Al fine di garantire una reale inclusione a tutti gli alunni con disabilità in senso effettivo e non solo formale, è di fondamentale importanza garantirne altresì la continuità educativa dal primo giorno di scuola.
Si rammenta, nello specifico, che tutte le disposizioni normative nazionali e regionali, devono essere interpretate conformemente alla Costituzione, e dunque nel rispetto dei principi rinvenibili, a livello sovranazionale, dalla Convenzione ONU sui diritti delle Persone con disabilità, ratificata con Legge n. 18/2009 e, a livello nazionale, nei doveri di solidarietà sociale affermati ni Costituzione dagli artt. 2, 3, 38, 53.
Invero, la citata Convenzione, con particolare riferimento alle persone con disabilità, non costituisce fonte secondaria, poiché la valorizzazione della persona con disabilità come persona autonoma, e non solo come componente di un particolare nucleo familiare, è principio immanente al nostro Ordinamento, che nemmeno la pur autorevolissima attività della Corte Costituzionale può derogare. Sul punto è sufficiente ricordare che l’art. 3 della Convenzione individua come principi generali “il rispetto per la dignità intrinseca, l’autonomia individuale, compresa la libertà di compiere le proprie scelte, e l’indipendenza delle persone” con disabilità.
In tale contesto è significativo che, in relazione al diritto alla salute delle persone con disabilità, l’art. 25 stabilisca che “Gli Stati Parti adottano tutte le misure adeguate a garantire loro l’accesso a servizi di sostegno che tengano conto delle specifiche differenze di genere.
In particolare, gli Stati Parti devono:
(a) fornire alle persone con disabilità servizi sanitari gratuiti o a costi accessibili, che coprano la stessa varietà e che siano della stessa qualità dei servizi e programmi sanitari forniti alle altre persone, compresi i servizi sanitari nella sfera della salute sessuale e riproduttiva e i programmi di salute pubblica destinati alla popolazione”
Ed ancora, più nello specifico, all’art. 24 la Convenzione afferma gli stessi principi di inderogabilità per il pieno soddisfacimento dei diritti della persona con disabilità nell’educazione (“Gli Stati parte riconoscono il diritto delle persone con disabilità all’educazione.
Allo scopo di realizzare questo diritto senza discriminazioni e su una base di uguaglianza di opportunità, gli Stati parte faranno in modo che il sistema educativo preveda la loro inclusione scolastica a tutti i livelli.
Ecco, allora, che proprio in virtù della Convenzione (così come ratificata dallo Stato italiano) si impone l’adozione di regole che attuino il dovere di solidarietà nei confronti delle persone con disabilità, in linea con i principi costituzionali di uguaglianza e di tutela della dignità della persona, e che valorizzino li disabile di per sé, come soggetto autonomo, a prescindere dal contesto familiare in cui è collocato.
Per tale motivo, le norme nazionali e regionali, allorché si discuta di trattamenti indispensabili ai fini della tutela dell’inclusione scolastica e della salute della persona con disabilità, non possono porre limitazioni di carattere economico o di un vantato diritto alla mobilità alla erogazione del servizio in parola, poiché dette limitazioni, specialmente laddove irragionevoli, comporterebbero di fatto una sottrazione alla persona con disabilità degli interventi e dei servizi di cui la sua persona necessiterebbe.
Nel caso di specie, dunque, essendo stato riconosciuto in sede di GLO la figura dell’educatore ABA, la mancata o anche solo il ritardo della nomina dell’Educatore costituirebbe, una chiara condotta discriminatoria, indiretta, sanzionata dalla Legge n.67 del 2006 ed in violazione della summenzionata Convenzione.
Tale ultima norma, finalizzata alla piena attuazione del principio di parità di trattamento e delle pari opportunità nei confronti delle persone con disabilità, definisce all’art. 2 quale condotta discriminatoria, vietata e sanzionata dall’ordinamento, ogni atto o comportamento che seppure apparentemente neutri finiscano con il produrre l’effetto di mantenere una persona con disabilità in una posizione di svantaggio rispetto ad altre.
La condotta dell’amministrazione che, disapplicando i richiamati principi normativi, non appresti i sostegni necessari al diritto all’inclusione e più in generale alla salute della persona con disabilità assicurando la continuità delle figure educative di riferimento, pone la persona con disabilità in una posizione di svantaggio rispetto ai suoi compagni di classe che non vivono in condizione di disabilità, e si concretizza in una discriminazione indiretta, la cui repressione spetta al giudice ordinario.
La mancata o ritardata riassegnazione, da parte delle amministrazioni, costituisce una sostanziale contrazione del diritto fondamentale della persona con disabilità di godere di tutte le prestazioni che, essendo volte alla sua inclusione e più in generale alla sua riabilitazione, sono necessarie per porla sullo stesso piano di tutti gli altri soggetti.
Alla luce di quanto affermato noi del M.I.D. chiediamo che venga tempestivamente garantita tale assistenza.