di Sebastiano Gaglione
Ormai sono trascorsi ben sette anni dalla scomparsa di uno degli attori più importanti del panorama hollywoodiano, nonché della nostra epoca: Robin McLaurin Williams.
Un attore dalle mille sfumature e dalle mille espressioni, che sapeva esprimersi al meglio nelle tragicommedie (una su tutte, è quel capolavoro intramontabile di “Patch Adams” del 1998).
Seppur la sua carriera sia sotto gli occhi di tutti, grazie alle sue interpretazioni uniche, che gli valsero innumerevoli premi e riconoscimenti, non si può dire lo stesso della sua vita: una storia che molti ignorano.
Nato nel 1951, Williams crebbe in un ambiente piuttosto ricco, visto che il padre era un dirigente della Ford e la madre era una modella. Dopo essersi diplomato nel 1971, il giovane Robin si iscrisse alla facoltà di Scienze Politiche al Claremont Men’s College di Los Angeles.
Nonostante la popolarità acquisita e una borsa di studio ricevuta, il desiderio di dedicarsi interamente alla passione per la recitazione iniziò a diventare implacabile.
Così, contro la volontà del padre (il quale desiderava per il figlio una carriera da impiegato), decise di abbandonare ben presto l’università, iscrivendosi alla Julliard School di New York, iniziando, a partire dagli anni Settanta, a farsi un nome nell’underground newyorkese.
Appena nove anni più tardi vinse il suo primo Grammy al miglior album commedia (ne vincerà altri tre successivamente) per il divertentissimo “Reality… What a concept”.
La sua sembrava ormai una carriera da cabarettista, ma sappiamo tutti com’è andata a finire.
Qualche tempo dopo, Williams finì sotto l’uso di droghe e alcol, cadendo in un forte giro di dipendenza.
Nel 1982 il suo carissimo amico, nonché altro grande nome della storia hollywoodiana, John Belushi (fratello di Jim, in Italia molto conosciuto soprattutto per essere il protagonista della serie tv “La vita secondo Jim”) morì di overdose.
La sua fu una perdita che sconvolse a tal punto l’attore di “Mrs. Doubtfire” da farsi forza e uscire dal giro delle sostanze stupefacenti.
Dunque, ritrovatosi solo con se stesso, cadde in una spirale di depressione, finché un giorno, come da lui stesso dichiarato in un’intervista, vendendo una bici si avvicinò alla passione per il ciclismo, che lo aiutò a superare le sua eccessiva dipendenza.
Tuttavia, vent’anni più tardi, intorno al 2003, tornò a bere e, mentre girava in Alaska il film “The Big White” (2005), dichiarò di essersi sentito così solo e così al freddo che rifugiarsi nell’alcol sembrava l’unica via di fuga.
A quel punto intervenne la sua famiglia, che nel 2006 lo mandò in riabilitazione, ma la situazione non cambiò molto.
Nel 2014 anche la nuova rehab servì a ben poco e quindi la sua dipendenza divenne ancora più grave; fu così che nel 2013 iniziò la sua decadenza fisica e psicologica.
Le sue condizioni fisiche (era impossibilitato anche a deambulare in maniera corretta) e psicologiche (iniziò a soffrire di allucinazioni, paranoie, insonnia ecc.) si aggravarono notevolmente, tant’è che girare il film “Una notte al museo 3” (proiettato nelle sale qualche mese dopo la sua morte) con Ben Stiller e Owen Wilson fu uno strazio, a causa del fatto che gli risultava difficile persino ricordare le battute del copione.
Alla fine, il premio oscar 1998 (riconoscimento assegnatoli come miglior attore non protagonista per l’interpretazione dello psicologo Sean Maguire, nel film “Will Hunting – Genio ribelle” con Matt Damon) conscio, a detta della sua terza moglie, del fatto che stava perdendo definitivamente le sue funzioni cognitive, decise di porre fine alle sue sofferenze, impiccandosi, il 10 Agosto del 2014, con una cintura, fissata alla maniglia della porta chiusa nella sua camera da letto.
In un’intervista post mortem, sua moglie, Susan Schneider, dichiarò che anche se non si fosse ucciso, sarebbero stati, nella migliore delle prospettive, altri tre anni di terribile sofferenza per lui.
Questa è, per sommi capi, la storia della vita del grande Robin Williams.
La vita di Williams è uno dei tanti esempi del fatto che spesso ci convinciamo che la vita delle persone di successo sia felice e perfetta.
In realtà, la vita delle persone non è mai come sembra.
La fama ed il successo sono delle armi a doppio taglio che se gestite male, logorano dentro.
La ricchezza è niente dinnanzi alla vastità della vita, ricca di scenari imprevedibili.
Non i soliti colpi di scena presenti in un copione di un film, bensì scenari di cui nessuno è a conoscenza: né l’attore, né tantomeno il regista.
Oggi non possiamo far altro che ringraziare questo grandissimo personaggio dello spettacolo, la cui memoria vive e continuerà a vivere per sempre, grazie alle sue indimenticabili prove attoriali.
Difficile ricordare uno dei suoi film che non sia un cult o da cui lo spettatore non erediti un insegnamento morale. Robin Williams è e resterà immortale. Perchè il cinema è arte e lui da grande artista quale è stato ha lasciato delle opere che resteranno per sempre impresse nella nostra memoria ed in quella delle generazioni future, alle quali il nostro aiuterà, proprio come ha fatto con noi, ad applicare, tra i tanti insegnamenti morali, quello del “cogliere l’attimo fuggente”.