…a cura del dott. Stefano Scafuri
Lasagne di Carnevale, Migliaccio, Sanguinaccio al cioccolato, Chiacchiere, Tortelli alla crema, Frappe, Zeppole, Frittelle di mele, Frittelle di ricotta, Chiacchiere al forno, Cicerchiata: tanti dei gustosissimi piatti caratteristici, ciascuno proveniente da una regione italiana, che hanno invaso le nostre tavole in questi giorni di festa.
Dopo aver tolto la maschera, pulito il trucco, rimesso i soliti jeans, aver ritrovato qualche chilogrammo in più o aver riacceso qualche recettore del gusto ormai anestetizzato, riprendiamo il nostro programma di educazione alimentare.
A proposito di educazione alimentare, per la Regione Campania – devastata dal problema dell’obesità infantile – è stata ideata, per l’anno 2014, in collaborazione con l’Osservatorio regionale sulla dieta mediterranea, una “pagella sull’educazione alimentare” da proporre nelle scuole per affrontare la suddetta situazione allarmante che colpisce, ormai, un bambino su due.
Tuttavia, non è che in tale “pagella” immaginaria il voto peggiore lo meritano i genitori dei bambini obesi? La parola dieta, dal latino diaeta, a sua volta dal greco δίαιτα, dìaita, vuol dire «modo di vivere»: ha dunque un senso ben diverso dalla classica interpretazione assunta nel vocabolario comune, fonte di terrore per molti bambini e adulti, ovvero immaginata come un menù fisso composto da due mele al giorno oppure da un buon quantitativo di petto di pollo e quintali di insalata con un “misero” cucchiaino di olio extravergine di oliva.
Invero, l’educazione alimentare dev’essere intesa come l’insieme delle abitudini alimentari utili e durature per il resto della vita: uno schema flessibile che prenda in considerazione tutti i gruppi di alimenti, la capacità di saper gestire le situazioni e i periodi dell’anno e della vita in cui, per vari motivi interpersonali, siamo indotti a mangiare.
Lo stesso cibo va necessariamente inteso quale “strumento” per prevenire, e non come eventuale “fine”.
Con il passare del tempo l’evoluzione storica del trattamento del soggetto obeso, normopeso o sottopeso che sia, è andata incontro ad un radicale cambiamento: il messaggio della restrizione e della proibizione è stato gradualmente sostituito dalla proposta di abitudini alimentari sane e di uno stile di vita salutare. Si tratta un processo innescato da una nuova definizione di salute, non più statica bensì dinamica, non più settoriale ma globale, non più assenza (di malattia), bensì presenza di benessere.
Informare è sinonimo di educare? Informare è un atto, educare è un processo che richiede maggiore impegno e indicazioni semplici, chiare ma rigorose e realistiche al fine di muovere al cambiamento verso nuove abitudini. Non esistono “campagne di educazione” ma “interventi educativi” mirati per età, sesso e stile di vita. Tale educazione ci permette di: conoscere meglio gli alimenti e meglio il nostro corpo; rispondere adeguatamente ai segnali fisiologici quali fame, appetito, sazietà; riconoscere la fame biologica e la fame nervosa e rispondervi adeguatamente; gestire anomalie prandiali ed extraprandiali (ipo- ed iperfagia, compulsioni alimentari, vomito, iperfagia notturna). In tal modo diventiamo protagonisti nella relazione con il “cibo”, costruendo con quest’ ultimo un rapporto che non sia aggressivo ed incontrollato e neppure passivo, in balia della situazione contingente.
Di voti in pagella per ora non dobbiamo preoccuparci ma forse iniziare a capire che prevenire è meglio che curare può essere un buon punto di partenza. Mi auguro che non farete solo “chiacchiere” !!!