“Non dimenticare di sognare”: è il messaggio finale di un’Alice curiosa e disorientata dall’incontro con bizzarri personaggi fiabeschi, dalla saggezza leggera che risuona in un Auditorium commosso e divertito alla fine dell’open day dell’IC “San Tommaso-Francesco Tedesco”.
E’ un augurio, un consiglio, un monito, una scoperta: augurio, che ognuno trovi il suo paese delle meraviglie (o in questo caso la sua scuola delle meraviglie); consiglio, affinché l’esito di questa ricerca venga non dall’adeguarsi pedissequamente a un trend ma dalla ponderata consapevolezza che non esiste – nonostante il titolo altisonante della rappresentazione – alcuna “scuola delle meraviglie” perché la meraviglia si costruisce quotidianamente nella condivisione di intenti e sentimenti; monito, perché i sogni illuminano le strade degli adolescenti e una scuola che non sa coltivarli sarà solo un luogo e mai una casa.
Cosa è stato questo anomalo open day? Una rappresentazione teatrale, rivisitazione della famosa fiaba di Carrol in ottica “scolastica”, che ha visto protagonisti gli alunni impegnati nel riprodurre e riscrivere i quattro momenti salienti della storia trasformandoli in una carrellata ironica di presentazione dell’offerta formativa dell’Istituto. Imparare l’amore per i libri in salotti letterari itineranti, l’inglese degustando tè, il francese addentando baguette, l’arte scarabocchiando tele e le scienze facendo divertenti quiz di kahoot: solo alcune delle esperienze che Alice attraversa prima di capire di essere nel posto giusto, dove si sente finalmente a casa.
E nel climax finale della messa in scena, con la protagonista seduta mestamente da sola al centro del palco, pensierosa dopo essersi lasciata permeare dalla saggezza buffa e delicata di improvvisati bianconigli, cappellai matti e stregatti prodighi di suggerimenti e massime tranchant; nel silenzio assoluto della sala – che pure era piena di genitori curiosi e ospiti – tutti hanno capito cosa ci fosse dietro i fiori di carta velina colorati, l’esplosione di decorazioni, luci ed elementi festosi: una vera comunità unita, fatta di persone che non solo insegnano ma segnano e lavorando imparano a loro volta il senso del loro spendersi con lena per portare in scena la sintesi di ogni anno: esserci, cooperare, creare, costruire e soprattutto unire. Unire le più disparate eterogeneità nella sfida, sempre vinta, all’inclusione totale, dove il diverso è solo un punto di vista nuovo e dove tutti possono fare tutto, anche chi le scommesse di solito non le fa vincere.
Un’ora di teatro – che peraltro è fiore all’occhiello dell’Istituto già forte del vanto di Scugnizzi, nato per gioco e approdato nei teatri di tutta Italia con successo e stima di un ampio pubblico – e di musica – altro elemento cardine dell’offerta formativa, lo strumento musicale, grazie al quale oggi molti alunni sono affermati cantanti e musicisti apparsi anche in importanti trasmissioni televisive o in orchestre di pregio – per raccontare metaforicamente il percorso di crescita di chiunque entri nelle “meraviglie” della famiglia che è l’Istituto. Allegoria di una metodologia didattica che ha lo studente al centro di ogni scelta e ogni decisione, dove ogni studente è un nome, una storia, una persona e una potenzialità, dove si crede fermamente in una sola cosa: coltivare i sogni dei giovani esseri umani in cui la scuola crede fermamente, tanto fermamente da concludere l’open day con un’esibizione in LIS sulle note di “Esseri umani”.
Le scuole, alla fine, insegnano tutte le stesse discipline. Non esiste la scuola delle meraviglie e non esisterà mai. Ma esiste la meraviglia della scuola, se la scuola sa insegnarla, ed esiste in ognuno la capacità di discernere tra una materia che si inculca e una che si insegna; tra una scuola che si fa e una che si crea; tra una fredda quotidianità nozionistica e un’appassionata giornata innovativa, piacevole, divertente, umana insomma, da trascorrere tra laboratori, metodologie innovative sulle quali tutti i docenti sono formati annualmente, preparazione e organizzazione di concorsi sempre vinti, sorrisi che non sono mai troppi.
Sicura, Alice, che sia solo una scuola di periferia e che la “meraviglia” sia sempre quella che luccica di più?