E’ stato il padre nobile della comunità cittadina, Carmine Marretti, un faro di saggezza che con generosità dispensava in pregiati grani di vita vissuta, specie alle nuove generazioni. Un esemplare testimonianza di laboriosità, correlata con quella ch’è stata una delle più fiorenti attività del territorio e della sua economia produttiva, all’insegna della filiera dell’industria boschiva e dei connessi mestieri artigianali.
Carmine Marretti ad ottobre- tra quattro mesi- avrebbe tagliato il traguardo dei cento anni. Ma ha preferito uscir di scena un po’ prima, con la discrezione e la riservatezza che lo connotavano. Una biografia attraversata da molteplici e convulse esperienze, segnatamente negli anni giovanili del Secondo conflitto mondiale, che lo coinvolsero in Grecia, Jugoslavia e in Germania. Una vicenda esistenziale rivisitata da Gianni Amodeo nell’articolo pubblicato sulle colonne di questo giornale on line,- il 12 ottobre del 2021,- e che si ripropone. Un doveroso atto di memoria, per onorare Carmine e il bel retaggio civile ed etico che lascia; un retaggio ancorato ai valori della famiglia e del lavoro, coniugati con la dedizione al bene della comunità cittadina.
Ripubblichiamo nel suo ricordo un nostro articolo del 12 ottobre 2021 a lui dedicato a firma del prof.Gianni Amodeo
Una vita dedita fin da ragazzo al faticoso mestiere del mannese nei boschi dei Monti Avella e in Calabria, con approdo alla lunga esperienza di emigrato in Germania da operaio addetto alla manutenzione delle reti ferroviarie di varie città.
di Gianni Amodeo
Da Sperone… a Sperone.
E’ lo spazio geografico, in cui Carmine Marretti – onorata ed onorevole classe 1923 – è nato e risiede tra gli affetti di figli, nipoti e amici di lunga data, con la schietta semplicità che ne costituisce il tratto distintivo di solare e buon carattere, per tradursi in fervida e sollecita operosità, specie quando c’è da animare e partecipare agli eventi e alle manifestazioni di aggregazione sociale più significative per la comunità locale. Uno spazio ristretto nella dimensione fisica di circa cinque chilometri quadrati, che, tuttavia, se sollecitato e spronato, amplifica sulle ali della visiva immaginazione, facendone la trasposizione sulla intricata e complessa mappa dei luoghi e delle città che ha frequentato e vissuto per caso, necessità, costrizione e scelta- dalla Grecia alla Jugoslavia e in Germania -, seguendo le oscillazioni del pendolo esistenziale che da sempre scandiscono e accomunano le vicende di tutti gli esseri umani, tra speranze e delusioni, gioie e sofferenze, soddisfazioni e amarezze in mutevoli intrecci e vicendevoli baruffe continue. Ridisegna così la speciale mappa attraversata da molteplici coordinate, lungo le quali, il buon Carmine ama infilarsi, ritrovando sullo schermo dei ricordi le multiformi esperienze di vita, di cui è stato diretto protagonista o testimone, come se fossero avvenute nell’immediatezza di ieri appena, pur appartenendo ad anni lontani. Sono fatti ed eventi che si ricompongono e fa correre sulle scie dell’agile e fresca ariosità del racconto che ne fa con la varietà di mille profili e minuziosi dettagli, facendoli rifluire con forte intensità emotiva nei sentimenti e nei pensieri dell’ascoltatore che finisce per esserne coinvolto, al punto da essere reso partecipe di un mondo che non è suo e … ch’è, invece, esclusivo e soltanto di Carmine.
