Rush finale per l’approvazione della nuova normativa comunitaria sulla protezione dei dati, poi due anni di tempo per adeguarsi. Uno studio specializzato dirà quali sono le figure più ricercate dalle aziende e quali competenze serviranno per avere maggiori opportunità di lavoro. I risultati della ricerca verranno presentati anche ai tavoli UNI per la norma sui futuri profili professionali privacy
Quella del mercato digitale è una vera e propria partita, sia per le imprese che per i professionisti, e come tale necessita di precise regole del gioco. È per questo che il nuovo regolamento europeo sulla protezione dei dati costituisce un nodo cruciale per l’economia dell’UE, e l’attesa dovrebbe finalmente terminare con l’approvazione del nuovo testo entro la fine di quest’anno.
Come evidenziato però nei giorni scorsi dall’Ocse Digital Economy Outlook 2015, ci sono sfide da affrontare che sono legate proprio ai rischi “dirompenti” che ruotano attorno a privacy e lavoro: ”Le cose si stanno muovendo molto velocemente, con l’arrivo dei Big Data e l’internet degli oggetti – ha affermato Andrew Wyckoff, Science, Technology and Innovation Director dell’Ocse – e noi dobbiamo fare in modo di essere pronti per l’impatto che tutto questo avrà su privacy, sicurezza e fiducia, nonché sulle competenze e l’occupazione.”
Se da una parte la digital economy genererà un’impennata di richieste nel mercato delle professioni dell’ICT, il pericolo che incombe è invece quello di perdere il controllo della situazione e compromettere la fiducia degli utenti, i quali devono percepire trasparenza e senso di sicurezza per potersi sentire a loro agio mentre gestiscono le loro attività sul web.
Mantenere gli equilibri necessari per lo sviluppo dell’economia digitale è possibile individuando regole che tengano conto di tutti gli interessi in gioco, tutelando quindi anche i diritti del consumatore, a cominciare da quello che gli viene riconosciuto sulla protezione dei propri dati personali.
A livello nazionale, nell’indagine pubblica per lo sviluppo di una norma tecnica delle professioni digitali che è terminata lo scorso 2 luglio, Federprivacy ha presentato in UNI un proprio documento come strumento per illustrare gli scenari del settore, che prevede non solo i profili di esperti del settore IT, ma anche figure professionali di garanzia, come il responsabile della gestione dei dati (il c.d. privacy officer) e il responsabile allo sportello per i diritti dell’interessato e di relazione con gli strakeholder.
“Il documento che abbiamo portato al tavolo dei lavori per lo sviluppo della norma sui profili professionali in ambito privacy, è basato sul nostro bagaglio di conoscenza del settore come principale associazione di riferimento della categoria, ed è frutto di uno studio approfondito svolto con il supporto di esperti del settore – spiega Nicola Bernardi, presidente di Federprivacy – infatti è nostro dovere dare un concreto contributo per fare chiarezza su cosa richiede effettivamente il mercato, ed individuare quali sono le competenze ricercate dalle aziende, non solo per proteggere fisicamente i dati, ma anche per creare quel clima di fiducia che sta perseguendo l’UE per sfruttare appieno il potenziale del mercato digitale. Per questo, ci siamo rimboccati le maniche, e abbiamo pensato ad una ricerca operativa in cui chiediamo l’opinione degli addetti ai lavori, costituendo al contempo un apposito gruppo di lavoro in seno a Federprivacy, che avrà il compito di approfondire tutti i fattori che possano concorrere ad una norma che vada a beneficio di tutti gli attori del mercato, consumatori compresi.”
Lo studio in questione, denominato “I profili professionali sulla privacy e il nuovo Regolamento Europeo”, è attivo sul sito di Federprivacy, e i risultati saranno presentati ed analizzati al 5° Privacy Day Forum il prossimo 21 ottobre a Roma. In tale occasione, si svolgerà anche la prima riunione ufficiale del gruppo di lavoro propedeutico alla norma UNI.