di Felice Sorrentino
Cimitile. È la fine di una commedia che poteva diventare tragedia.
Dopo le tre esondazioni del tratto dell’alveo che ha seppellito gli abitanti del rione Gescal di Cimitile sotto un metro d’acqua prima e mezzo metro di fango poi, stamattina sono iniziati i lavori per mettere in sicurezza la porzione crollata e di conseguenza i cittadini che vivono a ridosso della pericolosissima falla.
Per arginare momentaneamente il problema verranno usati blocchi cubici di cemento di un metro che permetteranno di lavorare anche in condizioni di pioggia e ricostruire la sponda. Questo perché le previsioni meteo sono ampiamente sfavorevoli e la protezione civile non può permettersi di lasciare i cittadini in pericolo per altri dieci giorni.
Per fare questa operazione verrà dirottato il flusso d’acqua nell’altro canale della biforcazione dell’alveo, per renderlo momentaneamente asciutto e poter intervenire.
Il vero ripristino definitivo avverrà più avanti quando la stagione lo permetterà poiché la ricostruzione vera e propria deve ricorrere all’uso di terra. Cosa che non può avvenire durante i mesi di pioggia.
A spiegare l’intervento sono giunti sul posto alle 18,30 di ieri sera i tecnici ingegneri del Genio Civile, accompagnati dal Presidente della prima Commissione Regionale Giuseppe Sommese i quali, incalzati dai presenti, spiegavano di essere stati già sul posto e aver fatto relazione sullo stato del tratto dell’alveo che il 4 ottobre non presentava cedimenti. Gli stessi, oltre al Capo della Protezione Civile Regionale raggiunto al telefono, riferivano di non aver ricevuto alcuna segnalazione dal sindaco che è anche capo della protezione civile del proprio paese, al numero delle emergenze della protezione civile che è attivo h24 per il pronto intervento e che quindi non erano a conoscenza del crollo e della situazione emergenziale che è venuta alla luce solo per la segnalazione e le telefonate del Presidente Sommese che si è attivato dopo aver ricevuto l’appello dei cittadini.
Una storia a tratti surreale dalla quale i residenti, arrabbiati e sfiniti, sperano di esserne usciti una volta per tutte.