Va a ritroso, Carmine, nella macchina del tempo per il viaggio che gli fa incontrare di nuovo, così come quand’era ragazzo, i boschi della Selva Paradina e del Surrone, dei Monti Avella e d’ Arciano, del Morricone e del Litto, i montani toponimi della verdeggiante corona naturalistica e paesaggistica che ad arco incornicia e protegge il bel territorio racchiuso tra la Valle dell’Alto Clanio e la Valle Munjanense nel dischiudersi verso la solatia Pianura nolana. E’ l’ incontro, in cui si rivede sulla scia e in compagnia del padre e dei nonni, che gli fanno conoscere e praticare i primi rudimenti e le tecniche dell’ antico e faticoso mestiere del boscaiolo. E’ la modalità di trasmissione in campo sperimentale diretto, che corre di generazione in generazione, secondo la consuetudine diffusa sul territorio per il migliore apprendimento possibile del mestiere, che fa da fulcro della filiera dei mestieri connessi con la lavorazione e trasformazione del legno, dalla falegnameria all’arredo, dalla carpenteria alla produzione degli infissi e via proseguendo. E’ il mestiere del boscaiolo, che presto Carmine fa suo e padroneggia con destrezza e sicura disinvoltura, maturando, per di più e nella prima giovinezza, straordinarie esperienze di lavoro in Calabria, nei boschi di Verbicaro, in provincia di Cosenza, una delle gemme di quel Parco nazionale del Pollino, che nella società industriale e post-industriale dei nostri giorni, non solo è tra le aree protette più vaste e meglio curate d’Italia e d’Europa, ma è anche grande attrattore per gli escursionisti e il turismo ambientale. Un attrattore che si salda al meglio con la naturalità trionfante nella Piccola e Grande Sila.
Fatto è che Carmine vive la fanciullezza in tempi sociali difficili e di poche risorse, praticando il mestiere del boscaiolo e così come fa la grande maggioranza di coetanei e coetanee, esercitando lavori e mestieri di altro genere, con generoso impegno e matura responsabilità, per “portare il pane a casa”, aiutando padri e madri nel tirare la carretta famigliare. E’ la condizione, per la quale ragazzi e ragazze, con sporadiche ed esigue eccezioni, sono costretti a rinviare a giorni migliori la frequenza della Scuola elementare statale negli unici plessi disponibili in quegli anni sul territorio, ad Avella e Baiano, finendo per apprendere nell’andar del tempo e in maniera autodidatta il canonico trittico del “far di conto, leggere e scrivere” nella Scuola della quotidiana necessità del vivere.
La seconda guerra mondiale sul versante greco- balcanico – L’armistizio di Cassibile e le peripezie della prigionia
Sorvolando su tanti elementi e altri dati di cronistoria, è bene, tuttavia, ritornare a Carmine, che ha appena trascorso pochi mesi a Corfù, quando con vaghezza e ritardi di comunicazione giunge la notizia dell’armistizio firmato l’ 8 di settembre a Cassibile, in Sicilia, erano interrotte le ostilità tra le forze militari anglo-americane, sempre più soverchianti, e le forze militari italiane al collasso. E’ la resa richiesta ed ottenuta dal governo nazionale su tutti fronti del conflitto, con l’annuncio che da Roma, via radio, ne dà il Maresciallo d’Italia, Pietro Badoglio, preceduto di qualche ora dal generale Dwigt Eisenhower, comandante in capo dello schieramento anglo-americano sul fronte europeo, che ne aveva già dato l’annuncio da Radio Tangeri.
Il racconto filmico di Tutti a casa, con Sergio Reggiani e Alberto Sordi
Muta radicalmente lo scenario di guerra; e così le forze militari italiane e quelle tedesche che da alleate, quali erano state fino a poche ore dall’annuncio dell’armistizio, occupando le terre greche con padronale arroganza e sicumera militaresca, si ritrovano d’improvviso sul fronte della reciproca diffidenza e fulminea ostilità, con lo sconcerto e lo stupore tra il drammatico e il farsesco, che Carmine rammenta per filo e segno con amara ironia. E’ l’amara, sofferta e triste ironia, di cui sono ineguagliabile e penetrante rappresentazione le pagine del film, Tutti a casa, con la regia di un autentico Maestro della Settima arte, qual è Luigi Comencini, con interpreti Sergio Reggiani, Eduardo De Filippo e Alberto Sordi che vive il ruolo del sotto-tenente del Regio esercito, Alberto Terenzi, ligio all’obbedienza e all’esecuzione piena e scrupolosa degli ordini impartitigli e che, a sua volta, impartisce con inflessibile piglio….caporalesco. E’ il magnifico Albertone che fa ri-vivere nei ragionamenti del sottotenente Terenzi lo sbandamento innescato dal Dopo–armistizio nei soldati, sotto-ufficiali ed ufficiali del Regio esercito, demoralizzati e abbandonati a se stessi per una guerra che non andava “fatta” ; una condizione, che intacca duramente gli ideali professati, tanto da sbottare, incredulo e sprovveduto con se stesso, nello strampalato convincimento che gli fa vedere tedeschi ed americani alleati tra loro e sparare contro gli italiani.
