Baiano. Forum all’ Incontro, con Antonio Caccavale e Giuseppe Macario

Baiano. Forum all’ Incontro, con Antonio Caccavale e Giuseppe Macario

Cooperazione internazionale e libertà nella pace: il monito della storia del900 e la visione della contemporaneità geopolitica nel discorso che il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha rivolto alle studentesse e agli studenti dellUniversità di Marsiglia, in coincidenza con la cerimonia di onorificenza per la  laurea honoris causa di Dottore in Scienze giuridiche e politiche che Gli è stata conferita  il 5 febbraio scorso.

Gianni Amodeo

 

Una proficua opportunità di riflessione, per quanto labile e precaria possa risultare e sia, ma anche senza alcuna esaustiva ed esauriente pretesa conoscitiva nel rispecchiare eventi, che evolvono in veloce divenire con tutte le apparenze di sfilacciati fotogrammi di realtà destinati alla rapida dissolvenza, quasi annullandosi tra le mille contraddizioni, così come lievitano nella giostra della propaganda ideologizzata e delle fake news, invadendo i circuiti televisivi e i social. Una fluida evanescenza, che,  però, non vanifica dati di certezza netti e inconfondibili come quelli che ormai da tre anni si caricano della violenza distruttiva della guerra d’aggressione condotta  dalla Federazione russa contro lUcraina.

E sono scie di sangue sempre più copiose e lunghe, quelle lasciate, che, in tutt’uno con devastazioni senza fine, per se stesse già segnano il punto di svolta dincidenza e condizionamento sulle dinamiche della globalizzazione, così come si sono venute dispiegando nellarco degli ultimi trenta anni. Un punto  di svolta nel prefigurare scenari prossimi futuri, che, allo stato attuale, si prospettano con molteplici e per nulla rassicuranti incognite rispetto  a più versanti del sistemamondo, a cui lOccidente deve Settanta anni di Pace, con significativo risalto di progresso nei contesti delle democrazie liberali e parlamentari ancorate, tanto per fare menzione soltanto di alcuni pilastri fondativi, nel multiculturalismo e nel diritto internazionale di matrice umanitaria. E sono i contesti, che, dal45  con la Pace di Yalta, hanno saldato lEuropa settentrionale e lEuropa mediterranea agli Stati Uniti dAmerica nella convergenza delle strategie geopolitiche d

In questo quadro si colloca il Forum promosso ed animato dall’Incontro, nella sede sociale di via Luigi Napolitano, per la rivisitazione dei temi e dei contenuti del discorso,che sviluppò il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, soffermandosi sulla natura della guerra  della Federazione russa contro lUcraina. Una natura di fatto strutturalmente predatoria, rendendo assimilabile la Federazione russa di Putin al Terzo Reich della Germania hitleriana. Due percorsi di analisi complementari, quelli del Forum, proposti con la coordinazione di Carlo Melissa, e tratteggiati dal professore Antonio Caccavale, cultore di storia locale e collaboratore di testate giornalistiche on line, e dall’avvocato Giuseppe Macario, perspicace conoscitore di storia delle legislazioni internazionali e di diritto pubblico. Dell’intervento  del professore Caccavale si pubblica un estratto,- con riserva di fornire la pubblicazione del correlato testo integrale – incentrato sul Trattato italofrancese del 2021, con specifica evidenza per la visione di Mario Draghi nel disegnare il ruolo  dell’Europa comunitaria. Dell’intervento dell’avvocato Macario si pubblica il testo nella sua integralità, in cui articola i punti salienti del discorso di Mattarella  con un penetrante approccio storico-politico, approdando all’auspicio della formazione dello Stato Unico Europeo.

 

FranciaItalia,cooperazione rafforzata: modello  per lEuropa da costruire 

Rilievo forte e particolare nell’incipit del suo intervento, il professore Antonio Caccavale dedicava alla riflessione del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella,in ordine al Trattato tra la Repubblica italiana e la Repubblica francese per una cooperazione bilaterale rafforzata. E’ il Trattato sottoscritto a Roma il 26 novembre 2021, che pone l’accento sulla necessità di una sempre più stretta cooperazione tra i due Paesi in merito ad alcune grandi questioni come

  • lo sforzo comune per concorrere a costruire un’Europa democratica per lo sviluppo dell’autonomia strategica europea.
  • l’impegno volto a favorire un’ambiziosa politica industriale europea orientata alla competitività globale e alla doppia transizione digitale ed ecologica dell’economia europea
  • una cooperazione bilaterale ai fini della costruzione dell’Europa dello spazio e dell’utilizzo dello spazio extra-atmosferico a fini pacifici.
  • Il ruolo fondamentale della ricerca e all’innovazione nelle relazioni bilaterali e nel progetto comune europeo
  • nella centralità del rafforzamento del sentimento di appartenenza comune all’Unione europea.

