Il Rettore della Federico II, Gaetano Manfredi, ha consegnato alla nipote del filosofo Marta l’attestato del significativo riconoscimento che rende onore alla coerente professione e pratica delle virtù civili e dell’impegno culturale, che elevano e fanno progredire la società sul piano dell’etica pubblica.
di Gianni Amodeo
Ha ampliato il ventaglio delle sezioni, da cui finora è stato caratterizzato, il Premio Napoli, indetto e promosso dall’omonima Fondazione costituita come Ente morale nel 1961, privilegiando la produzione delle opere di Narrativa, Poesia e Saggistica, quali veicoli di promozione civile sul territorio della città metropolitana e più in generale nel Sud. Una presenza, quella della Fondazione premio Napoli, che vuole essere di stimolo e di animazione in un contesto, in cui la circolazione di idee e il dibattito culturale si sono venuti notevolmente affievolendo nell’arco degli ultimi decenni, così come si verifica nel complessivo ristagno meridionale.
Il nuovo spazio è destinato al Premio intitolato alla memoria di Enrico Forzati, uno degli ufficiali che fu vittima dell’eccidio per rappresaglia, di cui si resero efferati esecutori l’ 11 settembre del 1943, a Nola, i soldati delle truppe tedesche della divisione “Goering”, in fase di ripiegamento dopo l’armistizio dell’8 settembre. L’eccidio attuato nella Caserma di piazza d’Armi fu il primo, purtroppo, di una lunga serie di altre tragedie, di cui furono artefici le truppe della Wehrmacht in ritirata, risalendo, dopo che i contingenti militari anglo-americani avevano liberato Napoli e Roma dall’occupazione nazi-fascista, le strade di collegamento verso il Brennero. L’esemplarità della figura di Enrico Forzati, avvocato del Foro di Napoli ed ufficiale dell’Esercito italiano, è affidata alla Medaglia d’oro al valore militare, che gli fu conferita a memoria dello spirito di altruismo e di generosa abnegazione di sé, con cui si offrì al plotone di esecuzione tedesco, in sostituzione di un giovane commilitone. Ed egli stesso era appena trentottenne, quando s’immolò, rispondendo alla chiamata della decimazione, di cui, invece, era destinatario il più giovane commilitone.
Rivisitando l’atroce tragedia del ’43 e recuperandone il pieno significato di memoria che parla all’umanità dei nostri giorni, il Premio Forzati si propone come atto di omaggio e riconoscenza dovuta alle virtù civili e all’impegno culturale, la cui correlazione è l’asse portante della convivenza tra uomini e popoli e presidio di progressiva evoluzione delle menti e dello spirito. Ad esserne stato insignito, per unanime consenso della giuria, è Aldo Masullo, il filosofo che quella tragedia – era appena ventenne- visse da testimone diretto, abitando la sua famiglia in prossimità della Caserma di piazza d’Armi ch’era una struttura priva di qualsiasi valenza strategica, anche per la piega assunta in tre anni di guerra rivelatasi un errore politico ed un assurdo azzardo per il modo con cui l’Italia vi partecipò e la condusse.
Ed è ben certo che Masullo di virtù civili e impegno culturale è un testimone operoso e di alto profilo nel dibattito culturale nazionale. Una presenza, la sua, focalizzata con incisività di riflessioni -nel corso della manifestazione per il conferimento dell’attestato premiale, svoltasi nel Teatro Mercadante – dal nipote, Francesco, docente universitario, che del filosofo ha sottolineato l’appassionata, libera ricerca della verità, che ne contraddistingue il pensiero e le opere. Riflessioni ribadite dal Rettore della Federico II, Gaetano Manfredi, anch’egli nolano, che di Masullo ha evidenziato il proficuo rapporto con la città bruniana e con le giovani generazioni. Ed era il rettore Manfredi a consegnare a Marta, nipote del filosofo, impossibilitato a partecipare all’evento, il riconoscimento del Premio Forzati.
Per la circostanza si ritiene opportuno ri-pubblicare parte del testo di cronaca sull’apposizione della targa d’onore nel palazzo dove visse Enrico Forzati con la famiglia, in piazza Santa Maria degli Angeli, a Napoli; targa fatta apporre il 4 maggio scorso dall’amministrazione comunale partenopea. La parte di cronaca si riferisce ai temi del “Patriottismo dell’umanità” e della “Communitas civile” sviluppati da Aldo Masullo, per ricordare Forzati; temi che l’Uomo a cui fu concessa la Medaglia d’oro al valore militare incarnò in pieno.
