San Raffaele, il cui nome in ebraico significa Dio guarisce, è uno dei tre arcangeli più venerati.[1] La sua angelica figura è riportata ampiamente nella storia di Tobia, raccontata nell’omonimo libro del Pentateuco, in cui viene riportato che il pio giudeo Tobi, nonostante la rettitudine della sua vita e le buone opere compiute, diventa cieco. Prima di morire invia il suo unico figlio Tobia, detto anche Tobiolo, a riscuotere un debito da un certo Gabael nella lontana città di Rage, nella Media.
Durante il lungo viaggio è accompagnato da Raffaele, inviato da Dio. L’ Arcangelo, che si nasconde sotto il falso nome di Azaria, lungo il cammino fa pescare al giovane nel fiume Tigri un grosso pesce e ne fa conservare sotto sale il cuore, il fegato e il fiele, che hanno il potere di allontanare i demoni e curare gravi infermità.
Una volta arrivati nella città di Ecbatana , Raffaele gli fa incontrare Sara, la figlia di un suo parente di nome Raguele , già sette volte vedova perché perseguitata dai demoni, che le uccidevano i mariti prima di consumare il matrimonio. Per suggerimento di Azaria (Raffaele) Tobia sposa Sara e vince i demoni, bruciando nella camera nuziale il fegato e il cuore del pesce. Intanto Azaria va da solo a Rage per riscuotere da Gabael il credito di Tobi. Dopo che i due sono ritornati dal padre insieme con Sara, Raffaele fa recuperare la vista al vecchio servendosi del fiele salato del pesce e rivela di non chiamarsi Azaria ma di essere l’ Arcangelo Raffaele, inviato da Dio per proteggere Tobia. [2]
Alla luce delle sue vicende bibliche, San Raffaele è invocato soprattutto come protettore di viaggiatori e pellegrini, ma anche di giovani, fidanzati, sposi, medici e farmacisti, profughi, e come guaritore delle infermità fisiche.
Nell’iconografia, sia plastica sia pittorica, è individuato dalla presenza dell’immancabile pesce retto dall’ Arcangelo o dal giovane Tobia. Nei dipinti, di solito, la scena dell’Arcangelo e del Giovane è ambientata in un verdeggiante paesaggio, dove può figurare il biblico fiume e, a volte, anche un cagnolino, metafora della fedeltà.
IL PATRONO DI VIAGGIATORI , MEDICI E PROFUGHI
A Cimitile la chiesa dedicata al Santo Arcangelo è ubicata nel rione Galluccio, all’interno della confluenza di Via Amerigo Crispo e Corso Umberto (ex Strada Regia), dove si apre un piccolo slargo spartitraffico su cui prospetta anche il Palazzo del Duca di Castelmezzano.
Il dato cronologico dell’anno di fondazione del piccolo edificio ecclesiale non è ancora noto, ma essa certamente deve avere avuto una precisa motivazione storica e devozionale. Per la sua vicinanza col Palazzo dei Duchi di Castelmezzano, appartenuto precedentemente ai Caracciolo, si ritiene che le due nobili famiglie abbiano avuto sulla chiesa diritti patronali. [3]
A nostro avviso, considerazioni storiche probanti sono però riscontrabili sull’origine in loco della dulia dell’Arcangelo. A Galluccio, invero, l’antica Strada Regia che collegava Napoli ai centri pugliesi, nel tratto dell’Agro Nolano aveva un percorso diverso da quello dell’attuale Nazionale delle Puglie (7 Bis). Appena fuori Cimitile, infatti, proprio a Galluccio, l’importante arteria piegava per Gallo, passava davanti alla parrocchiale di San Nicola. e proseguiva, tra Schiava e Tufino, verso Baiano, [4] dirigendosi poi, attraverso il valico di Monteforte, ad Avellino e quindi nelle Puglie.
Galluccio, in effetti era un punto di transito obbligato per quanti dovevano andare nelle Puglie (viandanti, commercianti, soldati, autorità), nonché per i pellegrini diretti a Montevergine e al Santuario di San Michele al Gargano. Considerato che San Raffaele è il protettore dei viaggiatori, si deve ritenere che nel sito della chiesetta esistesse in origine un’edicola o una cappellina dedicata all’ Arcangelo, oggetto delle devote preghiere dei passanti, sostituta tra seconda metà del Settecento e la prima dell’Ottocento dall’attuale costruzione ecclesiale, come ne suggeriscono le linee stilistiche. Nello stesso breve tratto della Strada Regia, tra Cimatile e Gallo, San Raffaele era affrescato, insieme con la Vergine e San Nicola anche sulla facciata della chiesa di San Nicola a Gallo, che ne conservava anche un simulacro plastico, [5] Ancora a Cimitile l’Arcangelo è riprodotto in una tela nell’abside della chiesa di Santa Maria degli Angeli.
