di Sebastiano Gaglione
Nel Romanticismo è possibile individuare due anime diverse: l’anima conservatrice e l’anima repubblicana. I romantici sono conservatori: l’attualità è vista come il massimo della razionalità.
L’anima conservatrice legittima le istituzioni contemporanee, in quanto interpreta la storia in termini provvidenziali e quindi non può esentarsi dal legittimarli, pertanto va a delinearsi con il periodo ribattezzato “età della Restaurazione” (1815-1830 circa); tale anima possiede, dunque, una funzione giustificatrice.
L’altra anima, invece, ossia quella repubblicana, appartiene a tutti quegli uomini che abbracciano il movimento letterario dello ”Sturm and Drang” inizialmente, rivendicando l’autonomia del singolo, l’impeto con cui questo deve vivere e si pone, in qualche modo, in maniera sovversiva nei confronti del potere monarchico perché quest’individualità si realizza solo ed esclusivamente attraverso la concessione di diritti.
Quindi, volendo farsi portavoce degli ideali liberali, questa seconda anima è sovversiva nei confronti dell’ordine monarchico. Per tale motivazione, essa può essere considerata, a tutti gli effetti, un’anima liberale.
In Italia, quest’anima fu sostenuta dal patriota Giuseppe Mazzini.
Dal momento che la seconda anima è liberale, risulta alquanto doveroso fare un riferimento al patriottismo che voleva un’indipendenza dell’Italia da parte della potenza straniera. In questo panorama, diventa quindi fondamentale parlare di nazionalismo e di nazione, nonché alla volontà di procedere a quel processo d’indipendenza del Paese (sogno indipendentista).
La nazione viene intesa come unità di razza, ossia una comunità che si riconosce in un’unica cultura (lingua, religione, tradizioni comuni, ecc.) in cui tutti si riconoscono.
Differente è, invece, il concetto di patriottismo, inteso come una coesistenza di individui che, nel Settecento, desiderano vivere insieme e che, nel periodo romantico, arrivano poi a vivere insieme: una missione da realizzare e dovuta all’esigenza di poter godere di uno spazio comune, libero ed indipendente. L’assurdità di questa visione metterà capo al pangermanesimo; la volontà di racchiudere tutti in un unico spazio significa legittimare la violenza dei popoli.
L’ultima tematica romantica è quella della natura, ovvero quella del regno che appartiene all’uomo ed in cui la filosofia gioca un ruolo fondamentale: riesce a colmare la frattura vigente tra l’uomo e la natura, che è una totalità organizzata nella quale le parti vivono solo in funzione del tutto (visione organicistica).
Sussistono, tuttavia, anche altre visioni…
– Visione energetico-vitalista: la natura è una forza dinamica vivente ed animata;
- Visione finalistica: la natura è vista come una realtà strutturata secondo degli scopi, che possono essere: immanenti (si calano dentro la natura) e trascendenti (sono “oltre” natura);
Visione spiritualistica: la natura è vista come un qualcosa di intrinsecamente spirituale, è essa stessa un vero e proprio spirito in divenire;
- Visione dialettica: la natura è organizzata secondo coppie di forze opposte.
In definitiva, esiste una sorta di “totalità perfetta” tra uomo e natura.
La natura rappresenta il regno organizzato per eccellenza, mentre il singolo è assimilabile ad essa: ciò che vale per la natura, vale per l’uomo. Se vi è un’anomalia dal punto di vista fisico, è presente anche in quello psicologico.
Ottimismo aldilà del pessimismo…
L’ottimismo aldilà del pessimismo è una risoluzione positiva del negativo. L’inquietudine dell’uomo romantico deve dar vita ad un pessimismo cronico.
In realtà, la sua volontà di vedere la razionalità ovunque, lo porta a vivere una vera e propria condizione critica, nonché addirittura a rassegnarsi, in alcuni casi.
Il romantico è ottimista: è la sua stessa credenza nella Provvidenza che glielo impone. Di conseguenza, bisogna accettare il presente con dignità, poiché tutto è giustificato da Dio (tralasciando i momenti negativi).