a cura di Grazia Russo
16 maggio, sabato Sant’ Ubaldo di Gubbio, vescovo
Proverbio: Maggio una sola pioggia ma buona
Riti propiziatori della fertilità
Per ottenere un raccolto abbondante i contadini intonavano dei canti di questua, legati a cerimonie per fertilizzare la terra, iniziavano il due novembre e finivano a maggio, quando ci si liberava delle ultime scorte dei cereali dell’anno precedente.
In molti paesi irpini i ragazzi bussavano alle porte, confidando nell’offerta di fagioli, ceci e grano, simboli della fertilità sia della terra sia della donna.
A Montecalvo, invece, si andava sotto un gelso e, auspicando che a fine primavera esso producesse more abbondanti, si percuoteva per tre volte con un bastone sul suo tronco, recitando per tre volte la seguente formula:” Le campane a suonare a distesa e il gelso a caricarsi di more!”
Il rito, ripetuto tre volte (forse rimanda alla SS. Trinità) si fondeva sul principio mimetico: la mora ha la forma di una campanellina, i rintocchi che si propagano nell’aria avrebbero dovuto propiziare una produzione abbondante di frutti.