Inclusione e integrazione nel modello- Germania e la rilevanza della cogestione dei sindacati, lavoratrici e lavoratori nelle aziende del sistema industriale, cardine dell’economia europea ed occidentale. L’organico piano messo a punto nel 2015 dal governo della cancelliera Angela Merkel, per accogliere circa due milioni di siriani, in fuga dalla terra natia insanguinata dalla guerra civile, portatori sia di importanti valori culturali e sociali che di alta formazione di profilo tecno-scientifico. E’ l’integrazione, con cui concorrono, alla stessa stregua dei migranti italiani, turchi e slavi, a potenziare l’assetto produttivo tedesco, instaurando e praticando in pienezza di diritti e doveri i normali rapporti di cittadinanza nei lander e nell’Unione europea.
di Gianni Amodeo
Riflettori aperti su sparse tessere del mosaico delle e \ migrazioni che hanno segnato la realtà della società di massa del Bel Paese, nel Forum svoltosi nei locali di via Luigi Napolitano nel novero degli appuntamenti dell’ Agenda per Conoscere de L’Incontro. Un prospetto, quello delle e \ migrazioni italiane analogo e simile a tanti altri prospetti, in cui si rincorrono le storie dei popoli in ogni epoca e in tutte le latitudini; prospetto, che, in specifico, per il Sud prende le mosse dal Grande esodo a cavallo dell’800 e del ‘900 verso l’America anglosassone e l’America latina, polarizzandosi e concentrandosi nell’immediato secondo dopoguerra, in misura ridotta verso la Francia e il Belgio, ma in massiccia e larga prevalenza verso la Germania occidentale, con modello di Stato repubblicano federale, filo-atlantico distinta dalla Germania orientale, con modello di Stato repubblicano democratico, filosovietico.
E’ la Germania dei lander che figura tra i sette Paesi -gli altri erano l’Italia, la Francia e il trittico formato da Belgio, Olanda e Lussemburgo, il Benelux in acronimo-, che sono stati la forza politica propulsiva e fondante, com’è opportuno e doveroso ricordare, dell’istituzione della Comunità economica europea e della Comunità economica del carbone e dell’acciaio con i correlati Trattati sottoscritti a Roma il 25 marzo del 1957, in ragione della scelta geo-politica, ispirata proprio dalla visione d’impronta occidentale e atlantica, con ancoraggi alla democrazia di rappresentanza plurale e parlamentare; Trattati, diventati – per l’adesione e la condivisione di altri Paesi del Vecchio continente, andando per sommi capi- la piattaforma ideale e politica, su cui si è formata l’attuale Unione europea dei 27.
Uno scenario che s’è venuto configurando con progressiva gradualità nel volgere di oltre sessant’anni del tutto nuovo, rispetto all’ ordine internazionale che aveva spaccato di netto la stessa Europa lungo l’asse metaforico della Cortina di ferro, in funzione del bi-polarismo Usa– Urss, ch’era stato sancito nel ’45 a Yalta, ma dissoltosi di fatto nell’89 con l’abbattimento del Muro di Berlino, simbolo dell’ auto-dissoluzione del sistema della Russia del comunismo sovietizzato, egemone nell’Europa dell’Est, facendo, al contempo, da asse portante dell’ Unificazione politica della Germania, con l’assetto di Stato repubblicano federale, articolato in 16 lander e definito nel 1990, segnandone il ruolo di guida dell’economia produttiva e industriale nell’Europa comunitaria e di protagonista comprimario nell’economia mondiale. Ed è- questo- uno dei rilevanti profili della radicale svolta d’ ingresso rapido nel Terzo Millennio che ormai vive sempre più diffusamente all’insegna della società mondializzata, della globalizzazione dei mercati, delle autostrade dell’informatica e della cibernetica, in cui primeggiano Cina, India, Corea del Sud, Giappone e Taiwan sulle scie delle innovazioni post-industriali della tecno– tronica, in combinazione con l‘ intelligenza artificiale. E senza dire della dimensione demografica, per la quale il variegato sistema Asia – ormai proiettato verso il superamento della soglia dei tre miliardi e mezzo di abitanti- è ampiamente predominante sul mondo occidentale, che a stento sfiora un miliardo di abitanti.