Caccavale  evidenziava come, in realtà, il Trattato, funzionale a determinare e a suscitare tutte le condizioni possibili e strumentali per una cooperazione bilaterale rafforzata tra Francia e Italia, sia non solo del tutto proiettato nella visione di un’ Europa più unita e integrata, ma anche più strategicamente autonoma in una molteplicità di campi. Un Trattato bilaterale che, più che un accordo stipulato tra due Stati che vogliano raggiungere un determinato fine nell’interesse esclusivo di entrambi, somiglia molto ad un manifesto di intenti rivolto all’entità più ampia di cui essi fanno parte; un documento che sollecita l’Unione europea ad impegnarsi a rafforzare la cooperazione e l’integrazione tra tutti i Paesi membri

Per sottolineare il forte, convinto e costante europeismo di Mattarella, il professore Caccavale  ricordava, con specifica citazione, le affermazioni, con cui il Presidente  concluse il suo intervento in occasione della Festa dellEuropa, nel 2017; affermazioni, per le quali … “Solo la scelta europea, oggi come negli Anni Cinquanta, può consentire al nostro continente di garantire le esigenze di sviluppo e di prosperità dei suoi cittadini e, allo stesso tempo, la possibilità di affermare i valori, le identità, gli interessi dei nostri popoli sulla scena internazionale.

E, per sottolineare l’urgenza, con cui occorre procedere verso la scelta europea ed europeista la più decisa possibile, Caccavale citava le parole pronunciate da Mario Draghi, meno di un mese fa, quando, illustrando il senso e gli obiettivi del suo Rapporto sulla Competitività, ha lanciato un vero e proprio allarme che non lascia spazio a equivoci: l’Europa è destinata a restare sola ed è per questo che deve agire, subito, come fosse un unico Stato. È successo troppo spesso, aveva anche detto Draghi in quella circostanza, che “l’Ue si è comportata come il principale nemico di se stessa”. Oggi non può più esserlo. Il mondo “confortevole” di qualche tempo fa è finito, le dichiarazioni che arrivano da oltreoceano portano a prevedere che l’Ue, presto “dovrà garantire da sola la sicurezza dell’Ucraina e della stessa Europa“.

In un passaggio della sua analisi, soffermandosi sulle difficoltà con cui, fin dalla sua nascita, ha dovuto misurarsi l’ ONU, l’autore del romanzo, Il paese di don Riffò, sottolineava i condizionamenti esercitati in ragione del cosiddetto diritto di veto, di cui dal 1945 ad oggi si sono avvalsi i Paesi membri permanenti del Consiglio di sicurezza, pregiudicando la possibilità dell’ ONU di esercitare fino in fondo il proprio ruolo in materia di risoluzione pacifica delle controversie internazionali. Il relatore ha, poi, spiegato che il diritto di veto fu preteso dagli Stati Uniti dAmerica, che alla Conferenza di Dumbarton Oaks (agosto-ottobre 1944), che gettò le basi della nascita dell’ONU, gli Stati Uniti, subordinarono la propria adesione alla possibilità di opporsi e impedire l’approvazione di risoluzioni non gradite al governo americano. E così quella ferma presa di posizione degli Stati Uniti si tradusse nella stesura dell’articolo 27 della Carta delle Nazioni Unite.

A conclusione del suo intervento,  Antonio Caccavale richiamava le parole con cui Mattarella si è rivolto agli studenti e alle studentesse a cui ha ricordato:

  • che il futuro del pianeta passa dalla capacità di plasmare l’ordine internazionale perché sia a servizio della persona umana
  • che le scelte di multilateralismo e solidarietà di oggi determineranno la qualità del loro domani
  • che bisogna evitare di ripetere gli errori del passato
  • che soltanto insieme, come comunità globale, si può sperare di costruire un avvenire prospero, ispirato a equità e stabilità

ed ha auspicato che di queste cose si parli molto di più nelle scuole, facendo leggere e assimilare agli studenti i contenuti, oltre che della nostra Costituzione, dei Trattati internazionali più importanti, della Carta delle Nazioni Unite e della Dichiarazione Universale dei diritti umani.

