a cura del dott. Stefano Scafuri
Un argomento molto attuale e di grande dibattito è il rapporto tra l’alimentazione e l’oncologia. Un gran numero di ricercatori conviene sull’esistenza del legame tra la cattiva alimentazione – in particolare troppi zuccheri e troppi alimenti raffinati – ed il progredire di alcune forme tumorali.
“La farina di tipo 00 è il più grande veleno della storia, anche se biologica” frase celebre recitata da un illustre oncologo nel 2009.
“Come è possibile che un alimento che fa parte della nostra tradizione, con cui siamo cresciuti e a cui magari abbinato a un bel po’ di nutella o magari un bel formaggio stagionato o dell’affettato, possa essere coinvolto in patologie di questa portata? Alla fine una fetta di pane non ha mai ucciso nessuno!”
L’indiziato numero uno è Il grano, non un OGM, ma un cereale che ha subito innumerevoli modifiche che l’hanno reso estremamente aggressivo per la mucosa intestinale: questo infatti è mescolato con altre forme di grano presenti in commercio e si frammenta in porzioni più piccole, facendo sì che il processo di digestione a livello della lamina è totalmente diverso e in seguito al passaggio nella lamina può assumere un carattere immunogeno contribuendo allo sviluppo di una reazione infiammatoria.
Una forma di contaminazione avviene a livello dei silos di stoccaggio del grano, fase caratterizzata dall’accumulo di micotossine DON (Deossinivalenolo), in tal caso del genere fusarium ma in generale prodotte dai funghi nel corso specialmente di condizioni climatiche sfavorevoli.
Nel discorso della contaminazione è molto affascinante comprendere che nonostante il nostro paese sia il principale produttore di grano duro al mondo insieme al Canada, circa il 50% della nostra produzione di pasta viene esportata essendo una voce importante della bilancia commerciale e il nostro grano viene mescolato a quello di origine canadese, paese in cui i controlli sanitari caratterizzati da un elevata rigidità permettono di scartare tale grano che ahimè poi giunge sulle nostre tavole.
Tanti sono i dati in letteratura che testimoniano quanto appena scritto e al fine di indirizzare la popolazione verso un alimentazione dal carattere “antiinfiammatorio e antiossidante” consiglio di fare un uso sempre più basso di cereali raffinati in favore di quelli integrali.
Da un punto di vista anatomico i cereali “integrali” comprendono tutte e tre le componenti del chicco crusca, endosperma e germe. Cibo vegetale ricco in sostanze nutritive rappresentate dalle vitamine (gruppo B e vitamina E), sali minerali (ferro, magnesio, zinco, potassio, selenio), acidi grassi essenziali, fitochimici (sostanze fisiologicamente attive di piante che recano benefici funzionali alla salute) e altri componenti bioattivi; ormai in commercio esiste in qualsiasi forma, può essere un alimento in sé come il riso bruno o l’orzo o venir utilizzato come ingrediente all’interno di un alimento come la farina integrale nel pane o nei cereali per colazione. L’utilizzo maggiore è proprio quest’ultimo, anche se consiglio di iniziare ad usare anche la pasta integrale che da un punto di vista legislativo è denominato “pasta di semola integrale di grano duro”, ossia un prodotto ottenuto dalla trafilazione, laminazione e conseguente essiccamento di impasto preparato esclusivamente con semola integrale di grano duro ed acqua: costituisce un prodotto tipico italiano e l’aspetto chimico-compositivo non si differenzia molto da quella di semola o semolato di grano duro (pasta bianca raffinata). La pasta integrale ha “più o meno” le stesse calorie della pasta bianca, con un carico glicemico quasi sovrapponibile; tuttavia, presenta un indice glicemico decisamente più contenuto (con variazioni legate alla forma del trafilato), mentre l’indice di sazietà è leggermente superiore.
Per sapere se un prodotto è integrale, i consumatori dovrebbero guardare oltre il nome del prodotto. Infatti, le descrizioni contenute nella denominazione, ad esempio “macinato a pietra”, “ai cereali”, “100% frumento” o “con crusca”, non indicano necessariamente che il prodotto è integrale. In linea generale, è necessario verificare che la confezione riporti la dicitura “integrale” (“farina integrale”, “100% frumento integrale” ecc.). Per beneficiare degli effetti salutari dei cereali integrali si consiglia di consumarne 3 porzioni al giorno. Inserire i cereali integrali nella dieta è semplice: basta sostituire alcune porzioni di alimenti raffinati con la loro versione integrale; Gli studi scientifici sostengono la raccomandazione di assumere almeno 48 grammi di cereali integrali al giorno e l’introduzione dei cereali integrali dovrebbe essere progressiva, in modo da consentire all’organismo di adattarsi al maggiore contenuto di fibre.
Le ricerche evidenziano l’associazione tra il consumo di cereali integrali ed il rischio inferiore di sviluppare cardiopatie, cancro, diabete e altri disturbi cronici.
Gli studi dimostrano costantemente che gli individui che assumono giornalmente tre o più porzioni di alimenti a base di cereali integrali hanno il 20 o 30% di possibilità in meno di sviluppare eventi cardiovascolari rispetto a chi ne assume quantità inferiori. Tale livello di protezione è superiore a quello offerto da frutta e verdura; inoltre alcune componenti di taluni cereali integrali, compresi la fibra solubile, il betaglucano, l’alfa-tocotrienolo e il rapporto arginina-lisina, hanno un ruolo nella diminuzione del tasso di colesterolo nel sangue.
Alcuni componenti bioattivi hanno un ruolo nella reattività vascolare, nella coagulazione e nella sensibilità insulinica migliorando la sensibilità a quest’ultima e di conseguenza la clearance del glucosio. La varietà di fitochimici presente nei cereali integrali può inibire, direttamente o indirettamente, lo stress ossidativo e l’infiammazione, fattori patologici predominanti per molte gravi malattie. Inoltre i cereali integrali sembrano essere associati, in molti studi, ad un rischio minore di sviluppare varie forme cancerose del tratto gastrointestinale. In particolare, una revisione di 40 studi sulle neoplasie gastrointestinali ha rilevato che un elevato consumo di cereali integrali è associato a un rischio di cancro inferiore del 21-43% rispetto a un’assunzione più limitata (Slavin J. Whole grains and human health. Nutrition Research Review 2004;17:99-110).
Concludendo, la mancata localizzazione dell’integrale a livello del tessuto adiposo, l’indice di sazietà superiore e l’effetto di promozione della regolarità intestinale lo rendono una componente fondamentale della dieta e un alleato molto utile per la prova “costume”.