I comitati civici per l’acqua pubblica scendono di nuovo in strada con una grande mobilitazione a livello regionale, sabato 28 novembre a Napoli a partire da Piazza Matteotti. Massiccia partecipazione anche per il Comitato nolano con alcuni pullman in partenza alle ore 9 da Piazza d’Armi. Al fianco dei comitati, anche questa volta, i primi cittadini dei Comuni riuniti nella Rete dei sindaci per l’acqua pubblica, con tanto di gonfaloni e fasce tricolori. Uniti per chiedere modifiche sostanziali alla legge sul riordino del servizio idrico, approvata la scorsa settimana dal Consiglio regionale in un clima di contrapposizione senza precedenti.
Una manifestazione che nasce sulla scia delle proteste contro la il disegno di legge Caldoro, bloccato nell’ultimo scorcio di mandato anche grazie alla manifestazione tenuta proprio il 28 novembre 2014 ed al “No Gori Day” del 17 gennaio scorso, quando oltre 5 mila cittadini e decine di sindaci del territorio protestarono contro la gestione Gori e per bloccare quel disegno di legge.
Un testo che somiglia troppo a quello poi successivamente approvato dalla nuova giunta De Luca, che senza alcuna spiegazione ha mandato in soffitta la proposta avanzata dal gruppo consiliare dello stesso Partito Democratico che aveva già trovato primi riscontri positivi nel mondo degli attivisti per l’acqua pubblica.
“La legge approvata invece limita fortemente il potere decisionale dei sindaci e delle comunità locali – denuncia il coordinamento dei comitati campani – scendiamo in piazza per difendere il diritto all’acqua, contro un provvedimento che concentra le decisioni nelle mani di pochi. E’ arrivato il momento di attuare il referendum votato da 2 milioni e 400 mila cittadini campani – sottolineano i rappresentanti dei comitati – vogliamo la gestione interamente pubblica e partecipata in tutti i Comuni: tariffe eque, servizi efficienti e di qualità, investimenti concreti e trasparenti, sostegno alle fasce deboli, blocco immediato dei distacchi selvaggi”.
La nuova legge campana si muove in questo verso: spariscono i cinque ambiti territoriali ottimali a favore di uno solo, regionale, suddiviso in cinque distretti. La gestione è spostata nell’Ente idrico campano, che diventa il soggetto di governo dell’Ato unico.
I 550 sindaci della regione cedono il passo al Comitato esecutivo dell’Eic in cui siedono solo in 20: saranno questi a scegliere presidente, direttore generale e affidare la gestione in ogni ambito distrettuale. Una volta accentrate le decisioni, il rischio è che le gestioni pubbliche vicine a una dimensione territoriale potranno essere facilmente scalzate via, mentre rimarrà in vita la disastrosa gestione Gori nell’area sarnese-vesuviana.