Un percorso, che prende le mosse nel 1951 con la costituzione della Comunità europea del carbone e dell’acciaio. E’ la prima scelta di politica di attiva cooperazione e coesione internazionale, che si realizza nell’Europa occidentale e mediterranea al di qua dell’area egemonizzata dal dirigismo statalista e della pianificazione economica dell’Urss. E’ la scelta, che concerne settori di vitale e strategia importanza per lo sviluppo dell’economia industriale, in virtù delle volontà dei governi di Francia, Italia, Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo e dell’allora Germania federale dell’Ovest. Nel 1957 sono siglati, nella sala del Campidoglio a Roma, i trattati, che istituiscono la Comunità economica europea e la Comunità europea per l’energia atomica. Due passaggi fondamentali, per formano la piattaforma dell’attuale Unione europea, che si è venuta strutturando e configurando attraverso altri significativi “punti di svolta”, come quelli del Mercato europeo comunitario, dell’Atto unico e del trattato di Maastricht per la libera circolazione di uomini, beni, servizi e merci, fino all’adozione della moneta unica. Una sequenza di tasselli, ispirati ed orientati da indirizzi filo-occidentali nell’area egemonizzata dalla politica degli Stati Uniti d’America, configurata con i profili dell’economia libera di mercato e di economia sociale di mercato.
E’, quello monetario, il sigillo di un processo di ampio respiro, in cui il progetto, avviato sul finire degli anni ’40 del secolo scorso e delineato da statisti di eccezionale lungimiranza e caratura politica, quali sono stati De Gasperi, Schuman, Spaak, Adenauer, e, sulla loro scia, Jean Monnet e Jacques Delors, si è sempre più consolidato nelle linee portanti tanto che il suo orizzonte, allo stato attuale, coincide con quello di 28 Paesi, in pratica la gran parte dell’Europa, fatta eccezione per la Federazione russa di Putin, i cui obiettivi politici sono sempre più marcatamente bi-focali, verso l’Europa e soprattutto verso l’area asiatica. E sono obiettivi, che ne connotano la dimensione in divenire di potenza politica, militare, economica, in funzione anche delle straordinarie ed ingenti disponibilità energetiche, di cui può fruire, segnatamente sul versante del gas naturale. In quest’arco temporale, lo scenario geo-politico dell’Unione ha assunto una fisionomia meglio caratterizzata ed ”allargata”, in coincidenza con il simbolico crollo del Muro di Berlino, che ha sancito l’implosione del sistema europeo sovietizzato, destrutturando il bipolarismo Usa–Urss, formatosi con i trattati di pace del 1945. Un bipolarismo, ch’era “convissuto” con le dinamiche super-produttive e di tecnologia avanzata del Giappone, tra gli anni ’ 60 e gli anni ’ 70, per essere posto nei decenni successivi in difficoltà e sotto pressione dalla travolgente crescita produttiva ed economica delle “fabbriche” del mondo, costituite da Cina, India e Corea del Sud, a cui, più recentemente, si sono aggiunti il Brasile e il Sud Africa. E’ il quadro dell’internazionalizzazione dei mercati, in cui si incrociano e sovrappongono economia reale e della speculazione finanziaria globalizzata.
L’allargamento dell’area comunitaria e l’adozione dell’ euro–moneta, però, non hanno determinato quello slancio necessario, ch’era necessario, per proiettare l’Unione verso lo stadio conclusivo della compiutezza reale del progetto, da cui sono derivate le sue coordinate; progetto da tradurre in integrazione politica,la vera chiave di volta della costituzione degli Stati Uniti d’ Europa. E i limiti del mancato approdo allo stadio finale del processo politico, intrapreso con i trattati del ’57, sono emersi nel contesto della crisi economica e finanziaria, che ha investito nel 2007 il sistema bancario statunitense, per riversarsi nell’ambito di Eurolandia, innescando dal 2008 in poi la perdurante congiunta sfavorevole, che ha generato recessione e ristagno, soprattutto per i Paesi dell’area mediterranea.
