“Il Mare a Nola”, tra leggenda e le tracce del porto-canale

Edicola sulla strada provinciale Nola – Palma Campania posta a ricordo della scomparsa chiesa della Madonna del Porto

Il Mare a Nola,  tra leggenda  e le tracce del porto canale

di Antonio Fusco.

Nell’antichità, secondo una tradizione popolare, il territorio di Nola era bagnato dal mare, e questa convinzione è tuttora radicata nella memoria popolare dal detto “ S’arricordao mare a Nola”, usato per indicare una cosa risalente ad una imprecisata età molto antica. Come ogni “vox populi”, tale radicata convinzione non può essere nata dal nulla, ma originata da una realtà geografica e storica, che ci sfugge, se vogliamo vedere per forza le onde del mare lambire le mura della città.

La problematica del “mare a Nola” fu trattata da Francesco Palliola, il quale faceva rilevare che l’Agro nolano in epoca storica non poteva essere mai stato bagnato dal mare, trovandosi la città distante molte miglia dalla costa, dove fiorivano vivaci città portuali. [1] Lo storico  riporta anche che dopo San Paolo Belsito, nella zona della Cappellao Spirito, sulla strada provinciale per Palma Campania, furono rinvenuti oggetti utilizzati per la pesca. [2]

La segnalazione potrebbe essere collegata al fatto che il territorio che si estende intorno alla “Cappellao Spirito, e quindi vicinissimo a Nola, si chiama “Porto”. La prima citazione della località si rinviene in un documento del 1271 in cui si riporta che “il capitolo della Cattedrale concede ad Alessandro Clarastella al canone annuo di due carlini da corrispondere nella festa di S. Maria a settembre una terra nel casale di Caliziano in località Porto”.[3] Andava sotto il nome di Calizzano o Caliziano un casale agricolo scomparso [4] che si estendeva nella zona intorno alla Cappellao Spirito e Pozzoromolo, dopo San Paolo Belsito.

     A localizzare   più precisamente il sito Porto è la presenza di un’edicola votiva sulla strada provinciale NolaPalma Campania eretta a ricordo della scomparsa chiesa della Madonna del Porto. Il sacro edificio scomparso viene menzionato anche da Giordano Bruno che lo chiama Tempio di Porto. [5]

Il Mare a Nola,  tra leggenda  e le tracce del porto canale
Edicola sulla strada provinciale Nola – Palma Campania
posta a ricordo della scomparsa chiesa della Madonna del Porto

Le citazioni ci portano ad argomentare sulla probabilità che nella zona, subito dopo San Paolo Belsito, poteva esserci il terminale di un canale navigabile collegato in qualche modo con il fiume Sarno, e quindi al mare, [6] sito di arrivo e partenza per piccoli natanti, zattere e barconi a chiglia piatta, adibiti al trasporto di persone e merci. Segmenti ancora visibili di detto canale potrebbero essere quelli menzionati in un documento redatto nel luglio del 1354, in cui Tommaso Magaldo di Nola lascia nel suo testamento alla frateria della Cattedrale una terra “in località Campo Marino, vicino ai fossi della città di Nola”; [7] vale a dire che nella zona di Campo Marino,[8] nel comprensorio dopo Pozzoromolo, vicino alla zona Porto (Cappellao Spirito), dove esistevano dei fossati, probabili residui di un portocanale, evidentemente ancora ben visibili e di pertinenza territoriale della città di Nola. L’esistenza di un canale realizzato dai Romani, con il quale sarebbe stato possibile arrivare da Nola al mare in breve tempo e viceversa. non deve meravigliare. La sua realizzazione sarebbe stata cosa di poco conto, dato che erano capaci di opere di genio, pubbliche e private, di ben altro impegno.[9] L’imperatore Nerone, per restare nell’ambito dell’argomento, fece iniziare lo scavo di un canale, poi non ultimato, che doveva mettere in comunicazione Ostia col lago d’Averno, lungo centosessanta miglia e largo tanto da dare la possibilità di transito a due navi che si incrociavano, allo scopo di raggiungere Miseno e la costa campana senza entrare nel mare.

La presenza del porto-canale, potrebbe rendere plausibile il ritorno dalla prigionia di San Paolino con una barca. Se i Nolani, come si crede, andarono ad accogliere il Santo in festante corteo non dovettero andare fino al mare per dare il benvenuto al loro amato Vescovo, ma dirigersi verso il loro portocanale, poco oltre San Paolo Belsito, senza percorrere improbabili chilometri a piedi.

Se così fosse San Paolino, per fare ritorno alla sua amatissima Nola, potrebbe essersi imbarcato nel porto di una città costiera, Oplonti ( l’attuale, Torre Annunziata ) o Pompei, dal momento che particolari narrativi della sua vita non possono assolutamente essere spiegati con le leggendarie fantasie africane che probabilmente, sono dovute al fatto che il re dei Visigoti [10] Alarico I era intenzionato a trasferire in Africa la sua gente, cosa che non si verificò.