Sono realtà, generate da profonde innovazioni e sostanziali cambiamenti, in cui si colloca l’Unione europea dei 27, con popolazione che supera i 400 milioni di abitanti e che può avvalersi e disporre di assetti produttivi manifatturieri e nell’hit tech più evoluto e sofisticato di sicura consistenza qualitativa e affidabilità competitiva nella globalizzazione. E’ l’area, nel cui contesto sociale liberamente si muovono ed operano cittadine e cittadini dei Paesi dell’intera compagine dell’Unione, potendo esercitare, al meglio e compiutamente, i diritti e i doveri della cittadinanza europea per le loro attività d’impresa, lavoro, studio, ricerca scientifica e formazione professionale, secondo i dettami del Trattato di Maastricht, in vigore dal 1993 e sottoscritto da 12 Paesi della stessa compagine, nel 1992. E lo status della cittadinanza europea è complementare, naturalmente, di quello della cittadinanza nazionale. Non si tratta di pura formalità, ma di “un più” per il passo sostanziale compiuto, che, in prospettiva, fa prefigurare la formazione degli Stati Uniti d’Europa, con tutti gli assetti di funzionalità istituzionale che ne garantiscano l’esercizio della propria sovranità nelle dinamiche geo-politiche internazionali, quale sbocco necessario e ineludibile iniziato proprio con i Trattati di Roma del 1957.
Di fatto, l’ Unione dei 27, corrisponde allo Spazio Europa senza frontiere e barriere nazionali, un tempo del tutto inimmaginabile per gli Stati di ottocentesco stampo romantico–idealistico, ora amministrato, per le competenze e funzioni che le sono conferite, dalla Commissione intergovernativa di Bruxelles, seguendo gli indirizzi del Parlamento di Strasburgo. Ed è lo Spazio Europa, che nei correnti difficili tempi delle crisi medico-sanitarie e di ordine socio-economico, innescate dalla pandemia planetaria della Sars-CoV-2, ha messo in atto quello straordinario strumento di cooperazione inter-statale e di mutua assistenza, qual è il Recovery plan, con la dotazione finanziaria di 750 miliardi di euro per investimenti di ripresa e resilienza anti–pandemia, destinati nell’assegnazione delle quote-parti ai Paesi dell’Unione, secondo Piani nazionali con precisi obiettivi da attuare entro il 2026. Un impegno di solidarietà di straordinaria valenza, se solo si consideri, tanto per dire, l’ampio spettro delle pesanti responsabilità che gravano su autoritarismi, nazionalismi e totalitarismi di esclusiva matrice europea, nel determinare le immani tragedie dei due conflitti mondiali nel Novecento.
I confini dello Spazio Europa e le pressioni delle migrazioni
Cogestione, responsabilità e produttività = Scuola, formazione, aziende
Ma proprio nel giro degli ultimi 15 anni, lo Spazio Europa, progredito ed evoluto con standard di consumi peculiari delle società dell’opulenza e del benessere materiale diffuso, è diventato il polo catalizzatore dei flussi migratori, provenienti dall’aree di maggiore e diffusa criticità in Africa e nel Medio Oriente, da dove in massa donne, uomini, giovani, bambine e bambini fuggono, per sottrarsi a persecuzioni e violenze dei regimi dominanti, alla fame, all’arretratezza, alle guerre civili, con le tristi scene di sofferenza raccontate da tv e giornali. Un punto tematico, focalizzato da Raffaele Lieto, già segretario regionale della Cgil della Campania, nella conversazione con chi scrive queste note; un’analisi, la sua, per evidenziare ad ampio raggio le profonde e laceranti cause sociali della pressione esercitata dai migranti dell’Africa sub- sahariana sull’area di confine mediterranea dell’Unione europea.
Un dramma, segnato da tante tragedie di morte in mare, che interpella le coscienze e soluzioni politiche di ampio respiro, a cui l’Unione non può né deve sottrarsi, per dare risposte congrue di cooperazione internazionale e di solidarietà umanitaria, così come l’interpella e sollecita risoluzioni la disperazione e il dramma che vivono in questi giorni i migranti provenienti dal Medio- oriente ed approdati in Bielorussia, da dove cercano disperatamente la via d’ingresso nello Spazio Europa, varcandone il confine sul versante centro-orientale della Polonia, che, invece, li respinge con l’asprezza e la violenza dei presidi di polizia e dalle truppe dell’Esercito, secondo le disposizioni drastiche del governo di Varsavia, a tutela degli interessi nazionali e in subordine dell’Unione. Una complessa situazione, in cui prevalgono gli interessi di speculazione politica, su cui punta la Bielorussia governata dall’autocrazia di Lukaschenko, strumentalizzando la condizione disperata dei migranti, per esercitare condizionamenti e suscitare difficoltà sull’Unione nel delicato contesto polacco, tra cui quelle segnate dalla rivendicazione del primato del diritto nazionale su quello comunitario europeo.