E proprio i nodi della mancata integrazione politica, funzionale non solo alle ragioni irrinunciabili dell’omogeneità di coerenti politiche fiscali, ma anche e soprattutto alla coerenza della politica monetaria, in grado di garantire gli equilibri paritari e interni all’ Unione europea, sono stati i nuclei tematici della relazione, sviluppata dal dottor Stefano Sgambati, ricercatore universitario, nel Circolo socio-culturale de “L’ Incontro” ed incentrata sul ruolo dell’euro nella realtà attuale e nelle prospettive comunitarie. E di passaggio va ricordato che ad ottobre, Sgambati parteciperà ad una delle sessioni della Conferenza internazionale di studi, in programma a Strasburgo, sulle tematiche di Sociologia dell’ economia in ambito comunitario.
Una lucida e articolata rivisitazione storicizzata dei processi economici dall’immediato dopo-guerra ad oggi, “letta” dall’angolatura visuale della politica dei governi italiani e dell’area comunitaria con capisaldi nei rapporti di cambio con il dollaro, prima ancorato all’oro, poi in libera fluttuazione valutaria, e, attualmente, all’euro, con sostanziale e crescente trazione tedesca. E l’ancoraggio all’euro, proiezione, per dir così, del super-marco è risultato penalizzante per le monete dei Paesi dell’Arco latino. Un dato oggettivo- quest’ultimo- determinato e favorito dalle politiche di forte contenimento salariale e conseguenti riduzioni dei costi del lavoro, sviluppate dai governi della Germania unificata, rispondenti a livelli di produttività di beni, merci e servizi altamente competitivi, in grado di “conquistare” i mercati europei ed extra, con le conseguenti ricadute di piena occupazione, o quasi. Una situazione favorita dalle politiche economiche e fiscali di larga coalizione nazionale e dal ruolo di co-gestione di responsabilità, esercitato dai sindacati nei cicli produttivi del sistema industriale.
Diverse le condizioni prodottesi da oltre venti anni nella realtà italiana, la cui produttività- va evidenziato- almeno fino al decorso quinquennio è stata costantemente di buon livello, con la tenuta dell’industria manifatturiera e dell’intero sistema delle piccole e medie imprese. Alla produttività costante non s’è accompagnata, però, la competitività per restare sui mercati; competitività, ch’è la risultante di molteplici fattori, ma soprattutto dell’innovazione tecnologica e dei costi del lavoro; costi,da rendere sostenibili per imprese e lavoratori senza la fiscalità oppressiva ed onerosa, così come è in vigore. L’innovazione non c’è stata né i carichi della fiscalità sono stati ridotti. Il conseguente e drastico ridimensionamento del rapporto produttività–competitività costituisce la causa determinante, che ha inciso ed incide sull’assetto delle imprese italiane, comprimendolo oltremisura. Il crescente indebitamento privato, che ha colpito le imprese irrimediabilmente, n’è lo specchio. Un’immagine di collasso generalizzato, fortemente deteriorata del sistema–Italia; immagine che si dilata, se connessa con lo spropositato indebitamento pubblico, fatto lievitare da politiche di spesa incontrollata e incontrollabile, per non dire del peso della perversa spirale della corruzione pubblica senza limiti, in cui giostrano …indisturbati corrotti e corruttori, anche se l’enfasi della “ voce comune” dà spazio esclusivo solo ai…primi.
Questi ed altri motivi di analisi e riflessione, dal punto dell’Osservatorio–Italia, hanno connotato la relazione del giovane studioso e il dibattito a più voci, variando dalla fragilità delle istituzioni economiche e di controllo pubblico all’euro-scetticismo; dalla durezza del “fiscal compact” agli effetti della fuori-uscita dall’euro; dalla rinegoziazione dei vincoli comunitari alle ragioni per riconoscere l’Europa comunitaria a due velocità, con le correlate e diversificate scelte monetarie; dalle politiche di attacco al lavoro, che si ispirano al liberismo e alle concezioni mercantili, alle politiche per le energie rinnovabili e ai sistema integrati di trasporto. Sono motivi, inseriti in percorsi che interpellano con decisione la politica, chiamata a dare risposte lucide e coerenti per la costruzione dell’integrazione comunitaria europea sotto tutti i profili; motivi tanto più espressivi, se si considera che si è alla vigilia del voto del 25 maggio per il rinnovo del Parlamento di Strasburgo.