di Gianni Amodeo
Sarà onorata -venerdì alle ore 18,00– la memoria del sacerdote Francesco Picciocchi con la celebrazione eucaristica del Trigesimo nella Chiesa parrocchiale di Santo Stefano, nella quale officiò la prima Messa, dopo aver ricevuto nel Santuario della Madonna del Rosario a Pompei l’ordinazione sacra per opera di monsignor Anastasio Rossi, patriarca di Costantinopoli e prelato della città mariana, nel giugno del 1946. E’ il rito liturgico che rende omaggio ad un percorso esistenziale compiuto lungo l’arco di 98 anni, con varietà e intensità d’impegni vissuti nel segno della fede e dell’osservanza dei canoni dell’apostolato cristiano.
E don Francesco Picciocchi visse il primo segmento del suo percorso sacerdotale dal 1947 al 1966 alla guida della comunità parrocchiale della Chiesa di Mater Dei, nella laboriosa Palma Campania; venti anni circa di presenza in una delle più evolute e dinamiche realtà civili, culturali e produttive della Diocesi di Nola, qual è appunto la città vesuviana. Ed è anche il periodo, in cui il parroco Picciocchi ebbe modo di coniugare gli impegni religiosi e pastorali con gli studi universitari, conseguendo nel 1963 la laurea in Filosofia nella Federico II. Un passaggio cruciale, che per don Francesco Picciocchi rappresentò l’approdo al mondo delle Scuole superiori nell’area nolana, con il viatico dei titoli di abilitazione conseguiti per l’insegnamento sia di Scienze umane e storia nei Licei che di Materie letterarie negli Istituti tecnici, fino all’esperienza della presidenza del Liceo Bertrand Russel, a Roma.
La chiave di volta che, tuttavia, regge e connota in modo compiuto l’esperienza e la visione di vita di Francesco Picciocchi, quale componente del clero locale e quale uomo di Scuola, è senza alcun dubbio la Fondazione Gesù e Maria organizzazione non lucrativa di utilità sociale, in cui ha profuso il personale patrimonio e della quale – all’unisono e contestualmente- è stato anima, artefice e promotore; un’opera di impegno sociale e solidale, che apre i propri ambienti e spazi di accoglienza nell’ampia sede di via Croce. Istituita nel 1996, con immediata operatività, la Fondazione è una realtà che fornisce servizi d’interesse sociale ed educativi, tra cui spicca l’obiettivo di porre a disposizione soprattutto delle generazioni dai 10 ai 20 anni una struttura di alto livello tecnologico; ed è un obiettivo in larga parte reso concreto con adeguate strutture e apparati, a cui si collega un’importante Biblioteca, che vanta la dotazione di circa 15 mila volumi, collegata in rete con il Servizio bibliotecario nazionale che fa riferimento al sistema delle Biblioteche italiane, di cui il Ministero dei beni e delle attività culturali è il presidio e centro propulsivo. E sulle valenze delle tecnologie, in cui s’incardina e con sempre con maggiore capillarità la civiltà digitale, con cui s’identificano i nostri tempi, merita attenzione la riflessione che Francesco Picciocchi sviluppa nell’editoriale de “La Buona notizia”- il giornale in A4 in house dell’Ente di via Croce– pubblicato il 25 novembre del 2006…. “ La Fondazione vorrebbe tentare di dare una risposta concreta al disagio giovanile, vorrebbe dare un senso alla rivoluzione tecnologica che sta cambiando la nostra vita, specialmente quella dei giovani. Assieme- chiariva- possiamo imparare a servirci utilmente senza farci danneggiare dai ricchi strumenti della tecnica,avviare i giovani a far capire che essi sono soltanto i mezzi, non il fine”. Come dire idee nette per parlar chiaro, senza ingannevoli strombazzature e ostentazioni di sterile vanità.
E’ la mission che Francesco Picciocchi assegna alla Fondazione e al ruolo della tecnologia che promuove valorizza la dignità della persona umana. Uno strumento di crescita e di emancipazione, in cui immette la luce della Divina provvidenza, che si dispiega ne “I Promessi sposi” di Alessandro Manzoni, la lezione di vita che proviene da Benedetto da Norcia sui tracciati della spiritualità, in cui s’integrano e completano la preghiera e il lavoro. Ed è la lezione, la cui matrice si ritrova in Paolo di Tarso, fondendo il lavoro, la preghiera e la comunità. Messaggi che Francesco Picciocchi da uomo di Chiesa e cristiano prospetta con spirito di fede e ferma convinzione. E coerenza con se stesso.
Una notazione conclusiva va fatta, Francesco Picciocchi era riluttante, anzi respingeva in toto il “don” prefisso del nome e il comune appellativo di “don Ciccio”, secondo l’uso corrente nostrano. Si firmava in atti, documenti e testi prete con nome e cognome in estrema sintesi, riproducendo la forma comparativa contratta del greco presbyteros derivata da presbys, che sta per anziano, anziano di maggiore età nella comunità e come tale portatore di più forti e rimarchevoli responsabilità verso se stesso, gli altri e la comunità.