di Gianni Amodeo
Ritmo agile e brioso, nella messa in scena de Il berretto a sonagli, tra le più celebri e significative opere della produzione teatrale di Luigi Pirandello, ed inserita nell’articolato programma di spettacoli e iniziative promozionali, in cui è impegnata sul territorio la Compagnia I Sognattori della Pro Loco, presieduta da Felice D ’ Anna, per puntare sul pieno e proficuo rilancio post-pandemico del progetto d’arte scenica, in cui si riconosce e che viene sviluppando sul territorio. Una scelta interessante e del tutto coerente con il percorso intrapreso, in virtù della qualità di spettacolo, con cui il classico testo pirandelliano è stato proposto al pubblico del Colosseo, in due serate di repliche accolte dall’en plein di consensi e lusinghieri giudizi più che meritati.
Una messa in scena, modellata sulla versione in napoletano che si deve ad Eduardo De Filippo, nella smagliante caratura di un mix d’intrigante originalità, con cui si combinano al meglio dell’espressività e della duttile pregnanza non solo i temi e gli stili discorsivi, che connotano le visioni dei due tra i più importanti autori rappresentativi del Teatro del Novecento, quali sono Pirandello e Eduardo appunto, ma anche di rendersene veicolo e messaggio d’attualità. Un’allettante affabulazione scenico–attoriale, la cui valenza era focalizzata dal giovane regista Domenico Palmiero, nel saluto di congedo dal pubblico dello spettacolo sciorinato in prima serata, premurandosi di evidenziare proprio il senso conferito alla rappresentazione prodotta e le motivazioni di scelta del modello di riferimento.
Un buon lavoro di preparazione e di attento approfondimento dei contenuti di testo, che spiega la portata della coinvolgente performance, di cui s’è resa artefice e corale protagonista, la Compagnia Fssl – diretta e animata dallo stesso regista Palmiero – che nella struttura di via Marconi ha confermato in pieno le caratteristiche di versatilità interpretativa, per le quali si colloca nelle prime posizioni dell’effervescente e variegato panorama culturale del Teatro amatoriale, in Campania.
Ambientata nella Caserta degli anni ’20 del secolo scorso, la vicenda raccontata ne Il berretto a sonagli fornisce uno spaccato dei costumi sociali del tempo che privilegiano il perbenismo di facciata da tutelare ed esibire come che sia e per il quale l’apparire fa aggio sull’essenza della dignitosa onestà. E qualche spigolatura, per quanto circoscritta e scarna, permette di fissare la cifra della rappresentazione, fin dal primo impatto con il personaggio di Beatrice Fiorica, moglie gelosa e insoddisfatta, interpretata da una spigolosa Daniela Merenda, calata in tutte le pieghe autoritarie che le conferisce il ruolo in scena.
E’ donna umorale, dal fumoso orgoglio e irascibile che non sopporta affatto la relazione intrecciata dal marito, il cavaliere Fiorica, con Adelina Ciampa,- interpretata con spigliata civetteria da Nancy Di Maio,- la giovane e avvenente moglie di Ciampa, che, a sua volta, è piuttosto avanti negli anni e funge da scrivano-segretario del cavaliere Fiorica. Ed è proprio Ciampa, a cui dà volto e voce l’eclettico e perspicace Domenico Palmiero, a reggere le file della trama della commedia, per la centralità del ruolo che anima e vive, non solo per il rapporto di lavoro che lo lega al cavaliere Fiorica, ma anche per la consapevolezza del tradimento che la moglie viene consumando alle sue spalle, quasi accettato ormai per quieto vivere, per di più non ancora assoggettato al pettegolo e diffuso chiacchiericcio in città, tanto da lederne la rispettabilità, di cui continua a godere; rispettabilità, che, pur sempre, va tutelata con discrezione e riserbo silenzioso, salvando apparenze e convenienze.
Ma il meglio di sé, è espresso da Ciampa nei sofisticati ragionamenti che tratteggia sulle metafore delle tre corde dell’orologio mentale, nel duro e serrato … contrasto con Beatrice, per dissuaderla dal sollevare scandalo con la denuncia per adulterio, con tutte le prevedibili conseguenze giudiziarie, di cui pagherebbero il pesante scotto la moglie, Adelina, il commendevole cavaliere Fiorica e Ciampa stesso. Una simbologia, quelle delle corde dell’orologio mentale, che Ciampa utilizza per … spiegare comportamenti e azioni. E così la corda seria, che è immaginata vibrare sulla tempia destra, presiede alle scelte comportamentali ragionevoli e ragionate, in contrasto con le scelte inconsulte innescate dalla corda pazza che s’immagina vibrare sulla tempia sinistra, mentre al centro della fronte, vibra idealmente la corda civile, ispiratrice degli atti e delle decisioni che fanno leva sul buon senso e sulla ponderazione regolatrice di ordinata convivenza che generino e alimentino lacerazioni nelle rapporti interpersonali, famigliari e sociali.
Il quadro dei ragionamenti di Ciampa è chiaro. E la ragionevolezza che fa vibrare con ritmi normali e regolari, la corda civile dei comportamenti giusti, addita a Beatrice il cammino da seguire, evitando lo scandalo socio–famigliare e lo scandalo degli effetti giudiziari che sortirebbero con la denuncia da produrre ai sensi della legge. Ed en passant, vale ricordare che i reati di adulterio -inteso come tradimento della donna verso il marito- e di concubinato – inteso come tradimento del marito verso la moglie- sono stati aboliti con sentenze emesse dalla Corte di Cassazione, nel 1968 e nel 1969….
Altra interessante spigolatura, gli squarci scenografici allestiti dalle ragazze e dai ragazzi che frequentano il Corso di Alta specializzazione del Liceo artistico, a San Leucio, ricostruendo le atmosfere di un secolo fa, con un’ariosa sala da pranzo in cui fanno mostra di sé il bel grammofono quadrato a tromba in ottone, il divano delle dolci e garbate conversazioni, oltre che il tavolo dei liquori e rosoli da sorseggiare, in omaggio alla convivialità. Abiti e costumi sono d’epoca, così come lo sono le luci, la grafica e le canzoni che diffonde in sottofondo il grammofono che celebra il vinile.