 

                        Lo Stato Unico Europeo e i conflitti espansionistici

L’intervento del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella del 5 febbraio scorso, in Marsiglia, ha avuto, come spesso accade per gli interventi del nostro Presidente, sempre mirati e misurati, un notevole eco sia nazionale che internazionale. Come spesso accade, tuttavia, i commenti, sia quelli positivi che quelli negativi, hanno trasceso il messaggio del Presidente, finendo con l’arenarsi nel pettegolezzo piuttosto che aprirsi al vasto mare di riflessioni che una seria discussione è chiamata a fare.

Vi è persino chi ha sentito il dovere – e con un’eccessiva autostima si è riconosciuto il potere – di presentare formali scuse alla Federazione russa, gravemente offesa da un presunto paragone al Terzo Reich.

Aspetti assolutamente marginali, comunque, rispetto il valore del messaggio presidenziale. Una doverosa premessa: quella che qui si presenta è certamente una lettura personale.

 

Un’analisi corretta del significato del testo del Presidente Mattarella credo che passi necessariamente attraverso la risposta di tre quesiti: il dove, il cosa e il chi

Il dove: siamo alla cerimonia del conferimento della laurea honoris causa al Presidente Mattarella per opera dellUniversità di diritto e scienze politiche di AixMarseille, tra le più importanti al mondo per lo studio del Diritto Internazionale. Lo stesso Mattarella ricorda infatti come, tra gli esponenti di questa università, vi sono giuristi del calibro di Cassin, coautore della dichiarazione universale dei diritti dell’uomo.

          Il cosa è chiaramente una Lectio magistralis,incentrata su L’ordre international entre règles, coopération, compétition et nouveaux expansionnismes. Si tratta cioè di una lezione sullo stato dell’arte, in tema di diritto e di ordine internazionale con particolare attenzione al ruolo dell’ Europa, anche alla luce dei nuovi conflitti espansionistici. Ciò su cui bisogna fare attenzione è nell’individuare il chi. Ed è il Mattarella, decano professore di Diritto Pubblico. Il discorso di Mattarella, quindi, è il discorso di uno studioso destinato sia alla platea, ma in generale al complesso dei giovani cultori della materia. È anche l’intervento, però, del Presidente della Repubblica,non esente da un connotato politico istituzionale. Mattarella, come sempre vigile sui limiti costituzionali del suo mandato, lascia che quelle valutazioni politiche siano un sottofondo al proprio discorso, spesso racchiudendole in passaggi brevi, ma allo stesso tempo, carichi di significato.

          Ma cè anche un terzo livello di lettura, quello che Mattarella prospetta: è il livello dell’analista geopolitico, con il quale Mattarella, liberando la narrazione da alcuni limiti di forma, descrive con cinica sincerità l’evoluzione dei rapporti di forza tra gli Stati e le possibilità con cui lEuropa possa uscire da quello stato di impasse qual è ancora il retaggio della Guerra Fredda.

          La storia, dice Mattarella, non è destinata a ripetersi pedissequamente.

È una definizione che immediatamente ha colpito la mia attenzione di lettore. Questa semplice frase non è semplice e non può essere causale. Essa certamente nelle intenzioni di Mattarella costituisce una sinossi dell’intero intervento. Un modo, da parte del Presidente, di ricordare ai diversi destinatari del suo discorso che non bisogna mai arrendersi allo status quo, ma che ci sono sempre margini per “intervenire” in qualsiasi situazione. Personalmente, però, in quella frase vedo anche una rivendicazione culturale del Mattarella, figlio del più convinto europeismo.

Cosi formulata, infatti, non può richiamare alla mente quel concetto di ciclicità della storia che trova le origine con la cultura ellenica e, attraverso personaggi come Giambattista Vico, raggiunge i giorni nostri.

