo bene di interesse storico-culturale della comunità cittadina, l’ Eremo ripristinato nell’agibilità, si presenta con il caratteristico ” Orto della meditazione“, circondato da mura a secco e con il tipico pozzo, recuperato pezzo su pezzo, per la raccolta dell’acqua piovana, anche se l’approvvigionamento idrico è stato assicurato da una condotta sotterranea dal vicino “casotto” dell’ Acquedotto intercomunale Avella–Baiano–Sperone.
E’ l’ Orto, in cui sono stati messi a dimora alberi, cespugli e fiori. E sono gli ambienti interni, a dare dell’ Eremo la bella e armoniosa fisionomia di gradevole e rasserenante ospitalità. Una sequenza di piccole stanze, con i ristretti gradini delle altrettanto piccole scale, mentre i solai, realizzati secondo le tecniche costruttive dei nostri giorni, sono rivestiti di legno, come in origine; e gli infissi di fine castagno conferiscono al complesso un’impronta di limpida sobrietà. E poi c’è il Belvedere. Una balconata, da cui è possibile osservare la lingua del viadotto autostradale della Napoli–Bari, che s’impenna agile e guizzante verso Monteforte, o, nel versante opposto, proiettare lo sguardo verso il cuore della Campania felix. Di straordinaria suggestione, la visione panoramica, offerta, nelle ore serali e notturne, dal pittoresco presepe delle scintillanti e multiformi luci della vallata; luci, che disegnano la fitta conurbazione dei popolosi insediamenti comunali che paiono rincorrersi nella Pianura nolana, fino a Pomigliano d‘ Arco.
L‘ Eremo di Gesù e Maria di Baiano e di Paolino di Nola.
Di proprietà comunale, il complesso è stato ceduto dall’amministrazione, in comodato d’uso, a titolo gratuito, alla Curia diocesana di San Felice e San Paolino, mentre la gestione è affidata alla comunità parrocchiale di Santo Stefano e a suor Costanza, che vive la condizione dell’ eremita, realizzando eccellenti lavori di restauro e sacre icone su legno.
Un passaggio simbolico e di prassi, secondo le consuetudini, con la specifica novità della consacrazione dell’ Eremo “anche” a Paolino di Nola, il Santo della povertà e della cultura, autore dei celebri “Carmi“, che costituiscono una delle pietre angolari della civiltà paleocristiana. Paolino, che nacque a Bourdeaux e fu governatore della Campania romanizzata, è una figura di eccezionale caratura morale, tanto che, dopo la conversione al cristianesimo, si liberò delle notevoli ricchezze, di cui disponeva in Aquitania, Spagna e Campania, per farne dono ai poveri. Un interprete convinto del Vangelo, straordinario testimone nel vissuto personale della coesistenza dei valori della classicità romana e della spiritualità cristiana.
L‘ omelia dell’ arcivescovo Depalma e l’appello alla coerenza.
Per la cerimonia inaugurale, in tanti si sono ritrovati nello spazio dell’ Eremo, partecipando alla concelebrazione, officiata dall’arcivescovo Beniamino Depalma. Una concelebrazione, scandita dall’omelia che il presule sviluppava sui temi della Quaresima e della Santa Pasqua, nello spirito del Vangelo e della riscoperta dei principi incarnati da Cristo nella quotidianità dell’agire. Di rilievo l’appello all’ etica della responsabilità verso il bene comune per quanti si professano cristiani; un’ etica, che ha come stella polare la ricerca della Verità. Una ricerca, da rapportare ai valori del messaggio evangelico, e alla loro radicalità; una ricerca, ch’è approfondimento e riconoscimento delle “ragioni degli altri”, dei principi di giustizia e di rispetto della dignità umana.
E dalla metafora del miracolo di Lazzaro, che Gesù fa rivivere, invitando i presenti a liberarlo dalle fasce e bende della sepoltura, Depalma faceva scaturire le ragioni per le quali i cristiani sono chiamati a liberarsi da vincoli e legami terreni, per vivere la pienezza degli ideali evangelici. Un appello alla coerenza e alla diretta assunzione di responsabilità nella “costruzione” della società, giorno dopo giorno, senza concessioni di deleghe e fughe dall’impegno civile.
La Chiesa: un recupero programmato.
E’ un tassello importante, quello del ripristino dell’ Eremo. Ma, per completare il programma, va recuperata anche la Chiesa annessa, dedicata alla Madonna del Soccorso. Un intervento, che potrebbe essere realizzato a breve. “Per il recupero conservativo della chiesa-spiega il sindaco Napolitano– siamo fiduciosi nel riscontro positivo della progettazione presentata nel quadro degli obiettivi del Progetto integrato territoriale degli itinerari turistici della Valle dell’Antico Clanis, di cui è capofila l’amministrazione comunale di Avella, per l’acquisizione dei finanziamenti necessari. Le schede e il progetto esecutivo, messo a punto dall’ufficio tecnico comunale, si riferiscono proprio alla Chiesa dell’Eremo. Una documentazione progettuale, ch’è stata fatta secondo i criteri richiesti dal Pit, a cui partecipiamo nello spirito della coesione intercomunale, confidando in pieno nella valorizzazione del patrimonio archeologico del territorio di Avella, determinante per la crescita del nostro comprensorio”.