La fine dell’estate flumerese , coincide con la calata del Giglio di grano dedicato a San Rocco , che avviene ogni anno a fine di agosto, con la sola esclusione dei due anni precedenti 2020/21, dovuto a causa della pandemia.
La calata del Giglio, con il successivo smantellamento della struttura portante, è un’attività complessa, a causa della sua notevole altezza. Una volta, si faceva manualmente, essendo la struttura portante meno alta dell’attuale, usufruendo solo di carpentieri specializzati. Oggi invece, oltre alla manodopera si utilizzano anche mezzi meccanici, perché nel tempo, la struttura ogni anno si è ampliata in altezza fino a raggiungere i 30 mt. attuali. Tutta l’operazione , è gestita dalla Confraternita di San Rocco, al cui Santo, ogni anno da tempi remoti, viene innalzato il Giglio composto da trecce e pannelli decorativi di spighe di grano. La calata del Giglio, è stata coordinata dal Priore della Confraternita di San Rocco, Silvano Ciriello ( Architetto ), e gestita dal capostruttura Giacobbe Giovanni, ai quali abbiamo posto alcune domande.
Silvano Ciriello: La sua nomina a Priore della Confraternita di San Rocco, è coincisa con la ripresa dell’Alzata del Giglio, dopo ben due anni a causa della pandemia. Un buon auspicio per il futuro prossimo ? ” La mia elezione da parte degli iscritti alla Confraternita è coincisa con la ripresa di tante attività. Dopo due anni e due estati, finalmente siamo tornati a poter costruire il Giglio e a poter vivere le nostre feste, con tanti momenti di aggregazione. Per poter effettuare l’alzata del Giglio, abbiamo avuto tante difficoltà, a causa del maltempo. Nonostante le difficoltà, abbiamo avuto tenacia e senso di sacrificio, dopo tre giorni abbiamo alzato il Giglio! Vedere il Giglio finalmente alzato è stato emozionante, ha commosso tutti, è stato liberatorio, ci siamo abbracciati dopo tanto tempo che eravamo lontani. Questo è di buon auspicio, che viene sicuramente dall’Alto, da parte mia sono sicuro di mettere tutta la volontà per impegnarmi al meglio “.
Sotto il suo mandato, la Confraternita di San Rocco, si aprirà di più alla società civile, al di la dei suoi aspetti religiosi, ma più vicina ai bisogni della della gente ? “Dopo la mia elezione, ho ricevuto il mandato da Sua Eccellenza Mons. Melillo, il nostro Vescovo. In questo mandato, c’è proprio l’incarico di testimoniare ciò che il nostro Protettore S. Rocco ha vissuto, la carità secondo lo Spirito Evangelico. È errato ritenere che se si parli di aspetto religioso, non ci sia vicinanza con l’aspetto civile. S. Rocco era vicino alla gente perché lo aveva appreso dal Maestro che è Gesù, che viveva tra la gente. Non vivere questo spirito di servizio significherebbe snaturare l’aspetto religioso, che è intrinsecamente connesso con i bisogni della gente. Prima dell’inizio dell’organizzazione delle feste, è stato proprio mio interesse, insieme all’assessore Moschella Pasquale, coinvolgere tutte le associazioni civili che si prodigano tanto per la nostra comunità: la Pro Loco, Bagliori di Luce ODV, Rgpt, la Protezione civile e Volare ; è stato un incontro molto proficuo e costruttivo, per tutti è stato bello potersi riunire dopo tanto tempo. Colgo l’occasione per ringraziarle tutte “.
La costruzione e il trasporto del Giglio dedicato a San Rocco, vede una folta partecipazione di popolo in cui si fonde religione e cultura. Lei come Priore e uomo di cultura, come valuta invece il pensiero di alcuni sociologi e antropologi , che esprimono perplessità di paganus habitus , verso queste tradizioni sociali, culturali e religiose. “La costruzione e la traslazione del Giglio in onore di S. Rocco hanno le loro fondamenta nella fede e devozione dei nostri antenati. Cosa avevano di più prezioso di offrire al Buon Dio attraverso l’intercessione di S. Rocco? Il loro lavoro, il frutto delle loro mani, il lavoro della terra, il grano! Il grano vuol dire pane, in tempo di miseria era preziosissimo, e loro offrivano quello che avevano di più prezioso. Grano e pane che ci rimandano al Pane della Vita, all’Eucaristia. I nostri antenati, bisnonni, nonni, avevano ben presente questo, nella loro fede genuina. L’offerta delle primizie della terra a Dio come segni di devozione e di culto si trovano nella Bibbia, nell’Antico Testamento. Capisco che questi aspetti, nel tempo, non siano stati più così evidenti. Negli ultimi giorni di agosto, si è tenuto il convegno diocesano dove sono stati affrontati molti temi: il principale è il tema dell’accoglienza. La Chiesa deve avere tutte le porte aperte, ogni donna e uomo sono figli di Dio e, per questo, è amato da Lui, non ci possono essere barriere. Però, questo non vuol dire che tutto è accettato e alcuni atteggiamenti che, diciamo così, possono sembrare di chiusura, devono essere spiegati per comprendere qual è il vero significato di quello che si sta facendo: quello che deve essere sempre chiaro è che la nostra è un’offerta a S. Rocco, che intercede per noi presso Dio. Quindi, questo avviene nell’ambito della fede e della tradizione popolare, connaturate da tempo, come già ricordato, nella nostra cultura e nella nostra comunità. Voler far “viaggiare” il Giglio senza questa forte connessione, allora significa voler fare un’altra cosa, che è fuori dal sentire comune di tutti noi flumeresi. Si corre il rischio, in questo, di trasformare il Giglio in un idolo e ciò non deve accadere, cercando di riferirci sempre alle nostre fondamenta, che dicevamo all’inizio, e quindi alla Parola di Dio, al Primo Comandamento in particolare. Durante la traslazione del Giglio, certo, fermandoci a voler analizzare a livello scientifico, antropologicamente e sociologicamente, alcuni atteggiamenti, è facile poter arrivare a pensare a una sorta di paganesimo. Però ci sono quei piccoli segni che ti danno certezza e ti fanno pensare, come dicevamo, a un buon auspicio. Durante la traslazione del Giglio, durante una delle fasi più delicate, una volta superato il momento rischioso, ho visto un ragazzo farsi il Segno della Croce. Ecco, questo apre il cuore alla speranza, perché lì c’è il seme della nostra fede grazie alla quale continuiamo nella nostra vita e nel nostro lavoro “.
Giacobbe Giovanni – Perchè l’alzata è partecipativa di popolo, mentre la calata è solo fatta di alcuni volenterosi. Quindi, viene a mancare nei cittadini il devozionale che il giglio rappresenta ? ” Non credo il problema è che dopo San Rocco, la gente riprende a lavorare. In mattina siamo in pochi, ma fra poco, arriveranno parecchi giovani, dopo aver terminato i propri lavori. Noi, ce lo possiamo permettere di essere qui a tempo pieno, prima perchè amiamo il Giglio, siamo pensionati , facciamo parte della Confraternita di San Rocco e non avendo altri interessi ci dedichiamo a questo lavoro. Poi questo, è un lavoro pericoloso, c’è bisogno di persone selezionate e qualificate e ci avvaliamo come si può vedere, anche di una gru semovente, per portare a termine il lavoro in sicurezza “.
Quello non detto da Giovanni, che è il vero deus ex machina del Giglio, è che lui e i suoi compagni di lavoro denominati “i carristi“, da anni; costruiscono, innalzano e smontano il Giglio a Flumeri.
Carmine Martino