XXI SECOLO – PRIGIONIERI INCONSAPEVOLI

XXI SECOLO   PRIGIONIERI INCONSAPEVOLI

di Sebastiano Gaglione

Assistenti vocali che rispondono alle nostre domande e che possiedono dei microfoni connessi costantemente ad internet, robot aspirapolvere che effettuano una mappatura completa della nostra casa, smartphone che sfruttano continuamente la nostra posizione e così via.

Sì, ufficialmente i dati sono crittografati e le major assicurano che i dati raccolti non vengano in alcun modo condivisi, ma non vi sembra che le nostre vite siano davvero eccessivamente controllate da queste grandi multinazionali come Amazon, Google e Meta? Vi è mai capitato, chiacchierando con qualcuno, di esprimere il proprio interesse nei confronti dell’acquisto di un prodotto e ritrovarvelo da lì a poco sulla vostra bacheca social? Ebbene, pensate davvero che questa sia una mera coincidenza? Nessun grido a teorie del complotto, ma pura realtà. A questo si sono ridotte le nostre vite. Professiamo tanti ideali di libertà, ma siamo schiavi della società e, in particolar modo, di queste grandi multinazionali che non fanno altro che spennarci soldi con servizi a pagamento, cambio smartphone annuo e quant’altro. Adesso, come se non bastasse, gli stiamo dando anche la nostra stessa vita: che risulta completamente controllata. Sapete quanto guadagna Meta per fornire le nostre informazioni ad aziende di terze parti? Cifre stratosferiche e a tali aziende conviene, perchè la sponsorizzazione stessa del prodotto, ne favorisce e ne incrementa le vendite.

Si dice che quando non si può ottenere qualcosa, allora ci si deve allontanare dal desiderio stesso. Beh, ciò al giorno d’oggi è letteralmente impossibile, in quanto quotidianamente ciò che vogliamo ci viene ripetutamente e costantemente sbattuto in faccia e ciò provoca in noi, ammettiamolo, un certo malessere.

Questo è un altro motivo per cui al giorno d’oggi siamo infelici. Desideriamo quello che vediamo, anche se non ne abbiamo un reale bisogno. Ormai, i social ci inducono ad auto convincerci che abbiamo bisogno di ciò che è fuori da noi.

Ci sentiamo così vuoti e cerchiamo di colmare quello stesso vuoto, banalmente e superficialmente: con nuovi acquisti, freddi oggetti materiali.

Siamo letteralmente in pugno alle multinazionali del settore.

Immaginiamo, invece, se i social network avessero un orario di apertura e chiusura: una vera e propria utopia, visti i tempi che corrono e gli introiti che entrano nelle casse delle imprese per ogni utente che passa il proprio tempo sulla piattaforma. Le persone sarebbero “costrette” a concentrarsi su altro, a coltivare nuove passioni di cui magari non sono nemmeno a conoscenza. Ancor più, sarebbero “costrette” a socializzare nella vita vera e non in quella virtuale.

Oggi siamo prigionieri inconsapevoli perché sottostiamo alle norme delle major.

Oggi siamo prigionieri inconsapevoli perché il nostro stato d’animo dipende dai social che esaltano la vita apparentemente perfetta degli altri, mentre la nostra sembra vacillare. Oggi siamo prigionieri inconsapevoli perché abbiamo deciso di svendere la nostra privacy per renderci ancor più vulnerabili alle influenze altrui, al fine di vivere una vita in cui ogni giorno si ha davanti ai propri occhi ciò che non si ha e che non ci permette di vedere, essenzialmente, che ciò che abbiamo e di cui abbiamo bisogno non si trova su un dispositivo, ma è proprio davanti ai nostri occhi, è insito proprio lì, nella nostra vita, quella vera, non quella virtuale.