Il comune “mal di testa” (“o male e capa”), che oggi è “chic” chiamare, spesso impropriamente, “emicrania”, era un disturbo piuttosto oscuro che, proprio a causa della sua aspecificità, veniva usualmente caricato di molteplici, anche complessi e misteriosi, significati che si compendiavano nell’espressione: “malocchio” (“o maluòcchie”)
Cosa era il malocchio? Comunemente, nell’immaginario popolare, il segno di un assalto di forze malefiche scatenato da nemici o, comunque, da gente che non … amava colui che ne veniva colpito.
Tali forze negative occorreva fronteggiare e neutralizzare subito e lo si poteva fare solo mediante il tramite di una persona speciale, particolarmente dotata e sensibile ad esse: mavano/a, santone/a, medicone, fattucchiera.
Trattandosi, come detto, di forze malefiche, metafisiche, il rito liberatorio era di carattere esorcistico:
“l’officiante”, quasi sempre una femmina, teneva in mano un piatto, contenente dell’acqua limpida, e lo faceva girare lentamente sopra la testa dell’esorcizzando per tre volte.
Lo deponeva, quindi, su un tavolo e nell’acqua faceva sgocciolare il pollice di una delle sue mani, dopo di averlo intinto in una tazzina contenente olio d’oliva.
Se le gocce d’olio, cadendo, restavano –come per loro natura- compatti globuli galleggianti sull’acqua; se, cioè, “non si bagnavano” il problema non esisteva ed occorreva seguire altre strade per far cessare il disturbo (magari interpellare veramente un … medico).
Se, invece, l’olio si spandeva per tutta la superficie dell’acqua contenuta nel piatto allora non c’erano dubbi: lo sventurato era certamente vittima del malocchio ed occorreva ripetere la “liturgia”, mattino, mezzogiorno e sera, per tre tornate.
Con lo stesso pollice intinto nell’olio la santona faceva tre croci sulla fronte del maleficiato pronunziando la formula:
Uocchio e maluocchio
Perticiello* all’uocchio (* per alcuni “ficuciello)
Cecano e nnemmice
E schiattano e maluocchie.
Una liturgia che, per convinzione popolare, assicurava la guarigione.
‘A stuppata, il pronto soccorso ortopedico.
Un ricordo d’infanzia. Ancora ragazzo, alla fine degli anni ‘50, mi procurai una frattura al dito indice della mano. Fui subito indirizzato da “Nicola ‘o Massaro”, noto ed apprezzato guaritore di ogni tipo di frattura, lussazione ed accidenti vari alle ossa: la sua casa in via S. Giacomo, era uno specie di Pronto Soccorso, sempre attivo ed in servizio. Con le sue esperte mani palpeggiò quella fratturata e, dopo breve visita, sentenziò: “è necessario un ciclo di “stoppate”. Una conclusione certa, che non ammetteva dubbi o repliche. “Vieni ogni mattina e porta due uova fresche”. Occorre precisare che la “stoppata” consisteva in del cascame di canapa intriso di chiaro di uova di gallina, fornite dal paziente. Con quel singolare impiastro veniva avvolta la parte offesa e dolente per alcuni giorni. All’epoca tutti erano convinti della bontà di tali rimedi e questa convinzione “ambientale” persuase anche il candido ragazzo, ancorché scettico. Un rimedio naturale ma che, ahimé, si rivelò poco efficace.
(E’ superfluo precisare che nell’onorario, spesso popolare oppure gratuito, erano compresi anche i tuorli, consumati all’istante od in secondo momento)
Le medicine naturali che non avevano bisogni di prescrizione.
Il “governo degli animali” era una delle attività più assorbenti del nostro contadino “tipo” ed in special modo delle donne e degli adolescenti. Per animali intendiamo le galline ed i gallinacei in genere, la pecora, il maiale, l’asino, la giumenta, la vacca. Particolare era la cura dell’alimentazione, specie della vacche. Il loro pastone era costituito da componenti scelti e genuini. Tra essi grande importanza avevano le foglie di pioppo. I nostri vecchi contadini asseriscono che quando mangiavano le foglie di pioppo le vacche producevano degli escrementi ….profumati (sic) e dalle proprietà singolari di cui vogliamo fare esempio: se uno aveva una ferita e voleva accelerarne la cicatrizzazione non doveva far altro che prelevare da terra, dopo che il suolo ne aveva assorbito gli umori eccedenti, una “fatta” di vacca (di quelle profumate, appunto) in tutta la sua “maestosità” e poggiarvela sopra ancora calda. L’effetto era rapido e sicuro. Altrettanto dicasi per le scottature. Una signora ci ha assicurato, inoltre, che quella materia prima di cui ci stiamo occupando veniva anche fatta asciugare al sole o sulla bocca di un forno caldo e, ridotta in polvere, veniva impiegata come oggi, parole della signora, “a pòvera e penicillina).