In realtà, la guerra – altro che l’agognato … Tutti a casa dell’8 settembre del ‘43– prosegue implacabile, trasformando l’Europa sempre più in terra di morte, distruzione, devastazione; ed in Grecia sono le forze militari tedesche a prendere subito il sopravvento, dettando “legge” con forza e violenza, sottoponendo i soldati italiani a dure condizioni di prigionia nei campi di concentramento allestiti soprattutto in Jugoslavia ed impegnandoli nella realizzazione delle fosse anti–carro armati, per bloccare l’avanzata delle truppe russe che,invece, procedono spedite, abbattendo ogni resistenza. Un dramma che i prigionieri italiani vivranno per venti mesi tra maltrattamenti e disagi di ogni genere, alloggiati, venti per volta, in baracche di legno in esigui spazi di pochi metri quadrati e tetti sforacchiati, in cui si dorme su tavolacci che ospitano colonie di pulci e cimici, mentre la porzione di vitto giornaliero è costituita da un chilo di pane raffermo e pochi frammenti di cavoli sottaceto, da dividere in gruppi di dieci persone. Un dramma che Carmine ricorda con commosse parole e che si conclude con le truppe tedesche allo sbando nell’intera area slavo–balcanica e l’arrivo liberatorio delle truppe russe, anche se la permanenza nei campi di concentramento durerà ancora qualche mese, ma in condizioni di vita relativamente normali, specie per il vitto. Poi, il trasferimento a Trieste – in compagnia di tanti altri commilitoni, tutti del Sud e diventati grandi amici- per il ritorno in treno a Napoli, con un faticoso tragitto che durerà oltre venti ore. Era, il febbraio del 1946.
Respira finalmente aria di casa e famiglia, Carmine, che si getta alle spalle le tante traversie patite e dalla stazione di Porta Nolana, con il treno della Circum, che procede a scartamento ridotto, rientra a Sperone, dopo due ore di viaggio; un percorso su convoglio quasi traballante, compiuto sul binario unico, che nel Terzo Millennio è ancora tale sulla Napoli–Nola–Baiano nel Terzo Millennio, fatta eccezione della tratta Saviano–Napoli, che da qualche decennio, almeno, corre sul doppio binario con tempi … di relativa normalità. E’ la vita della pace politica che riprende, ma soprattutto del lavoro, a cui Carmine si dedicherà per vari anni nella lavorazione del legno pregiato dei boschi del territorio, nella rinomata Segheria dell’imprenditore Michele D’Avanzo, ‘Nncop ‘o scarico, nelle immediate vicinanze della Stazione della Circum, Avella – Sperone. Il lavoro c’è ed è anche interessante da svolgere, ma non è remunerato al meglio. Ed ecco che si apre la via dell’emigrazione in Germania federale, con le città, borghi e villaggi tutti da ricostruire nei sistemi urbani, nelle infrastrutture e nei servizi; è la via che Carmine percorre- così come faranno centinaia di migliaia di italiani del Sud– e per oltre venti anni sarà gastarbeiter – operaio ospite– specializzato nella manutenzione delle traversine di legno che assicurano la funzionalità piena della rete ferroviaria super, rimessa in sesto nel giro di qualche anno, dopo ch’era stata distrutta dai bombardamenti a tappeto del conflitto; rete, che costituisce uno dei migliori simboli della Germania federale dei land, ai tempi di Adenauer. Un modello di servizio di pubblica rilevanza, ch’è sempre tale e potenziato al massimo nella Germania dei nostri giorni. Nella Germania degli ottimi e confortevoli servizi ferroviari, di ieri e di oggi, c’è un pezzo di vita e lavoro di Carmine Marretti, che nel 1970 nella “sua Sperone” è stato insignito della Croce di guerra, titolo di onorificenza dello Stato, con la consegna eseguita da Luigi Falco, stimato e rigoroso vigile municipale. Era sindaco Stefano Alaia, che sarà consigliere provinciale di Avellino per due cicli amministrativi.
Intanto, Carmine si appresta a compiere gli anni. Li festeggerà lunedì con il garbo e la bella lucidità mentale di sempre lunedì, in compagnia dei famigliari e degli amici.
Auguri affettuosi al ragazzo che va per il secolo con l’amore per il lavoro, i boschi e la natura.