Come di solito si faceva, i barbari radunavano i prigionieri in una solo campo di raccolta, in una località dove attendevano familiari e benefattori disposti a riscattarli. Si può opinare, pertanto, che San Paolino, insieme con altri Nolani, sia andato in una città portuale della costa campana, dove Alarico poteva aver radunato i prigionieri in attesa di un riscatto e dove il santo Vescovo avrebbe avuto la richiesta della vedova per far liberare il suo unico figlio. Visto che Alarico aveva intenzione di andare in Africa potrebbe avere pensato, in un primo momento, di partire da un porto campano, preferendo poi dirigersi a Reggio in Calabria. [11] La nostra ipotesi nasce da citazioni riportate da alcuni scrittori. Sul litorale campano sorgevano città portuali collegate all’interno attraverso il fiume Sarno (Oplonti – Torre Annunziata, Pompei). Il coinvolgimento dei Pompeiani e dei Torresi in questo racconto si deve a due tradizioni locali, riguardanti il riscatto del figlio della vedova e il leggendario ritorno per mare di San Paolino dall’Africa. Riporta il Galante: “Quando Paolino dopo la sua gloriosa cattività ritornava trionfatore nella sua Nola, approdando alle rive di Oplonti [12] o all’antico porto pompeiano, tra l’osanna, le palme ed i gigli del popolo, percorse certamente la mesta cenere che copriva Pompei. (…). Ma il più bel titolo di patronato che abbia il santo Vescovo Paolino sulle contrade di Valle [13] e della nuova Pompei, nasce da quel portentoso eroismo di carità, quando per riscattare il figliuolo della vedova diede di sé stesso in volontaria schiavitù. Or quell’avventuroso giovane che Paolino riscattava a prezzo della propria libertà, era appunto dei contorni della vecchia Pompei; se ne contendono la gloria Boscoreale e Torre Annunziata; era insomma dell’antica Civita; [14] le locali tradizioni lo assegnano ai tenimenti di Valle di Pompei. ”.

Questa tradizione “costiera” circa la provenienza del giovane e di sua madre, è suggerita, implicitamente,   anche da Charles Perrault, [15] quando scrive che il marito della donna era un pescatore. [16]

[1] Cfr. “Il mare a Nola” , in Opinione, anno III n. 9 e 10 1961.

[2] Ibidem.

[3] Cfr. Carmela Buonaguro, Documenti per la storia di Nola – secoli XII XIV, Aeri frafuche EUROGRAF Nocera Inferiore 1997.

[4] Cfr. Fusco Antonio, I casali scomparsi di Nola, I.G.E.I., Napoli , novembre 2002.

[5] Cfr. Fusco Antonio, “I fantasmi del castello”, “Il Meridiano”, anno XVII, n. 3/173, 31 marzo 2010).

[6] Cfr. “Casale di Calizzano” in I casali scomparsi di Nola, cit.

[7] Cfr. Buonaguro C.   Documenti della storia di Nola- secoli XII – XIV. pag. 73.

[8] Era così chiamato il territorio paludoso che si estendeva dopo Pozzoromolo ad Occidente di Palma Campania. La stessa etimologia si risconta nella denominazione di Poggiomarino. L’impaludamento potrebbe essere stato causato dalla mancata manutenzione del canale.

[9] I Romani, grazie alla manodopera degli schiavi, riuscivano a concretizzare grandi opere pubbliche, quali acquedotti, terme, anfiteatri, deviazioni di fiumi, strade e valichi.

[10] I Goti si dividevano in due gruppi: i Visigoti (ramo occidentale) e gli Ostrogoti (ramo orientale).

[11] Alarico partì dal porto calabrese di Raggio, ma la sua flotta fu distrutta da una tempesta e si vide costretto a tornare indietro riattraversando la Calabria, dove morì nel 410 presso Cosenza. Secondo una storia, ritenuta leggendaria, fu sepolto con i suoi tesori nel letto del fiume Busento. Quelli che avevano attuato la temporanea deviazione del corso del fiume furono uccisi per non far rivelare il luogo della sepoltura. Giosuè Carducci tradusse da August Graf Von Plateu “La tomba nel Busento”.Il successore Ataulfo abbandonò il progetto di raggiungere l’Africa e, dopo avere sposato Galla Placidia, sorella dell’imperatore Onorio, condusse i Goti ad insediarsi nella Gallia meridionale.

[12] Torre Annunziata.

[13] Era così chiamata la zona di Pompei.

[14] Un tempo contrada del Comune di Torre Annunziata in cui fu scoperta la città sepolta di Pompei.

[15] Cfr. “Saint Paulin evesque de Nola”..

[16] Cfr. anche Antonio Fusco, La prigionia di San Paolino in Africa nella letteratura e nell’arte figurativa, in Appunti di Storia Nolana , Vol. I, Edizioni Pro Loco Nola Città d’Arte, Giannini Presservice, giugno 2009..