IL COMPLESSO ECCLESIALE
Il piccolo complesso ecclesiale prospetta con una facciata quasi quadrangolare, senza timpano, sormontata da una croce centrale e da un supporto ferreo reggente le campane. E’ appena impreziosita da fasce decorative dipinte nei contorni marginali e del portale, sul quale si apre il cosiddetto oculo, chiuso da un vetro con la riproduzione dell’immagine dell’Arcangelo . Il limitato interno, che invita al raccoglimento meditativo ed alla preghiera, si compone di una navatella, che continua nell’abside, di uguale larghezza ma poco profonda, nonché di annessi locali funzionali (sacrestia, ripostiglio, servizio).
Le pareti laterali sono segnate da specchiature rettangolari lungo le quali sono disposte le stazioni della Via crucis; sulla parete destra, sopra le specchiature, due finestre circolari contribuiscono, insieme con l’oculo della facciata, ad illuminare l’interno, alquanto povero di luce.
Le due cornici circolari della parete superiore a manca, accoglieranno fra poco tempo due preziosi dipinti, da noi visionati, opere del pittore Guido Laperuta, artista di chiara fama, raffiguranti San Michele e San Gabriele, che completano la triade angelica più venerata.
La figura di Gabriele, si staglia su un fondo dorato, di medievale reminiscenza, che mette in risalto la plastica dei volumi statuari, rimarcati dagli effetti chiaroscurali della candida veste e dell’azzurro mantello. L’Arcangelo regge due bianchi gigli, metafora di candida purezza, e gira gli occhi alla sua sinistra, come a rivolgere lo sguardo ad una presenza non raffigurata, ma presente fuori campo, cui sono destinati i fiori immacolati, vale a dire la Vergine Maria, Immacolata Concezione.
San Michele, raffigurato secondo l’iconografia tradizionale, regge la bilancia del giudizio con la mano sinistra e con la destra brandisce la lancia per colpire il demonio che calpesta con i suoi calzari. La sua figura angelica, che si staglia sulle nuances azzurre del cielo, è ritratta con una tavolozza cromatica vivace e luminosa; essa contrasta fortemente con le tonalità brune e fredde del demonio e dei suoi compagni, dei quali accentua nell’espressione maligna la loro natura infernale. La scena è storicizzata con la precisa riproduzione nello sfondo delle basiliche paleocristiane di Cimitile e della nostra chiesetta.
Preceduto dalla nuova mensa eucaristica voluta dal Concilio Vaticano II , l’altare è sormontato da una struttura baroccheggiante a tempietto, che incornicia un’icona raffigurante San Raffaele e Tobiolo, opera firmata da Vincenzo Vincenti, noto artista dotato di buona competenza tecnica, di equilibrio compositivo e di sensibile cura nella selezione coloristica. Il quadro rispetta l’immagine tradizionale di questo sacro soggetto: il paesaggio verdeggiante, i protagonisti Raffaele e Tobia, il biblico pesce. ANTONIO FUSCO
note
[1] Gli altri due sono Michele e Gabriele, i cui nomi in ebraico significano rispettivamente “Chi come Dio? ” e “Dio è forte”. Gli arcangeli erano sette, secondo quanto afferma lo stesso san Raffaele nel libro di Tobia in cui dice: “Io sono Raffaele, uno dei sette angeli che sono a servizio di Dio e hanno accesso alla maestà del Signore” I testi sacri non sempre concordano sul nome degli altri quattro, dei quali il più noto è Uriel (Luce di Dio).
[2] Cfr. San Paolo Editrice: La Bibbia, tipografia Rotolito, Seggiano di Piltello (MI) , 2014.
[3] La nobile dimora, ampiamente manomessa, ha perduto il suo iniziale aspetto estetico, sia nel prospetto sia nelle quinte
del cortile.
[4] Questo tratto, proveniente da Marigliano – San Vitaliano deviava per Cimitile senza toccare Nola, escludendo più avanti anche Avella.
[5] Cfr, Ebanista Carlo (a cura), Cumignano e Gallo – Alle origini del Comune di Comiziaano, pp. 27 – 41, 115 – 125, Tavolato Edizioni, Cimitile 2012.