Nei primi anni Sessanta Hollywood smette di credere nel genere western: sul totale di film prodotti si passa dal 34% del 1950 al solo 9% del 1963. In termini assoluti da 150 a 15. E in quei pochi la sensazione era di una certa stanchezza nei confronti di un genere oramai pieno.
Il Vecchio Continente, instancabile amante del western, di fronte alla scarsità delle produzioni hollywoodiane, cominciò a realizzarne in proprio, rivitalizzando e incontrando una domanda reale per un genere che era ormai considerato saturo.
La Germania aveva una lunga tradizione di produzione autonome sul selvaggio West, mentre in Spagna esisteva un sistema di produzioni western, costituitosi per i film di Zorro, già dagli Quaranta. Ma, intorno alla prima metà degli anni Sessanta, l’Italia, e Roma in particolare, divenne il centro mondiale della produzione di western.
Il 1964 è il vero spartiacque. Con il successo di “Per un pugno di dollari” nascono ufficialmente gli Spaghetti Western.
Prodotti ibridi, a metà strada tra l’epica statunitense e le esigenze nazionali. Personaggi sottoposti ad angherie combattute, non solo con la forza dei propri muscoli, ma con astuzia e scaltrezza. Azioni che culminano in espressioni di cruda violenza per tenere ferma l’attenzione dello spettatore, un utilizzo retorico della cinepresa per dilatare il tempo e comprimere lo spazio, immense partiture musicali ed effetti d’eco. E poi interludi corali, rese eccessive dei suoni naturali, solenni attacchi di tromba e maestosi boleri.
Tra il 1966 e il 1972 l’industria cinematografica italiana diviene la maggiore esportatrice di girati a tema western. In 7 anni sono 352.
Eppure un problema c’era: fatto il cinema bisogna fare gli attori. In piena Dolce Vita, via Veneto venne idealmente invasa da pistole fumanti.
È in questo clima che un aristocratico attore teatrale shakespeariano smette i panni Amleto per Django.
“C’era una volta a Roma” è un romanzo ispirato alle vicende artistiche e familiari di Anthony Steffen, al secolo Antonio de Teffé von Hoonholtz, che, tra gli anni Sessanta e Settanta, fu protagonista di 27 film western. Da “Django il bastardo” a “Pochi dollari per Django”, da “Sette Dollari sul Rosso” a “Un treno per Durango”.
Domenica 8 settembre, nell’ambito della IIIª edizione di “Spaghetti Western Pietrastornina”, Manuel De Teffé, figlio di Anthony Steffen, presenterà il suo romanzo edito da Ecuba – Readaction Editrice Roma.
Il racconto di un’epoca, in cui emerge l’umanità e la professionalità di uno dei più grandi attori del genere degli Spaghetti Western. Premiato, lo scorso 8 dicembre, a Westminster con il Bond Street Award, “C’era una volta a Roma” è a tutti gli effetti un romanzo entusiasmante eppure realistico di quella che fu a tutti gli effetti una rivoluzione del cinema italiano.
Insieme, attraverso le sue parole, ricorderemo suo padre, catapultandoci nella Roma del 1965, quando la Dolce Vita si tinse di West.