La complicata vicenda dei migranti mediorientali ancora accampati sul confine bielorusso-polacco e, al momento, senza soluzione umanitaria in vista, apriva la conversazione sulla politica della Germania federale, adottata con fermezza nel 2015 dal governo della cancelliera Angela Merkel, varando la sospensione dell’applicazione dell’ Accordo di Dublino, proprio per agevolare e favorire l’ accoglienza dei migranti medio– orientali, provenienti dalla Siria, sconvolta dalla guerra civile. Una politica di lungimiranza civile ed umanitaria- sottolineava Lieto– tradotta nel piano di inclusione e integrazione di circa due milioni di donne, uomini e giovani, in larga parte portatrici e portatori di alti livelli di formazione culturale e tecno–scientifica; piano in notevole misura già realizzato secondo gli obiettivi programmati con l’inserimento nel sistema produttivo ed economico della Germania, secondo il quadro normativo nazionale. Come per dire – semplificando e riducendo il tutto all’essenziale- che i migranti siriani, non solo promuovono e favoriscono i livelli di produttività già sostenuta per se stessa, ma hanno anche un rapporto regolare con la fiscalità nazionale e dei lander, e con l’acquisita cittadinanza tedesca sono cittadini dell’Unione europea. Come per dire ancora- sempre semplificando e procedendo per l’essenziale- tutto il contrario di quel accade – e si permette che accada– in Italia, con le migranti e i migranti per via mare a cui è riservata l’accoglienza per la destinazione alla più svariate forme di sfruttamento sul lavoro con salari di sopravvivenza e penose condizioni di precarietà abitativa, come raccontano, senza andare troppo lontano, le aree agricole del Salento e del Foggiano, i suk inumani di Castelvolturno e in tante realtà della Calabria e Sicilia
Sul tema della produttività industriale, il punto di riflessione era fissato dai principi della cogestione, propri della Costituzione tedesca, in virtù dei quali le lavoratrici e i lavoratori, attraverso le rappresentanze sindacali, partecipano direttamente e concretamente alla programmazione e realizzazione dei cicli produttivi aziendali. Un modello- evidenziava Raffaele Lieto-, con cui la produttività si coniuga e declina con la responsabilità singola e collettiva di lavoratrici e lavoratori; un binomio, che nelle industrie e aziende funziona al meglio, quale filiazione lineare e diretta anche e soprattutto della formazione che si sviluppa nel rapporto costante tra politiche industriali, aziende e sistema scolastico in tutte le sue articolazioni.
Era l’elemento d’analisi interessante della conversazione, con cui Lieto rivisitava la personale esperienza di vita di emigrato in Germania, vissuta insieme con il padre Domenico e la madre Italia, lavorando e formandosi nelle competenze tecniche proprio in azienda, come tutti i migranti; esperienza maturata fin dai diciassette anni d’età, nel complesso della Telefunken nei reparti dell’ elettronica e dei sofisticati settori dedicati ai sistemi d’arma, praticando attività politica e sindacale, subendo tre licenziamenti, con altrettante riassunzioni a stretto giro di tempo, per la fondatezza delle iniziative compiute, specie quelle sulla tutela medico–sanitaria di lavoratrici e lavoratori. Una realtà, che per Raffaele Lieto – senza alcuna particolare formazione scolastica – è stata, tuttavia, la vera Università della vita, fatta di fabbrica, lotte sindacali e preparazione culturale da autodidatta nell’impegno politico e negli approfondimenti sulle materie giuridiche e sulla legislazione del lavoro; Università di conoscenze e di pratica, quali si acquisiscono nel coordinare, tanto per dire, assemblee di centinaia o migliaia di lavoratrici e lavoratori, e che lo hanno condotto ai vertici della Cgil in Irpinia, prima e poi nell’ambito regionale della Campania, con tante iniziative coraggiose, prime tra tutte quelle della tutela del bene comune della salute umana e delle specie viventi e dell’ambiente. E per tutte vale il contrasto duro, condotto dalla Cgil tra gli anni ’80 e ’90 contro l’ex-Isochimica, operante al Borgo Ferrovia, ad Avellino, la fabbrica della morte per le contaminazioni d’amianto, generatrici del letale mesotelioma che ha ucciso oltre trenta lavoratori; contrasto, tutt’altro che agevole per il corteo dei grandi interessi economici in ballo, con il supporto del giro di corruzione tra i poteri politici e gli apparati tecno-burocratici che “contano e possono fare quel che vogliono”. Una pluridecennale vicenda giudiziaria che dovrebbe giungere- il condizionale è d’obbligo- a sentenza a gennaio prossimo.
