di Antonio Vecchione
Per il secondo anno la comunità baianese è costretta alla sofferta rinuncia dello straordinario rito di solidarietà popolare: la festa del Maio di Santo Stefano. Una rinuncia sofferta, perché la festa del Maio è prima di tutto una festa di Pace, di solidarietà, di buoni sentimenti, nella quale si manifesta e si conferma la devozione per il Santo Protettore, a cui il popolo si è sempre affidato, nella buona e nella cattiva sorte. Un percorso nel quale il popolo baianese è impegnato anno dopo anno a ritrovare se stesso, la sua storia, la sua identità, la sua unità intorno a valori condivisi, immutati nel tempo. La pandemia ha cancellato tutto e ci lascia un velo di tristezza e di umana pietà per i tanti lutti. A questa sofferenza si aggiunge anche un senso di sradicamento per l’abbandono della nostra “casa”, la Chiesa di S. Stefano, che, per il crollo di parte dell’intonaco dell’abside, è stata chiusa al culto. Viviamo un doppio disagio in uno scenario inconsueto: la palestra della scuola media, dove è stato allestito un altare per celebrare le tradizionali Messe ‘e notte. Ma chi ha il dono di partecipare, pur in questo disagio, continua a percepire quella Grazia particolare, unica, che hanno le Messe e notte. L’intensità della partecipazione dei fedeli, l’atmosfera fervida, calorosa e raccolta, la consapevolezza di essere eredi di una tradizione di Fede nella quale orgogliosamente ci si riconosce, unisce tutti in un virtuale abbraccio. Ci sentiamo titolari di un privilegio, parte di qualcosa che va oltre le nostre persone, e che ci unisce, inorgoglisce e gratifica.
Stamattina, alle 05.30, ci siamo ritrovati per la messa di Natale, quella dedicata al “Bambiniello”, il Bambin Gesù, che nasce per la salvezza degli uomini. Gli abbiamo reso omaggio, come da tradizione, con la processione delle candele, una simbolica testimonianza della fiamma che arde nei cuori del popolo baianese per la Fede nel Bambin Gesù attraverso la mediazione del nostro Santo Protettore. Poi la Benedizione finale di don Fiorelmo, simbolicamente destinata al popolo intero, ci ha lasciato comunque orfani di momenti esaltanti. Ci manca la folla entusiasta, animata, allegra, chiassosa, pronta a salire in montagna. Ci mancano le funi, le “accette”, i “runcilli”, le carabine, il carruocciolo, ‘o traino, testimonianza di un rito che non muore. Non c’è traccia di quella immensa gioia di rincontrare gli amici di Arciano di sempre, di quella piacevole frenesia di mettersi subito in cammino. Scomparsa l’orgogliosa aspettativa sui visi di tutti, quella fierezza di esserci, quella consapevole responsabilità della partecipazione, finalizzata a tagliare un Maio alto, dritto, bello, con una larga chioma, per presentarlo al popolo di Baiano come legittima prova di aver compiuto nel migliore dei modi il proprio dovere di baianese. Pur tuttavia, dopo la Messa, ad opera del Comitato Maio: abbiamo ritrovato il Maio, solitario, che svetta davanti la Chiesa. Nella penombra del mattino non ancora rischiarato, sembrava risplendere di luce propria, e, pur orfano della partecipazione popolare che lo riconosce e legittima, irradiava un senso di sacralità. Una specie di “miracolo”. Il messaggio che abbiamo percepito è di solidarietà e appartenenza: “nonostante tutto, ci sono a rappresentare voi tutti e ad onorare Santo Stefano”. La tradizione continua, viene da lontano e va lontano. Non si può fermare. Buon Natale a tutti.