 Una visione ciclica cui si è opposta la visione lineare della storia, che si fonda invece nel pensiero cristiano. Non a caso l’altro pilastro della cultura europea. Chi parla è figlio della cultura europea, fieramente figlio, e quella cultura, summa delle sue fondamenta filosofiche, insegna che, di fronte alla ciclicità della storia, l’atto di fede ci consente di spezzare la catena di eventi: che sia fede nel Dio o che sia, come nel caso de quo, fede nelle proprie convinzioni sul diritto, sulla libertà dell’uomo e dei popoli, sulla democrazia. La convinzione nei fondamenti del pensiero europeo è alla base del processo di consolidamento dell’ordine internazionale. Questo, infatti, come tutti i contratti sociali e le strutture politiche, ribadisce la propria funzione, conferma la propria stabilità, se alimentato con impegno, sviluppando capacità di ascolto e adattamento, nonché cooperazione rispetto ai fenomeni che si presentano.

          Fu la perdita di fiducia in quei valori che portò, per Mattarella, allo scoppio della Seconda guerra mondiale. Fattori che oggi sembrano riproporsi con tutto il loro carico di paure. Già alla fine della Prima guerra mondiale, gli Stati vincitori cercarono di creare le condizioni, affinché il dramma della guerra non si dovesse ripetere, attraverso la costituzione della Società delle Nazioni. Un organismo sovranazionale che con i suoi interventi – e con il potere riconosciutogli dagli stessi Stati appartenenti – risolvesse sul sorgere diatribe atte a provocare il nefasto esito di una guerra. Il tutto in uno spirito di riconoscimento ed adesione globale. Tuttavia, il progetto Società delle Nazioni venne ben presto a fallire, messo in discussione dal verificarsi di quelle stesse condizioni che porteranno allo scoppio della Seconda guerra mondiale.

Dapprima la crisi economica del 1929, la prima vera crisi finanziaria mondiale che mise in ginocchio tutte le economie industrializzate nel mondo. Nata come crisi finanziaria, si trasformò in crisi economica industriale, con milioni di persone ridotte allo stato di povertà. La risposta degli Stati fu univoca: si chiusero nel protezionismo con l’aumento dei dazi doganali e l’interruzione, quindi di tutti rapporti commerciali fra gli Stati. Già qui i primi Stati, anche tra quelli fondatori, iniziarono a staccarsi dalla Società delle Nazioni – tra cui l’Italia. Sul piano interno, povertà e paura nel futuro, a loro volta, crearono uno stato di sfiducia totale nelle istituzioni, in particolar modo quelle democratiche, cui corrispose l’ascesa di movimenti nazionalistici come il fascismo, in Italia, ed il nazionalsocialismo, in Germania. In questo clima ci furono le prime, timide, guerre di espansione del Terzo Reich.

A fronte di queste la risposta non venne dalla Società delle Nazioni, oramai depauperata di ogni potere, ma dalla diplomazia degli Stati vincitori, che si ersero a giudici unici del bene internazionale. Quelle diplomazie, tuttavia, avevano ancor vividi i ricordi della guerra e preferirono scelte conservative con la politica dell’appeasement ossia scelsero il sacrificio dei principi di giustizia e legittimità, nel proposito di evitare il conflitto, in nome di una soluzione qualsiasi e di una stabilità che, inevitabilmente, sarebbero venute a mancare. Un fallimento annunciato.

Tutte queste condizioni, oggi, si stanno improvvisamente riproponendo ed il pericolo di un nuovo conflitto mondiale, è forse più vivo che mai.

Negli ultimi ventanni, infatti, abbiamo assistito:

  1. Ad una formidabile crisi finanziaria, anch’essa trasformatasi in crisi industriale, ma soprattutto alle prime crepe nel sistema della Con Stati – anche alcuni di quelli teoricamente più liberali o addirittura campioni del liberalismo – che hanno risposto con l’applicazione dei dazi commerciali. Dazi che solo nell’ultimo anno sono sestuplicati.
  2. Ad una forte crisi interna delle democrazie, cui fa da contraltare l’esponenziale crescita dei movimenti nazionalistici.
  3. La negazione o, comunque, la messa in un angolo delle norme e degli organismi di diritto internazionale. In particolare, di questi ultimi, in primis l’ Onu, accusata – un ossimoro – di non rispondere agli interessi nazionali.

