In un vero e proprio trionfo di colori, musica e tradizione, la città di Pomigliano d’Arco ha vissuto oggi una delle sue giornate più vivaci e sentite dell’anno. Il carnevale “…se chiammava Vecienzo”, evento atteso con trepidazione da grandi e piccini, ha preso vita sin dalle prime ore del mattino, trasformando le strade e in particolare Piazza Giovanni Leone in un palcoscenico a cielo aperto dove la comunità locale ha potuto riconnettersi con le sue radici più autentiche.
Dedicato alla memoria di Vecienzo, figura emblematica delle tradizioni carnevalesche pomiglianesi, l’evento di oggi martedì grasso ha saputo incarnare lo spirito e l’anima della cultura locale, proponendo una serie di attività e spettacoli che hanno richiamato l’attenzione di una folla numerosa e partecipe. Sin dal mattino, la città si è animata al ritmo della sfilata de “I dodici mesi a cavallo”, rappresentazione allegorica del ciclo della vita e delle stagioni, con 12 cavalli e cavalieri in carne ed ossa che rappresentavano i 12 mesi dell’anno, e al suono della “Canzone di Zeza”, melodia tradizionale che ha accompagnato i balli e i canti nelle strade adornate per l’occasione.
Il cuore pulsante dell’evento è stato senza dubbio la performance di “’o Chianto a Muorto”, una rappresentazione commovente che ha rievocato antichi mestieri e tradizioni, creando un ponte generazionale capace di toccare profondamente sia i più anziani che le nuove generazioni. L’obiettivo di “…se chiammava Vecienzo”, come sottolineato dagli organizzatori, è stato quello di offrire soprattutto ai giovani la possibilità di immergersi in un passato ricco di storia e significato, promuovendo una consapevolezza culturale che va oltre il semplice divertimento.
«La collaborazione tra le numerose associazioni culturali del territorio – sottolinea Giovanni Russo, assessore alla cultura del Comune di Pomigliano d’Arco – ha dimostrato un impegno condiviso nella preservazione del patrimonio culturale pomiglianese, evidenziando l’importanza di tali iniziative per il mantenimento vivo del legame con l’identità territoriale. La decisione di concentrare l’evento in un’unica giornata non ha fatto altro che accrescere l’entusiasmo e la partecipazione del pubblico, che ha risposto presente in modo caloroso, dimostrando l’attaccamento alla propria terra e alle sue tradizioni».
«Il successo di “…se chiammava Vecienzo” – aggiunge Russo – rappresenta non solo un momento di gioia e aggregazione per la comunità di Pomigliano d’Arco ma anche un modello virtuoso di come le tradizioni possano essere veicolo di valori, di memoria e di identità collettiva. In una giornata all’insegna del ricordo e della celebrazione, Pomigliano d’Arco ha confermato la vitalità e la forza delle sue radici, offrendo una lezione di come il passato possa illuminare il presente e ispirare il futuro».