a cura di Grazia Russo
Mercoledì 4 marzo, si festeggia San Casimiro, principe polacco
Proverbio: La neve marzolina dura quanto la pace tra nuora e suocera.
Il fidanzamento ufficiale dei nostri nonni
Il ragazzo che veniva ammesso in casa della fidanzata, poteva far visita solo una volta alla settimana quasi sempre di sabato e non più di mezz’ora.
I due ragazzi erano sempre sotto stretta sorveglianza di un parente. E per comunicare tra loro, senza farsi intendere, ricorrevano a una forma di linguaggio cifrato, aggiungevano a ciascuna sillaba di ogni parola lo stesso prefisso: es. ba-ca ba- ra, ba Ma- ba –ria che equivaleva a Cara Maria.
Quando il ragazzo andava via, la fidanzata lo accompagnava alla porta, sempre in presenza o di un fratello o di una sorella, lo salutava con un semplice cenno di capo.
Riferisce una fonte di Baiano che sua madre, quando era fidanzata con il papà, una volta rimasti soli, il padre le chiese un bacio, ma la mamma scappò intimidita. Dopo il matrimonio il padre confessò alla moglie che se gli avesse dato il bacio non l’avrebbe più sposata perché avrebbe dimostrato di essere una ragazza poco seria.
Un’occasione di incontro per i due innamorati era la festa del santo patrono in paese, durante la processione, potevano camminare quasi uno accanto all’altro.
La coppia dei fidanzati ufficiali poteva comparire liberamente in pubblico per andare a messa, nel corteo nuziale, essere i compari di battesimo…
Il periodo che passava dal fidanzamento al matrimonio non doveva essere troppo lungo, massimo otto settimane. Era diffusa la convinzione che se fosse passato troppo tempo il legame si sarebbe sciolto, compromettendo la ragazza che non avrebbe più trovato marito in paese, ma doveva sperare solo in un forestiero.