DAL PATRIOTTISMO DELL’UMANITA’ ALLA COMMUNITAS CIVILE, DALLA RIMOZIONE ALLA DOVEROSA DIGNITA’ DELLA MEMORIA
Varie e articolate le chiavi di lettura con cui si connotava la commemorazione, per interpretare la storia di Enrico Forzati, alla cui memoria é dedicato l’Istituto comprensivo di Sant’Antonio Abate. Di spiccato interesse, erano i flash back di racconto e i temi di riflessione focalizzati da Aldo Masullo, ventenne e testimone oculare degli eventi di quegli anni, abitando la sua famiglia nelle vicinanze della Caserma di piazza d’Armi. Per il filosofo, la vicenda di Enrico Forzati costituisce una forte e pregnante testimonianza di quello che ha definito “Patriottismo dell’umanità”, inteso come tributo reso all’affermazione del primato dei valori della comunanza, con cui si rinsaldano e animano i popoli tutti, senza distinzioni etniche e razziali, politiche, religiose ed economiche; primato, i cui valori vanno esercitati e diffusi contro tutte le forme di oppressione e le iniquità dei regimi totalitari. Una prospettiva, per la quale il sacrificio di sé, fatto da Enrico Forzati non costituisce un istantaneo moto d’impulso emotivo e di reazione in sé alla violenza della rappresaglia che si veniva realizzando con cinica brutalità, bensì una scelta di volontà e mente, per affermare e ribadire il senso della vita e dell’umanità al di là degli odi e della cecità della guerra che innesca infinite tragedie di morte e distruzione. Una scelta di consapevolezza, superiore ad ogni comune immaginazione, che resta- ed è- densa di valore civico e morale, il cui significato travalica i tempi.
Sulle scie disegnate da Masullo si innestavano le riflessioni di Francesco Forzati, avvocato e docente universitario, nipote di Enrico, per sottolineare come cambiò il senso della vita della sua famiglia, a fronte del gesto del nonno. Un cambiamento drammatico, del tutto simile ed eguale a quello vissuto sulla propria pelle dai tanti milioni di famiglie sconvolte dagli effetti drammatici del secondo conflitto mondiale. E il riscatto da tutte le tragedie belliche e soprattutto del superamento delle loro cause scatenanti- evidenziava- ieri come oggi risiede nello spirito della communitas, della coesione sociale che si nutre delle virtù civili per il diritto alla vita e alla dignità del vivere umano; spirito – sottolineava- aleggiante proprio tra la piccola comunità riunita per ricordare Enrico Forzati, accomunando Napoli e Nola, per esprimere i valori della civiltà e della cultura del Sud. E, a far da prologo a Francesco Forzati, era stato il padre, l’avvocato Maurizio, per rappresentare l’importanza civile della decisione dell’amministrazione comunale partenopea nell’onorare la memoria paterna, dando lettura del testo letto da Giovanni Porzio a Castelcapuano, in occasione del conferimento ad Enrico Forzati della Medaglia d’oro al valore militare, attestandone l’esemplarità di vita.
Se il racconto di Masullo era reso fortemente intenso e vivido con i tasselli inconfondibili della personale “vita vissuta”, sullo schermo dei ricordi tramandati si polarizzavano, invece, gli spunti di riflessione di Gaetano Manfredi, Rettore dell’Ateneo federiciano, e di Geremia Biancardi, sindaco della città bruniana, cinquantenni in gran carriera per professionalità e meriti, e non solo che vivono nella stessa città, ma hanno anche frequentato lo stesso Liceo classico, lo storico “Giosué Carducci”. Uno schermo di ricordi soprattutto famigliari, in particolare per il Rettore Manfredi, legati a tutto il mondo rappresentato dal presidio militare di piazza d’Armi nella storia della città. E dell’eccidio del ’43, il “primo cittadino” marcava la rimozione, quasi una specie di “damnatio memoriae” patita in modo incomprensibile fino al 1996, quando la civica amministrazione, guidata dal sindaco Franco Ambrosio, espressione dell’allora Alleanza nazionale, ne recuperò in pieno il valore al patrimonio storico e ideale della città, istituendo la cerimonia evocativa che da 21 anni si celebra l’11 settembre; un recupero, a cui diede impulso la lettera pubblicata dal Corriere della Sera, scritta da Alfonso Liguoro, magistrato ed avvocato, figlio di uno degli ufficiali trucidato nell’eccidio nolano, trovando sostegno e ancoraggio nell’associazione “Amici del Marciapiede”, attiva in città e sul territorio con importanti iniziative di volontariato civico e culturale. Un recupero, a cui si è ora allineata Napoli, nel segno della storia di Enrico Forzati.