80 anni di “micro storia” che continua, innestata nelle attività di piccola impresa a gestione famigliare, interamente dedita alla scuola, alla stamperia e al mondo dei libri
di Gianni Amodeo- Fotoservizio di Carlo Melissa
Segnacoli vigorosi di libertà mai prima ed inesauribili fonti ispiratrici di pubblico discorso, a far da linfa della civile convivenza -, ancorata ai principi dell’ uguaglianza, sia per la salvaguardia dei diritti da affermare e rivendicare, sia per l’esercizio dei doveri da assolvere nella prospettiva del progresso economico- produttivo nel quadro della più generale evoluzione cuturale della società,- è ben certo che i giornali abbiano decisamente concorso, con ricchezza di argomentazioni e variegata gamma nei linguaggi grafici, allo sviluppo dell’ alfabetizzazione della giovane democrazia nella società italiana. Un percorso intrapreso con ferma risolutezza all’indomani della fine della seconda guerra mondiale, nell’ Europa devastata e ridotta in macerie dai bombardamenti, tutta da ricostruire nei piccole come nelle grandi città, alimentando la fioritura delle speranze e dell’amore verso la vita per una società che fosse la più umana e giusta possibile, correlandosi all’innovazione dei costumi e degli stili civili. Un concorso partecipativo diventato sempre più crescente, convinto e intenso nel corso degli anni, confermando la ricorrente attualità del noto precetto di Wilelm Hegel, il sommo pensatore della dialettica idealista, per il quale la lettura del giornale rappresenta per l’uomo della modernità l’irrinunciabile e doverosa preghiera laica del mattino … quasi trasfigurandola in immaginaria finestra, da cui affacciarsi, per osservare le cose del mondo e degli esseri umani, con le loro egoistiche conflittualità , narcisistiche baruffe e impettiti azzardi forieri di pericoli e insidie al socievole comun vivere, innescando guerre e rincorrendo il conseguimento del potere– per– il potere. Una finestra di larga e lunga visuale, vien da dire, per stare al passo dei giorni correnti. E per il filosofo dell’ idealismo, il riferimento alla preghiera laica era in stretta corrispondenza con il ruolo dell’informazione esaustiva e aperta, il cui approccio interpella e coinvolge la diretta responsabilità di tutte e tutti indistintamente nell’adempiere i principi della cittadinanza attiva cosciente e solidale. Una condivisione funzionale a quel patto sociale che costituisce il primario impulso allo sviluppo dell’ umano incivilimento, con l’eloquente ed esemplare testimonianza che si ritrova, tanto per dire, nella prassi della democrazia, quale fu vissuta e plasmata nell’Atene dell’agorà e delle assemblee elettive, dispiegando l’apice di sé nel buon governo di Pericle. Era la Grecia della classicità, in cui letteratura, filosofia, scienza, teatro, tecnica e tecnologia, belle arti -, rapportandosi in aperto e fecondo confronto con gli esiti delle ricerche cognitive dello scientismo puro e i paradigmi del sensismo materialista, peculiari della cultura araba,- erano di costante appannaggio del pensare e del sentire diffuso nella Polis per antonomasia, culla di pace.
