La questione della funzione di rieducazione della pena insieme a quella dei trattamenti rispettosi della dignità dei detenuti, è tornata fortemente alla ribalta come argomento principale della politica è del mondo istituzionale. I troppi episodi in carcere di violenza, di suicidi di persone condannate ovvero in attesa di giudizio definitivo, hanno di nuovo accesso l’attenzione degli addetti ai lavori sulla condizione di vita dei detenuti, sui percorsi rieducativi finalizzati al loro inserimento della società una volta scontata la pena. Il decreto del Governo , diventato legge qualche giorno fa, è un primo segnale per risolvere i problemi che si vivono quotidianamente all’interno degli istituti penitenziali , anche se nulla o poco prevede in merito ai progetti rieducativi dei condannati, ma con la previsione di nuovo organico, soprattutto di agenti penitenziari, il coinvolgimento dei medici del SSN all’interno degli istituti penitenziali, la possibilità per i detenuti di avere maggiori colloqui telefonici, l’introduzione del nuovo reato di indebita destinazione di denaro o cose mobili con la pubblica amministrazione, norme sulla liberazione anticipata e norme specifiche sulla detenzione domiciliare per gli over 70 e detenuti con gravi problemi di salute.
Questi i punti salienti della normativa appena approvata, con i quali si interviene.
Sulla bontà dei contenuti della normativa de qua è prematuro dare un giudizio, sia positivo che negativo, ma è certamente un inizio per mantenere alta l’attenzione sui diritti dei detenuti e sulla funzione della pena, sia nel suo momento ” afflittivo ” e punitivo ma soprattutto in quello della rieducazione e della preparazione del reo, una volta espiata la pena , all’effettivo reinserimento nella società attraverso la piena accettazione della legalità quale regola di condotta dei comportamenti umani.
Pertanto, la funzione rieducativa della pena è il divieto di trattamenti inumani e degradanti , come la Costituzione prevede all’art. 27, devono sempre presiedere ogni riforma in materia carceraria per consentire, citando Aldo Moro , la rieducazione morale e civile del condannato, in quanto il carcere non deve solo essere un luogo di afflizione, di sola e pura punizione ed espiazione della pena, ma soprattutto un luogo di recupero umano, sociale e morale del condannato, non basta dunque il ripristino dell’ordine giuridico violato attraverso la irrogazione della sanzione quale elemento qualificante del diritto penale.
E ogni riforma, soprattutto nella materia in argomento, deve avere come stella polare e guida la Costituzione italiana e i suoi principi, ricordando sempre che il nostro Stato democratico si basa essenzialmente sul riconoscimento della dignità umana di ogni persona.
Dott. Marco Grossi
Studioso di diritto costituzionale e diritto civile.