In tutto questo, dopo settant’anni, in Europa abbiamo visto la ricomparsa delle guerre di annessione con l’invasione della Ucraina da parte della Russia.

Di fronte a questi fatti, il politico Mattarella ci ricorda che “La Storia non deve ripetersi pedissequamente”.La politica dell’appeasement ha mostrato tutti i suoi limiti nel 1938. La strada per Mattarella passa proprio nel rafforzamento di quegli organismi che oggi si mettono in discussione e nell’applicazione, anche severa, delle norme di diritto internazionale. In poche parole: nessuna concessione agli Stati invasori. Nel pensiero politico di Mattarella, sebbene ci abbiano regalato Settantanni di Pace, le Organizzazioni internazionali non hanno espresso tutto il loro potenziale. Esse, in realtà, sono state bloccate da quella politica dei veti incrociati, frutto del bipolarismo della Guerra Fredda.

          Proprio con l’esito della Guerra Fredda, queste Organizzazioni hanno conosciuto il loro maggior momento di splendore, con una produzione di norme, conferenze, accordi che hanno consegnato agli Uomini la speranza di poter affrontare realmente problematiche di gran lunga superiori al mero interesse nazionale: diritti della donna, diritti dei rifugiati, convenzioni sul miglioramento climatico, etc etc.

Non dobbiamo quindi cedere all’interesse di chi vuole annullare o negare il funzionamento di tali organismi, ma piuttosto rafforzarli. E gli strumenti per rafforzarlo sono gli stessi che hanno portato alla costituzione di tali organizzazioni. Quella fede di cui abbiamo parlato all’inizio: la fede nei diritti fondamentali dell’uomo, nella dignità e nel valore della persona umana, nella eguaglianza dei diritti degli uomini e delle donne e delle nazioni grandi e piccole, a creare le condizioni in cui la giustizia ed il rispetto degli obblighi derivanti dai trattati e dalle altre fonti del diritto internazionale possano essere mantenuti. Perché, per dirla con le parole di Cassin, “Non ci sarà mai Pace su questo pianeta, finché i diritti umani vengono violati, in qualunque parte del mondo”. La pace, però, dice Mattarella, non è un dono gratuito della storia. Statisti e popoli, per conseguirla, devono dispiegarvi il loro impegno: la pace occorre volerla, costruirla, custodirla. E qui, il pensiero di Mattarella da politico diviene analisi geopolitica.

Mattarella non nasconde i suoi dubbi e le sue preoccupazioni sulla impossibilità di perseguire questi obiettivi a fronte della attuale situazione geopolitica mondiale in cui tener conto di un nuovo competitor, la Cina. Di fronte questa situazione, l’Europa non può rischiare di rimanere inerme spettatrice.

Se l’Europa riuscirà a compiere quel passo decisivo, avrà le dimensioni, le conoscenze, l’autorità di incidere sullo scenario internazionale. Ed in quel caso avrà la forza di riaffermare e difendere quei principi, che nella sua cultura hanno avuto la propria culla – libertà, democrazia, diritti civili e politici, uguaglianza. L’Unione europea ha già dimostrato questa sua “peculiarità” essendo in grado negli ultimi anni di realizzare importanti accordi per la stabilizzazione dei rapporti internazionali. Perché noi europei,-dice Mattarella con le parole di Simone Veil-, siamo consapevoli che le isole di libertà sono circondate da regimi nei quali prevale la forza bruta. La nostra Europa è una di queste isole.

          Anche se non citato, il finale del discorso di Mattarella sembra voler riecheggiare le parole di un altro grande Italiano, l’ex Presidente del Consiglio e Capo della Bce, Mario Draghi, il quale,  in un preoccupato intervento di poche settimane prima a fronte di un possibile “abbandono” dell’alleato americano, invitava il Parlamento ed le Nazioni europee ad abbandonare le politiche del “No” e accelerare nei processi per la costituzione dello Stato Unico Europeo.

E sul punto, l’avvocato Giuseppe Macario ripeteva con risoluta convinzione le parole di esortazione di Draghi: Whatever it takes, do something. Un messaggio diretto alle classi politiche e dirigenti di Bruxelles come dei Governi e dei 27 Stati  dellEuropa comunitaria ad operare concretamente, affrancandosi dall’immobilismo.

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