Una funzione propulsiva e di progresso, quella assolta dai giornali, intesi in senso lato, veicolando il pluralismo delle idee e delle visioni– di– mondo, potenziato, dilatato ed evoluto nel corso degli anni,- al di là delle tirature nazionali e regionali che fossero,- dall’articolato e rigoglioso contesto di riviste settimanali, dedicate agli approfondimenti sugli assetti socio-politici, con cui in Europa si veniva strutturando e attuando il sistema bi–polare Usa – Urss, delineato a Yalta, con riflessi sulla politiche nazionali, focalizzati in fecondi dibattiti, frutto di analisi acute e tanta volontà di conoscenza. Ed erano i riverberi, ancorati a binarie ed irreversibili scelte di campo, con matrice di democrazia libera e repubblicana filo–atlantica e occidentale o con matrice di democrazia sovietizzata, monopartitica sotto le insegne del Pcus; scelte, che, una volta definite, si sono protratte per poco più di 40 anni, con l’epilogo nell’implosione dell’assetto sovietico per intrinseche e strutturali contraddizioni di sistema, degradate irreparabilmente nel socialismo totalitario e rese esplicite dall’iconica simbologia del crollo del Muro di Berlino, nel 1989. Senza dire, restando nell’orbita- giornali, della fioritura, pur generosa ed effervescente della stampa periodica e di partito a dimensione locale, dal Nord al Sud …
L’alfabetizzazione della democrazia, consolidata e irrobustita dalla stampa, e, ancor più, la primaria e basilare funzione della Scuola, secondo il dettato costituzionale, con l’innovativo approdo all’istituzione della Scuola media dell’ obbligo negli anni ‘60, hanno segnato il punto di svolta e di progressiva evoluzione nella sociale convivenza. Un punto di svolta, connotato alla meglio tra gli anni ’50 e ‘60 del secolo scorso dall’avvento del Televisione pubblica, con gli straordinari programmi di istruzione e divulgazione, tra i quali,- Non è mai troppo tardi, ha fatto epoca e storia culturale in assoluto,- destinati a tutte le fasce d’ utenza, realizzati con disinvolta spigliatezza e assoluta padronanza comunicativa da Alberto Manzi. Erano godibili programmi di larga popolarità, che coinvolgevano donne e uomini d’ età adulta, privilegiando la ferma e risoluta volontà nell’affrancarsi dalla schiavitù dell’ analfabetismo, loro malgrado. Una condizione, che pativano e vivevano con disagio, ma soprattutto con umiliazione e di cui provavano vergogna, rendendo onore compiuto al personale senso del pudore, ravvivato dalla tenacia nell’apprendere a leggere, scrivere e far di conto…
Era la Buona, onesta ed operosa Italia dell’economia agro- pastorale e rurale, ancora dominata, specie nel Sud, dal padronato latifondista che sfruttava e vessava il mondo contadino, fatto da donne e uomini che vivevano lo stato di braccianti e fittavoli per retaggi familiari che si trasmettevano di generazione in generazione, inalterati e inamovibili nel tempo. Era la Buona, onesta ed operosa Italia, che si liberava dall’ analfabetismo che per secoli nel Sud, oltre che nel Nord, era stata autentica ed estesa piaga sociale, mai contrastata né prevenuta dai ceti dominanti della feudalità e del clero del potere, fino a interessare tra il ‘ 70 e l’ 80 %% delle comunità, segnatamente delle aree interne. Una grande battaglia socio– politica vinta, quella dell’ emancipazione dall’ analfabetismo, che attestava, nel stesso tempo, il consolidarsi della Repubblica e delle sue istituzioni, convalidando i postulati della democrazia liberale e delle istanze del riformismo socialista, nel fecondo rapporto con i valori del cristianesimo …
E’ lo scenario, quello prospettato per sommi capi e certamente incompleto, in cui si collocano le case dei giornali, le comuni edicole, spesso elementi di piacevole arredo architettonico e decoro urbano tra fine ‘800 e i primi decenni del ‘900, specie nelle piazze del grandi e medie città, oltre che magnifiche e seducenti attrattive delle stazioni ferroviarie sulle tratte di lunga percorrenza. Sono le edicole, che 80 anni fa, proprio agli albori della democrazia repubblicana, hanno esercitato la loro attiva presenza anche in piazze delle piccole comunità cittadine, in comuni locali, semplici gazebo o confortevoli chioschi. Un quadro, che nel contesto intercomunale dell’ Unione della Valle dell’ Alto Clanio, ha avuto il frenetico start con il referendum istituzionale del giugno del ’46, contrassegnato, per la prima volta, dall’esercizio del diritto di voto universale e della parità di genere, il vero atto di nascita della democrazia sostanziale. Una storia piccola in sé, ma grande per la ricaduta in positivo nella dimensione socio – territoriale, di cui per oltre venti anni si rese ammirevole artefice e protagonista ‘On Peppe ‘o napulitano, al secolo Giuseppe Russo, generalità per nulla insolite nella corposa pletora di analoghi identikit disseminati nella vasta anagrafe partenopea.
