di Gianni Amodeo
“ Ho la fortuna di lavorare con una delle più belle risorse disponibili sul Pianeta, il legno che ha accompagnato, e accompagna nel cammino della storia, l’evoluzione dell’uomo, senza alterare nella sua naturale essenzialità il rapporto con Madre Natura”.
E’ l’incipit, con cui l’imprenditore Silvio Picciocchi, dell’omonima Società per azioni, -fondata oltre settanta anni fa dal padre Mario che n’è l’intestatario, tra le più attive in Campania nella lavorazione e commercializzazione dei legnami, con impianti di trasformazione negli opifici di via Malta, a mezzo chilometro di distanza dal casello dell’A-16, a Baiano – ha introdotto il suo intervento nella cerimonia premiale dei Mai d’Argento, svoltasi qualche giorno fa nel Teatro Biancardi, ad Avella, con grande successo di partecipazione di pubblico e all’insegna del protagonismo di eccellente profilo culturale sviluppato dalle Scuole del territorio. Un intervento mirato a focalizzare aspetti rilevanti e significativi dell’economia del legno, con la varietà delle filiere produttive, con cui è correlata e si dispiega, coniugando bio–diversità e sostenibilità ambientale, di cui sono unico e sano presidio gli alberi con la loro straordinaria capacità sia di ri-generazione che di fone di energia, rispetto ai cambiamenti climatici in atto che sono connaturati al clima e ai suoi processi evolutivi. E sono le dinamiche che si fronteggiano con i supporti della Scienza e senza cedimenti agli eccessi dei catastrofismi.
Una vicenda che il giovane imprenditore- importanti studi in Economia, con attenta e metodica osservazione sull’andamento dei mercati interni ed esteri, in linea con le tradizioni di famiglia e sulla scia dell’esemplare tenacia lavorativa del padre Mario – vive da sempre in diretti contatti con aziende di settore operanti in Europa e in America. E sul punto, in particolare, evocava il passaggio segnato nel 1954 dall’avvento del polipropilene, l’importante e radicalmente innovativa scoperta realizzata dall’ingegnere chimico Giulio Natta, innescando sostanziali e considerevoli trasformazioni nelle dinamiche dei sistemi produttivi della società industrializzata e post-industriale, con ricadute ragguardevoli su usi e costumi sociali. Era l’avvento della “… plastica, bella, funzionale, economica. Ma, a distanza di decenni– evidenziava- l’impatto che ha generato su mari,oceani, fiumi e sull’ intero eco–sistema planetario, ci impone un cambio di rotta profondo, consapevole e responsabile. Bisogna agire in maniera breve e veloce verso uno sviluppo sostenibile e, in questo cambiamento, il legno sarà di nuovo protagonista– affermava con risoluta convinzione-, per rapportarsi anche alla realtà del lembo di territorio, racchiuso tra la Valle munjanense e la Valle dell’Alto Clanio, sormontato e incorniciato dalle vette dei Monti Avella,del Litto e del Morricone”.
E’ il piccolo lembo di alcune decine di chilometri quadrati ,- abitato da circa 30 mila abitanti-, costitutivo della Terra dei Mai, identificativi, a loro volta, dell’economia e dell’attività produttiva che fino agli anni ’60 del secolo scorso, ha caratterizzato la storia sociale e lavorativa delle comunità locali. Una storia attraversata dalle filiere artigianali dei mestieri; filiere, formate da boscaioli, mannesi, falegnami, carpentieri, cestai, produttori di carbone vegetale con la collaudata e ineguagliabile tecnica delle carbonaie– ‘e catuozze r’ Avella, Mugnano e Quadrelle– e senza dire dei produttori di calce, con le modalità ingegnose e complicate della gestione delle carcare, alimentate da centinaia di quintali di fascine di sottobosco– ‘e sarcinielli– per produrre pochi quintali di calce appunto. E la chiusura del cerchio era data dalla commercializzazione dei materiali lignei derivati dai boschi del territorio.
Nel recupero del senso che l’ economia del legno ha rappresentato nella storia della nostrana piccola Terra dei Mai, si legge una parte del significato civile dell’intervento di Silvio Picciocchi indirizzato soprattutto alle nuove generazioni della platea del Biancardi, con l’esortazione ad essere …” testarde e a non lasciarsi condizionare dai format proposti dai social. La Terra– la Madre Terra– ha bisogno del vostro lavoro“.
E’ il recupero di senso della cura dei boschi, coerente con l’evoluzione dei tempi, ampliandolo con nuove prospettive coerenti con i tempi del III Millennio. Un senso che guarda alla storia del territorio e alle generazioni che lo hanno onorato con la moralità del lavoro. Il progresso civile e l’evoluzione sociale possono concorrere a scriverne al meglio possibile il presente.
Il monito di Silvio Picciocchi è davvero interessante e fa riflettere. Così come fa riflettere l’illustrazione che ha fatto all’ Urufor, l’azienda uruguaiana nata 30 anni, specializzata in semi-lavorati commercializzati in tutto il mondo. Un’azienda che ha letteralmente trasformato terreni aridi e brulli, grazie a diffuse colture arboree, rendendoli vivi e vivibili. Un filmato di 3’ che racconta l’incontro della cultura dei boschi con il lavoro.