Le attrattive economiche dei Cantoni svizzeri e la paesana convivialità Stefano Vilardo, il poeta civile dell’emigrazione siciliana
Forum dal filo lungo di cronaca, quello lasciato dipanare, in cui si collocano con rilievo le riflessioni di Antonio Caccavale sulla realtà dei Cantoni svizzeri attrattori nel secondo dopoguerra dei rilevanti flussi di migranti italiani, specializzati nell’edilizia, nella carpenteria e nelle attività artigianali e ben remunerati, in ragione del forte potere d’acquisto della moneta dei Cantoni, rispetto alla lira. Una realtà che il professore Caccavale conosce per esperienza diretta per il lavoro didattico svolto nelle Scuole pubbliche, anche per gli studi compiuti sulla legislazione del lavoro svizzero, relativo ai “permessi” concessi alle lavoratrici e ai lavoratori frontaliere\i per nove mesi di durata. Una normativa abrogata nel 2004.
Ed è, in particolare, il Forum, in cui si inseriscono le testimonianze di Salvatore Schettino, che ha trascorso lunghi anni da emigrato, lavorando in Germania, di cui evidenzia la cultura sociale della cooperazione tra i cittadini e il rispetto della legalità. Un percorso, su cui Carlo Melissa si soffermava ricordando il quarto di secolo vissuto dai genitori – Antonio e Maria Lippiello-, lavorando in Germania; un quarto di secolo, in cui casa-Melissa di domenica si trasformava frequentemente nella Casa della convivialità, in cui si ritrovavano i migranti nostrani di prima generazioni con i loro affetti e rapporti d’amicizia. E’ il senso della paesana convivialità ripreso da Saverio Bellofatto nel ricordo del padre, Carmine, conducente dei treni delle Ferrovie di Stato, in servizio sulle tratte del Centro Nord, in partenza da Roma. Ed aveva la costanza di mantenere i rapporti con quanti erano emigrati nelle città del Triangolo industriale, Genova–Milano–Torino, e in Svizzera consegnando loro i pacchi delle primizie agricoli e dei salumi prodotti sul territorio. Erano i pacchi confezionati dai famigliari, tributo di legami forti e inalterati.
Le letture dei brani di Tutti dicono Germania Germania, eseguite da Giusy De Laurentiis con partecipazione emotiva e puntuali notazioni critiche, conferivano al Forum la giusta caratura di attenzione e interesse. Erano le letture selezionate del testo di Stefano Vilardo, nato a Delia in provincia di Caltanissetta e scomparso a gennaio scorso all’età di 98 anni, il poeta civile che ha raccontato con schietta autenticità le e \ migrazioni che nel secondo dopoguerra hanno dissanguato socialmente la Sicilia, com’era già avvenuto con il Grande esodo transoceanico, quando nel 1900 dall’Italia migrarono verso le Americhe in duecentomila, tra donne, uomini, giovani e bambini. E la metà era formata da siciliane e siciliani, come sottolinea Dominique Fernandez, facendo le bucce all’opera di Verga ed incontrando l’analisi di Antonio Gramsci in chiave di superamento del pessimismo fatalista e la lucida riflessione di Leonardo Sciascia, scrittore di forte tempra progressiva e civile, le cui opere sono fondamentali per “ leggere” la contemporaneità italiana, da “Il giorno della civetta” a “Todo modo”, da “L’affaire Moro” a “Fuoco all’anima” per le Conversazioni con Domenico Porzio, pubblicato nell’89 da Mondadori e appena ri-pubblicato da Adelphi.
Tocco finale del Forum, la consegna dei classici Piatti in ceramica, prodotti a Mugnano del Cardinale dal rinomato Laboratorio artistico- artigianale di Giuseppe Tedeschi, con i decori iconici del territorio. Destinatari del simbolico dono pluricolore de L’Incontro – per esplicita volontà di Romeo \ Mimì Lieto, l’affabulatore di “Cose e storie locali”- Raffaele Lieto, Giusy De Laurentiis e Carlo Melissa. Dettaglio: i decori iconici per la ceramica riservata a Raffaele, raccontano il Patriarca verde di Fontana Vecchia, il monumentale Platano dalla fastosa chioma, inserito nell’Albo regionale della Campania, piantato un secolo fa da nonno Raffaele, appena reduce dalla Prima guerra mondiale. Le icone delle ceramiche riservate a Giusy e Carlo, noblesse oblige, “parlano” della Chiesa parrocchiale di Santo Stefano e del Maio, e del suo degno compare, ‘O fucarone … lo scoppiettante e vivace brand della tradizione locale, con la coinvolgente accensione rituale nella sera del Santo Natale.