Poco più che quarantenne, con giacca e cravatta inappuntabili, l’immancabile e sempre identico cappello a falda larga, forse un Borsalino di amorevole e lungo uso, ‘On Peppe,- tra il ’46 e il ’48, l’anno delle “politiche” del 18 aprile, con la maggioranza assoluta conferita alla Democrazia cristiana, segnando la volontà popolare per la grande opzione filo–occidentale e filo– statunitense, che allineava l’ Italia tra le democrazie repubblicane e liberali,- decise si attivare l’edicola, ad un tiro di schioppo della stazione terminale della Circum della storica tratta Napoli – Nola – Baiano. Era la prima ed unica edicola, a far da pendant tra Avellino e Nola, con i correlati comprensori intercomunali, seguendo la Strada statale della 7–bis per oltre 20 chilometri. Ed era allocata nei vani terranei della famiglia Ruberto, operosa famiglia di lavoratori, impegnati nell’ edilizia, alla cui impresa si deve tra gli anni ’50 e ’60 la costruzione del primo palazzo dell’ accogliente complesso residenziale- Litto, all’imbocco di via Giuseppe Lippiello sull’asse Baiano – Avella. Un intervento, che fu coordinato e diretto da Giovanni Ruberto, giovane ed ingegnoso capo- mastro, prematuramente scomparso e sempre vivo nei ricordi di chi scrive queste righe, a cui era legato da profonda amicizia, al di là dell’appartenenza alla stessa generazione e della passione per lo sport, del calcio in particolare, con predilezione per i nero– bianco stellati della Primavera Baiano.
L’edicola apriva i battenti tra le ore 5, 00 \ 5, 15 e sul banco erano già in mostra oltre cento copie de Il Mattino e del Roma, con fornitura assicurata direttamente proprio da ‘on Peppe, che giungeva regolarmente con il primo treno proveniente da Napoli alle ore 4,14. Era l’orario di partenza per il primo convoglio pluri – vetture, su cui viaggiavano operaie ed operai che si recavano a lavoro nelle fabbriche e negli opifici, a Cicciano, Nola, Saviano, Marigliano, Pomigliano d’ Arco, Casalnuovo, San Giovanni a Teduccio, Napoli. Era una straordinaria forza–lavoro per migliaia di persone, in continui cambi di stazione in stazione per le più diversificate attività produttive, artigianali e piccole imprese secondo le esigenze territoriali, e sempre a carico pieno. E fino alle ore 8, 14, i convogli di lavoratrici e lavoratori in partenza dalla terminale di piazza Mercato \ IV Novembre, almeno fino agli anni ’70, sono stati cinque \ sei, mediamente.
Di certo, un’oggettiva condizione di favore per l‘edicola ‘e ‘on Peppe che già alle ore 6,00 poteva ampliare la quotidiana offerta di giornali, grazie ai corrieri, dotati di potenti auto, provenienti da Roma, che garantivano le forniture di tutte le testate pubblicate a Milano, Bologna e Roma. Erano corrieri di guida esperta e sicura che facevano sosta a piazza Mercato, prima di raggiungere Avellino con altre forniture da consegnare.
Una bella realtà, quella costruita da ‘on Peppe, arricchita da riviste e fumetti che andavano a … ruba, così come ogni giorno, fino a metà degli anni ’80, si smaltivano le intere forniture di giornali, in primis Mattino e Roma, a seguire Corriere della Sera, Tempo, Messaggero, Corriere dello Sport, lo Sport, Sport Sud, L‘ Unità, Il Giorno e via seguendo. Una realtà al servizio del territorio. E sulla scia ‘e ‘on Peppe, altri gestori hanno rinvigorito la funzione dell’ edicola, dall’eclettica Katia Alaia a don Antonio Conte, per approdare alla gestione di Tonino Colarusso, che ne aveva potenziato in modo particolare il servizio-libri.
Poi, è arrivata l’estinzione delle edicole, implacabile e inesorabile, sotto gli effetti del web e delle piattaforme on line a flusso informativo costante nella società mondializzata, quasi … annullando la funzione dei giornali, specie se non si evolvono in qualità e credibilità. E di suo un altro colpo … ad estinguere, già era stato infero dalla pandemia del Coronavirus–19. Una condizione che ha investito l’ edicola ‘e ‘on Peppe. Ed è lodevole l’impegno, per restituirle vita e ruolo, di cui si fa carico Annarita Giro, giovane imprenditrice che gestisce la rinomata Stamperia Masi, a Sperone. Una decisione di coraggio e intraprendenza, per la quale l’ edicola di piazza Mercato si colloca nelle filiere di altre attività destinate alla scuola. Il tutto in gestione famigliare, con l’attiva partecipazione dei figli di Annarita, Fernando e Mattia Masi, e della sorella Adele Giro.