Avella, lo stato diventa poesia. Tulino: “il Clanio, ieri, specchio della natura, oggi, delle nostre disordinate coscienze”.

Avella, lo stato diventa poesia. Tulino: il Clanio, ieri, specchio della natura, oggi, delle nostre disordinate coscienze.

“Spesso mi chiedo, quanti di noi rammentino le origini degli avi di 7 o 8 secoli fa e si pongano di raccordare la fisicità dei medesimi sul territorio del quale oggi, noi, costituiamo l’ultima stratificazione, in ordine generazionale. Pochi ed io tra questi. La passione per lo sport, la natura, l’ambiente in genere, recentemente sono venuti in mio aiuto e mi hanno fatto scoprire quello che, distrattamente ho sempre pensato. Né più né meno di voi. Le origini dei nostri avi , il loro stanziarsi sul territorio, sono palpabilmente evidenti, se prestiamo attenzione, incamminandoci dal Fusaro alle Fontanelle, a tutto quanto è lì presente. Un susseguirsi di testimonianze abitative, fatte di cave, archi, ponti, luoghi di culto; come anelli di catena, si dipanano lungo il corso d’acqua : il Clanio. Ad est il sole fa da guida e ci fa intravedere la strada per Montevergine . A nord le montagne si specchiano nel corso d’acqua del Clanio e misurano la fissità della propria forza, la bellezza della natura verdeggiante. Ad ovest sinuose colline fanno a gara per misurarsi con quelle di fronte a loro e il Clanio anche ad esse presta il proprio specchio. Insomma l’ambiente lasciato a stesso avrebbe tutto il tempoe la ragione di rimanere intatto, per secoli e secoli, a testimonianza di un vissuto di un evo medio giunto quasi sano, incorrotto, fino a noi, uomini della modernità. Arriva il progresso, il benessere e, noi, che facciamo ? Lordiamo con ogni nefandezze, sporcizia e abbandoni quello che dovrebbe costituire la pagina del nostro vissuto e che comunque fornisce le spiegazioni di un tempo passato, detta i confini del sentire presente . Percorrendo quei luoghi s’incontra di tutto. E non sono assenti le ferite, prodotte dal progresso, inferte in funzione di un egoismo individuale e collettivo, ad un ambiente vecchio di secoli, di cui dovremmo tutti portare rispetto. Silenzioso e paziente, il Clanio, impetuoso e silente, scorre tra una carcassa di un frigorifero, il fondo rotto di un bidone, tra le mille bottiglie di plastica, vetro, tanta plastica accartocciata a far da copertura a residui alimentari, balle di abiti, stoffe abbandonate, escrementi di animali al pascolo, bufale a refrigerare i corpi, le loro teste cornute. Conserva, il corso d’acqua, intatta la sua musica, non il suo colore. Il Clanio, ieri, specchio della natura, oggi, delle nostre disordinate coscienze. Nella vita ce sempre stato il filo rosso che lega tutto e tutti e spiega il perché della vita stessa. Io, con fatica, intravedo quel filo rosso, ma non riesco a capire il perché di questa disordinata vita”.