di Gianni Amodeo
2013 preferenze, pari all’ 85,95 % dei voti espressi: è il dato che rappresenta la considerevole capacità attrattiva di consensi, con cui l’Orologio è stato gratificato nella conferma alla guida dell’ Ente di piazza Luigi Lauro per il quinquennio 2021\2026. Un dato che ne allunga la striscia che da oltre mezzo secolo ha già connotato di sé la vicenda politica locale, nel segno della normalità e della trasparenza di scelte programmatiche e di regolarità gestionale. Un voto, quello di domenica e lunedì, che ha largamente superato le più ottimistiche previsioni degli stessi promotori e sostenitori dello compagine civica, che ha sostenuto la candidatura di Adolfo Alaia per l’elezione a sindaco.
Un’affermazione elettorale, la cui dimensione, se non è unica, certamente costituisce una rarità di spicco nel panorama generale delle tornate per i governi municipali in Italia, così come si sono venute susseguendo, a far data dal 1946. E fu l’anno, in cui tra marzo ed aprile, prima, e tra ottobre e novembre, poi – in giornate scaglionate e distanziate tra loro di settimane per ragioni di sicurezza e ordine pubblico in alcune regioni, come l’Emilia–Romagna e la Toscana, e per fronteggiare il “separatismo” dallo Stato con matrici autonomistiche in Sicilia, ma anche per assicurare ai partiti appena rinati l’opportunità di sviluppare la propria azione di propaganda politica- si elessero in 7105 Comuni i civici consessi. E questi ultimi, a loro volta, esprimevano i sindaci, essendo stata abolita la figura del Podestà, l’organo monocratico di nomina prefettizia che esercitava le funzioni di Sindaco, Consiglio e Giunta, con status ch’era stato introdotto nel 1926 dal regime mussoliniano.
La disposizione della nomina del Podestà, a sua volta, aveva abrogato l’elezione dei sindaci, ch’era stata varata nel 1896 e integrata negli anni successivi con norme d’ampliamento del corpo elettorale di genere maschile per impulso degli ideali del socialismo riformista e del cattolicesimo democratico, emanate dalle legislazioni di Crispi e Giolitti, tenendo presente che nell’Italia postunitaria, in aderenza ai canoni del centralismo statale, i Sindaci erano pur sempre di nomina prefettizia, mentre i Consigli comunali si eleggevano a suffragio ristretto e di genere maschile, sulla base del censo e del possesso dei beni patrimoniali disponibili. In realtà, quelle del ’46, furono elezioni che permisero di rinnovare le amministrazioni locali, che dal 1944, dopo la caduta del regime fascista, erano rette da sindaci e Giunte provvisorie, di nomina prefettizia, ma nella sostanza su designazione sia dell’Amgot, l’Amministrazione militare alleata anglo-americana dei territori occupati, nei Comuni del Regno del Sud, sia del Cln, il Comitato di liberazione nazionale, nei Comuni dell’Italia centrale e settentrionale.
Né va dimenticato, in particolare, che con le amministrative del 1946, le donne per la prima volta esercitarono il diritto di voto, in ordine al decreto legislativo luogotenenziale del 1945, per la cui elaborazione concettuale e stesura, forte e significativa fu la determinazione del Partito socialista, del Partito comunista italiano e della Democrazia cristiana. Era l’applicazione del suffragio universale e in parità di genere, che si dispiegò in pieno e compiuto senso di democrazia politica nel voto per il referendum istituzionale del 2 giugno del 1946, facendo nascere lo Stato repubblicano, con rappresentanza parlamentare e pluralistica.
Pragmatismo e capacità d’ascolto per la normalità amministrativa
Bilancio in ordine, servizi e urbanistica in trasparenza
Un successo di netta rarità, quello dell’Orologio, che, pur variando nella composizione per i ricambi delle candidature consiliari e di sindaco, ha conservato inalterata la guida incentrata su un’unica famiglia, quella degli Alaia, dal capo-stipite, Marco, ai figli Stefano e Adolfo, ai nipoti Salvatore e Marco Santo, ed ora ad Adolfo che ritorna nel palazzo municipale sull’onda di un voto plebiscitario, a 78 anni di età, con lo spirito e l’impegno immutato del sindaco qual è stato dal 1975 al 2001.
Più che un caso in sé e per sé, che pure ha valenze di profilo storico e statistico interessanti, quello della lunga permanenza dell’Orologio e delle sue rappresentanze nel Palazzo municipale si può prestare a varie interpretazioni, a seconda dei punti di visuale scelti, ma è innegabile che tutte siano segnate dal comune denominatore del pragmatismo nell’esercizio dell’amministrazione, con forte e costante capacità d’ascolto delle istanze dei cittadini, facendo leva sulla sana tenuta dei bilanci, ancorata alla corretta applicazione della fiscalità locale e la congrua erogazione dei servizi per i rifiuti e l’approvvigionamento idrico, con tariffe sostenibili. Un fattore di qualità gestionale, che si salda con scelte di politica urbanistica adeguate al territorio. E, non è un caso, se Sperone, è tra i pochi Enti locali della Campania, a disporre del Piano urbanistico comunale al passo con i tempi e con la vigente legislazione regionale del 2004, con le modalità esecutive dei comparti. Un percorso, di cui costituisce un’importante testimonianza il nuovo quartiere di via dei Funari, che s’interfaccia con i territori di Avella e Baiano, realizzato negli anni del dopo-terremoto dell’80 e dell’81, coniugando la costruzione di importanti insediamenti abitativi di edilizia pubblica residenziale, con insediamenti di proprietà privata, dotandolo di ampie strade ed un efficiente rete di servizi. Un’area urbanizzata con criterio di efficienza ed utilizzata per il Mercato–fiera della domenica, tra i più frequentati del territorio. Più che un modello, un esempio di normalità, quello dell’amministrazione speronese. Come normale, una volta reso noto il verdetto delle urne, è stato lo scambio dei saluti tra il neo-sindaco Adolfo Alaia, amministratore di lungo corso, e Pasquale Muccio, il giovane candidato-sindaco di Uniti per Sperone, all’esordio di pubblico amministratore nella guida della minoranza consiliare. Un auspicio di buona amministrazione, a servizio della comunità cittadina.