Alla condizione già svantaggiata vissuta dalla società si sono inoltre aggiunti negli ultimi due mesi gli effetti collaterali del lockdown per l’emergenza Coronavirus. L’azienda non si è mai fermata ma le conseguenze della ‘serrata’ imposta dal Governo sono state molte. «Ad una storia già di per sé complicata – spiega Manganelli – si sono aggiunti i disagi per il lockdown, che per noi si è tradotto in ritardi in pagamenti e forniture, difficoltà nelle esportazioni su gomma a causa delle restrizioni ai camionisti e talora ai prodotti italiani, il blocco totale del settore della gelateria con conseguenti mancati ricavi ed aumento dei costi».
Difficoltà vissute da tre anni rese ultimamente ancor più amare dalla notizia della richiesta, da parte di Atlantia, società dei Benetton ed azionista di maggioranza di Autostrade per l’Italia, di 1,25 miliardi al Governo come ristoro per i danni subiti, con annessa ‘minaccia’ di bloccare il piano di investimenti sulla rete autostradale senza garanzia statale sul prestito.
«Se la richiesta è legittima perché basata sulla normativa economica approntata dal Governo, nulla quaestio – dichiara Manganelli – Ma è scontata una riflessione sull’eventualità che questo contributo sia dato ad Autostrade e che questa, stando a fonti di stampa, minacci un blocco degli investimenti. Noi di Euronut Spa ci chiediamo da 3 anni dove siano questi investimenti, in particolare sulla manutenzione, da parte di Autostrade. Ci chiediamo perché non utilizzi uguale solerzia per risolvere il nostro caso e consentire la riapertura del cavalcavia con uno sforzo economico minimo per un colosso come quello dei Benetton. E perché sollecitino il Governo mentre piccole aziende come la nostra restano impantanate nella palude della burocrazia e della giustizia senza avere risposte né da Autostrade né dalle istituzioni. Ci appare come l’ennesimo caso in cui i ‘grandi’ si pongono in posizione di privilegio ed i piccoli non possono fare altro che soccombere».