di Sebastiano Gaglione
L’innominato può essere considerato, senza ombra di dubbio, come una delle figure più interessante l’intero romanzo “I Promessi Sposi”, nonché una delle più centrali della vicenda. Il Manzoni presenta l’innominato ai lettori, fin dall’inizio, come una personalità enigmatica e ricca di sfaccettature.
Questo personaggio, infatti, diversamente da Don Rodrigo non è affatto un tiranno meschino e prepotente, ma è un uomo dotato sicuramente di un’indole a dir poco malvagia, ma che, tuttavia, non incute timore.
L’incontro con Lucia desta in lui sentimenti di pietà, compassione, rendendosi conto di aver perseguito soltanto il male nel corso della sua vita, ritrovandosi quindi, a tirare un po’ le somme del suo percorso di uomo fino a quel giorno e a riflettere sul dolore recato altrui. Inizierà, quindi, questo questo processo di rimorso e rimpianto che innescherà la sua definitiva conversione.
I sentimenti tuttavia, sono confusi a tal punto da creare una forte contrapposizione di scelta: quella di tornare ad essere quello che è sempre stato, “contaminata” in modo assai predominante dai peccati commessi in vita e dal conseguente rimorso nell’averli compiuti. In realtà, l’Innominato ha sempre cercato di cancellare l’idea di Dio dalla sua esistenza, arrivando, effettivamente, a porre resistenza alla parte più profonda di se stesso, nella quale egli vorrà sì un cambiamento radicale, ma allo stesso tempo, in incongruenza, non vorrà accettare in alcun modo.
Inoltre, anche il colloquio con il cardinale Borromeo avrà la sua notevole importanza, poiché susciterà in lui la volontà di voler cambiare una volta per tutte la sua vita, ponendosi in difesa dei deboli.
In definitiva, pur essendo presentato come un personaggio dotato di un’indole prettamente negativa, l’episodio della sua conversione suscita nel lettore una visione della propria immaginazione completamente diversa, fornendo un messaggio fondamentale: il bene, alla fine, riesce sempre e comunque a trionfare sul male.