Il Principe Filippo Massimo Lancellotti (1843-1915), Principe di Lauro e di Marzano, è tra i protagonisti de “L’ultimo gran ballo della Roma Pontificia. Ritratti e Storie familiari della Nobiltà dell’Ottocento”, il nuovo libro di Andrea Cotticelli, edito da Palombi Editori, uscito in questi giorni in tutta Italia. Filippo, ricchissimo, colto e amante dell’arte, legò il suo nome all’immane opera di restauro del Castello Lancellotti di Lauro.
Discendente della millenaria casata dei Principi Massimo ed unico erede della ricchissima famiglia dei Principi Lancellotti, il romano Principe Filippo Massimo Lancellotti (1843-1915), Principe di Lauro e di Marzano, nella seconda metà dell’Ottocento legò il proprio nome all’immane opera di ricostruzione del Castello Lancellotti di Lauro, suo feudo principale situato in Irpinia, che era stato completamente distrutto nel 1799 dall’incendio appiccato dalle truppe napoleoniche che avevano invaso il Regno di Napoli.
Per volere di Filippo, uomo colto, raffinato, amante dell’arte e con sostanze finanziarie illimitate, l’imponente maniero di famiglia venne totalmente riedificato, secondo il gusto ottocentesco, in più stili architettonici che spaziavano dal neogotico al neorinascimentale e dal neoclassico al neobarocco.
Il Castello Lancellotti risorse dalle ceneri imponente e maestoso su una roccia chiamata primo sasso sul Vallo di Lauro circondato da alte mura merlate guelfe, segno di fedeltà della famiglia al Papato, con diverse porte d’accesso tra cui il grande portale rinascimentale che dà accesso a due cortili, in uno dei quali si trova una fontana realizzata con materiali architettonici di epoca romana, il tutto ornato da un bel giardino all’italiana con piante di bosso.
Mentre al suo interno, tra le magnifiche e suggestive sale riccamente affrescate, risalta la grande Sala d’Armi, progettata per esaltare la gloria della famiglia dei Principi Lancellotti feudatari di Lauro, la quale prendeva il nome dalla numerosa collezione di lance, corazze, alabarde ed elmi del periodo medievale ed era affrescata con gli stemmi dei Lancellotti e degli Aldobrandini, quest’ultimo segno d’amore di Filippo verso la sua sposa la Principessa Elisabetta Aldobrandini, intervallati da grandi quadri che rappresentavano i possedimenti nel Lazio e in Campania dei Principi Massimo Lancellotti ed in particolare venne raffigurato l’episodio dell’incendio del Castello Lancellotti del 1799, che aveva lo scopo di mettere in risalto l’operato di Filippo come salvatore e riedificatore del Castello di Lauro e di tramandarlo ai posteri.
Dopo essere stato ricostruito, il Castello Lancellotti di Lauro venne sontuosamente inaugurato da Filippo e sua moglie Elisabetta il 25 agosto 1872, durante la Festa dei Santi Patroni del paese, con uno sfarzoso ricevimento a cui presero parte i più grandi nomi dell’aristocrazia romana e napoletana. E ancora oggi, dopo un secolo e mezzo dalla sua riedificazione, il Castello Lancellotti di Lauro, che fu il grande vanto del Principe Filippo Massimo Lancellotti, risulta essere uno dei castelli più belli della Campania, se non d’Italia.
Oltre alla figura del Principe Filippo Massimo Lancellotti, il riedificatore del Castello Lancellotti di Lauro, Andrea Cotticelli nel suo nuovo libro “L’ultimo gran ballo della Roma Pontificia. Ritratti e Storie familiari della Nobiltà dell’Ottocento”, edito da Palombi Editori, narra le storie familiari, le passioni politiche, gli amori, gli interessi economici e culturali di venti tra i maggiori esponenti della Nobiltà Romana, che parteciparono al Ballo Borghese del 1866, che fu un grande affresco storico, culturale e sociale dell’élite della seconda metà dell’Ottocento ma allo stesso tempo il canto del cigno della Roma Pontificia.
L’ULTIMO GRAN BALLO DELLA ROMA PONTIFICIA
Ritratti e Storie Familiari della Nobiltà dell’Ottocento
Il Ballo Borghese del 1866 fu un grande affresco storico, culturale e sociale dell’élite della seconda metà dell’Ottocento. Le storie familiari, le passioni politiche, gli amori, gli interessi economici e culturali dei maggiori esponenti della Nobiltà Romana che vi parteciparono avvolti in magnifici costumi sono al centro del nuovo libro di Andrea Cotticelli “L’ultimo gran ballo della Roma Pontificia”, edito da Palombi Editori, uscito in questi giorni in tutta Italia.
Nella seconda metà dell’Ottocento la stagione mondana della Roma Pontificia aveva il suo apice nel periodo del Carnevale Romano. La sera del 7 febbraio 1866 il Principe Marcantonio V Borghese e sua moglie Teresa organizzarono negli splendidi saloni di Palazzo Borghese nei pressi del Porto di Ripetta l’ultimo grande Ballo in Costume della Roma Pontificia, passato alla storia per la rilevanza dei numerosi esponenti della Nobiltà che vi presero parte e per la profusione di lusso ed eleganza, che segnò il culmine del potere e della sfarzosa mondanità dell’ultimo decennio del Papa-Re.
Gli invitati al Ballo Borghese indossavano tutti magnifici costumi, l’uno più sorprendente dell’altro sia per i riferimenti storici che per estrosità, studiati nei minimi particolari a cominciare dalla raffinatezza delle stoffe, dalla ricchezza dei gioielli e dalla ricercatezza delle acconciature. Tutti i partecipanti avevano alle spalle un glorioso passato plurisecolare e offrivano un completo spaccato dell’alta società romana, italiana e del gotha internazionale. L’elenco degli aristocratici era ovviamente dominato dalla presenza dei rappresentanti della Nobiltà Romana, che nel corso del Risorgimento si era divisa al suo interno in due distinte fazioni: la Nera fedele al Papa-Re e la Bianca favorevole all’Unità d’Italia sotto lo scettro di Casa Savoia.
Nonostante i profondi contrasti ideologici, quella sera al Ballo Borghese partecipò tutta la Nobiltà Romana, quasi a dimostrare che finché a Roma ci fosse stato il Papa-Re nulla sarebbe mutato nelle consuete abitudini della classe aristocratica, incurante delle nubi minacciose che si stavano addensando sulla Città Eterna, ambita dal Regno d’Italia per farne la sua capitale a coronamento dell’unità nazionale.